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17 Maggio, Tramutola celebra la Madonna dei Miracoli

Qui di seguito, il contributo di ricerca storica a cura di Vincenzo Tedesco:

 

MARIA SANTISSIMA DEI MIRACOLI

“Per i segni soprannaturali di speciale amorevolezza
testé a voi dati
dalla Gran Madre di Dio,
nei memorandi 17, 18 e 19 scorso Maggio,
i vostri cuori debbon render orgogliosi
di tanta distinzione
in faccia a popoli tutti di questo Regno, e della Terra…”
(L’Abate Granata di Cava De’ Tirreni ai Tramutolesi, 14 – VI – 1853)

La storia della Comunità Tramutolese – che, sin dagli albori, ha seguito percorsi originali e distinti da quelli delle altre vicine comunità Valdagrine, essendo stata fondata nell’anno 1144 da un gruppo di Monaci Benedettini e rimasta poi, per secoli, sotto l’ègida civile ed ecclesiastica dell’Abbazia della Ss. Trinità di Cava De’ Tirreni – risulta imprescindibilmente legata ad una serie di eventi soprannaturali verificatisi nel lontano Maggio del 1853 ed orientata da un’unica, luminosa, stella polare, che i figli di questa terra chiamano “Madonna dei Miracoli”!
In effetti, entrando nella Chiesa Madre della Santissima Trinità, l’attenzione del visitatore è immediatamente catturata dall’Effigie della Madre di Dio che troneggia al centro di questo Tempio.
La preziosa scultura lignea del secolo XVIII, realizzata in stile tardo rinascimentale, è a grandezza naturale (1,60 m), tanto da risultare addirittura imponente, e dall’apparenza – nei movimenti e negli abiti – quasi ventilata; la Madonna è rappresentata in piedi con il Bambino sul braccio sinistro, ha una posa improntata ad una certa maestosa fierezza e la sua testa è sormontata dal diadema reale; dalle mani della Vergine pende la corona del Rosario. La tunica della Vergine era, in origine, di colore rosso; il manto, invece, turchino cupo: a seguito dei lavori di restauro del 1953, sia la tunica che il manto vennero impreziositi da pregevoli arabeschi dipinti in oro zecchino. Come già detto, ad essa è legato un evento prodigioso, che ha reso la Chiesa di Tramutola di importanza nazionale, proprio perché custodisce l’antica Effigie Miracolosa.
Era venerata in Tramutola una statua della Madonna del Rosario, con la quale si faceva una processione ogni prima Domenica di mese; poiché risultava difficile prelevarla dalla nicchia inserita al centro della maestosa pala barocca che si erge nella Chiesa del S.S. Rosario – in quanto mancava una vera e propria macchina d’altare che potesse agevolare tale operazione -, nel 1700 ne venne acquistata un’altra che, dopo le processioni, veniva riposta in un apposito armadio in sagrestia e che non veniva usualmente esposta al culto dei Fedeli.
Nell’anno del Signore 1853, Tramutola, seppur adagiata ai piedi di colline verdeggianti e da sempre nota per la ricchezza delle sue acque e per la florida vegetazione, vide incombere all’orizzonte delle sue terre ubertose il terribile flagello di una spaventosa carestia, poiché un’ostinata siccità persisteva da mesi nel desolare le campagne, compromettendo l’economia e la sopravvivenza stessa della Comunità.
Pertanto, il 16 di quel Maggio, il Popolo, in un commovente slancio di Fede, chiese ed ottenne dal Clero che venisse proclamata una giornata di penitenza, portando in processione l’Effigie settecentesca della Madonna del Rosario, unitamente a quelle degli altri Santi Protettori della Cittadina – San Rocco, Sant’Antonio da Padova e San Filippo Neri -, così da implorare la Divina Provvidenza ed ottenere il dono della tanto sospirata pioggia. Il Clero acconsentì allo svolgimento della processione nel giorno seguente: era il 17 Maggio.
All’alba di quel giorno storico ed indimenticabile, ebbe inizio la solenne processione di penitenza, con l’intervento del Clero e dell’intera popolazione. Durante la processione, i fedeli presenti testimoniarono di aver visto la statua della Madonna indietreggiare da sola, mentre i portatori “sentivansi sospingere indietro da una virtù sensibile”, e quasi venir meno le stanghe su cui poggiava la statua, nonostante tutti gli sforzi fatti per proseguire il normale percorso della processione.
Questo fatto si ripeté cinque volte, in cinque punti diversi del paese, anche quando la strada era in pendio. A detta dei portatori, il cammino a ritroso si fermava dopo cinque passi e aveva la durata di cinque minuti.
Al termine della processione, verso mezzogiorno, quando la statua era già stata riposta in Chiesa, mentre alcune devote persone vi si trattenevano in preghiera, fu vista apparire sul petto della Vergine, all’estremità dello sterno, una lucida e risplendente fiammella di un acceso color rosso che, allungandosi, ne illuminava tutto il volto. Accorso il popolo, il prodigio tornò a manifestarsi per tutto quel giorno e la notte seguente: la fiammella continuò ad ardere, scomparendo a diversi intervalli e ricomparendo dopo alcuni minuti. Tutta Tramutola ne fu spettatrice, ed anche una folla immensa accorsa dai paesi limitrofi al grido del Miracolo!
La fiammella riapparve sul petto della Vergine la mattina del 18 Maggio, prima dello spuntar del sole e sino alle ore 15.00, secondo le medesime modalità del giorno precedente.
Sempre intorno alle ore 15.00 di quel medesimo giorno, il cielo – che sino a quel momento si era mantenuto imperturbatamente sereno e non aveva dato alcun segno che potesse essere considerato foriero di imminente pioggia -, si coprì di dense nubi e, di lì a poco, una benefica pioggia venne giù a ristorare le campagne inaridite, e durò fino a sera, in modo placidissimo.
Intorno alla mezzanotte, dalla mano destra del Bambino che la Vergine stringe tra le sue braccia, si vide spiccare una scintilla sfavillante, dalle sembianze di una piccola stella, la quale, dopo aver svolazzato più volte innanzi al volto della Madonna, illuminandolo, svanì nell’aria.
Di tali eventi prodigiosi, l’Arciprete Curato di Tramutola spedì una precisa relazione all’Abate di Cava, don Onofrio Granata, il quale – con proprio decreto del 24 Maggio 1853 – inviò sul posto la sua Curia Maggiore, allo scopo di istruire un Processo Canonico che acclarasse quanto accaduto. Il costituito Tribunale Ecclesiastico risultava così composto: il Vicario Generale, Priore Don Giulio De Ruggero; giudice e uditore generale, canonico Saverio Gerbino, dottore in utroque iure; promotore fiscale Vincenzo Mancini, curato di Pertosa, dottore in utroque iure; notaio Vincenzo Medici, curato di S. Pietro di Polla; reverendo sacerdote Don Antonio Casaletti, notaio aggiunto; cursore Giacinto Milone, incaricato della notifica degli atti giudiziari; reverendo sacerdote Don Filippo Pierri, Deputato del Clero di Tramutola.
Il voluminoso incartamento contenente gli atti di quel Processo Canonico è tuttora conservato, integralmente, nell’archivio della Badia di Cava: è costituito da fogli del formato medio di cm 20×28, per un totale di 396 pagine, delle quali 321 sono completamente scritte, 51 completamente in bianco e 24 parzialmente bianche. Il fascicolo contiene i verbali della seduta preliminare e quelli degli interrogatori; il tutto redatto in latino, fatta eccezione per le risposte dei testi, riportate in italiano come vennero raccolte dalla viva voce degli interpellati, i quali tutti firmarono le proprie deposizioni. Alcuni dei testimoni riferirono in modo sommario e confermarono, poi, la deposizione scritta allegata al processo. Al fascicolo sono allegate la “Relazione Apologetica” del Sindaco di Tramutola all’Abate di Cava – a firma del secondo eletto, Filippo Mazziotta, Professore in Medicina, datata 22 Maggio 1853 – e una commossa e particolareggiata relazione all’Abate – del 19 Maggio 1853 -, redatta da Vincenzo Forte, Giudice Regio del Circondario di Saponara, che fu testimone oculare dei fatti prodigiosi; nella medesima data, lo stesso Giudice Regio avanzò ufficiale rapporto dei fatti al Direttore del Real Monastero degli Affari Ecclesiastici in Napoli, rapporto a tutt’oggi conservato nella sua copia originale.
Come risulta dai relativi atti, il Tribunale Ecclesiastico iniziò le proprie udienze 10 giorni dopo la Processione – quindi, il 27 Maggio -, nella Chiesa della SS. Concezione che, all’epoca, sorgeva al fianco di quella del SS. Rosario. Le udienze proseguirono – in ore antimeridiane e pomeridiane – fino al 7 Giugno 1853, protraendosi per molte ore consecutive. Nel corso di queste udienze, furono escussi i testi presentati da Don Filippo Pierri, Deputato del Clero di Tramutola, nonché quelli citati d’ufficio dal Tribunale.
Allo stesso tempo, una specifica commissione di periti giudiziari venne ufficialmente incaricata di compiere indagini tecniche e scientifiche, redigendo la relativa Perizia Giurata – anch’essa conservata nell’archivio Cavense -, a firma di: Sacerdote Gabriele Marotta, dottore fisico; Dottor Luigi Marotta e Dottor Saverio Pecci, chimico. In tale perizia, i periti chimici e fisici si espressero nel senso del carattere scientificamente inspiegabile e, dunque, della natura soprannaturale degli eventi.
I testimoni presentati da Don Filippo Pierri furono 42; quelli citati d’ufficio furono 12, tra i quali, in particolare, colui che dirigeva la Processione, tale Carmine Angeloni, e i sei uomini che portavano la Statua sulle loro spalle: Pietro La Salvia; Pietro Luca; Filippo Curcio; Filippo Tavolaro; Antonio Tortorello; Luigi Branda. Vennero ascoltati, inoltre, 44 “testimoni in collettiva”, di cui 13 donne.
Il Processo venne fondato su cinque Articoli, sui quali i testimoni fecero le loro deposizioni:
indietreggiamento della Statua della Madonna in 5 diversi punti del paese;
apparizione, dopo la processione, di una fiammella sul petto della Statua della Madonna;
riapparizione della fiammella il giorno successivo e fino alle ore 15.00;
inizio della pioggia “in modo placidissimo” verso le ore 15.00 del giorno 18 Maggio;
apparizione dalla mano destra del Bambino di “una corruscante scintilla” che “…svolazzando per avanti il volto della Vergine, sparì”.
Al termine del Processo, esaurito il compito loro affidato, i membri del Tribunale Ecclesiastico rientrarono alla Badia di Cava per riferire all’Abate, consegnargli gli atti processuali e consentirgli di esaminarli.
Con proprio Decreto conclusivo dell’11 Giugno 1853, il R.mo Abate Ordinario D. Onofrio Granata proferì giuridicamente confermativo giudizio sui cinque Articoli del Processo, e tutti gli atti vennero, poi, pubblicati sulla prestigiosa Raccolta Religiosa: “La Scienza e la Fede” (Volume XXV, fasc. 50, Giugno 1853, Napoli).
Il 24 Luglio di quello stesso anno vennero spedite due petizioni all’Abate Granata: l’una a firma dei 27 Ecclesiastici che formavano allora il Clero di Tramutola; l’altra del Corpo Municipale, affinché il 17 Maggio venisse elevato per tutto il territorio a festa di doppio precetto.
Lo stesso Abate, in data 27 Giugno, aveva già provveduto ad avanzare supplica al Re Ferdinando II, perché inoltrasse le debite commendatizie presso la Santa Sede, per implorare il riconoscimento della festa, e si conserva il parere favorevole del Sovrano, trasmesso il 6 Luglio per mezzo del Ministro degli Affari Ecclesiastici.
In data 1 Agosto, l’Abate redasse supplica all’Eminentissimo Prefetto della S. Congregazione dei Riti, il Cardinal Lambruschini, dal quale si ebbe conferma ufficiale il 26 Gennaio 1854; lo stesso Prefetto concesse anche, per autorità del Santo Padre Pio IX, la facoltà al Clero Tramutolese di recitare in quel giorno l’Ufficio della Vergine e di celebrare la Messa Votiva della Madonna.
Il 17 Maggio 1854, primo anniversario dei prodigiosi eventi, venne pertanto introdotta la Solennità di Maria Santissima dei Miracoli, col concorso anche delle popolazioni dei paesi limitrofi; al venerato Simulacro venne aggiunto il titolo di “Madonna dei Miracoli” o della “Fiamma Viva” o della “Pioggia Prodigiosa” e il 17 Maggio divenne in perpetuo per i Tramutolesi giorno di grande festa, in ricordo dei segni prodigiosi con cui la gran Madre di Dio volle manifestare il suo amore materno e la sua predilezione per questa Comunità.
Dopo gli straordinari fatti narrati, alla miracolosa Effigie venne data stabile ed onorata dimora all’interno della Chiesa Arcipretale della Santissima Trinità e, propriamente, nella nicchia – adornata da quattro colonne, stucchi e cornici di marmo – che si eleva al di sopra del pregevole Altare intarsiato, realizzato interamente in pietra di Padula, eretto nella Cappella in fondo alla navata di sinistra.
In occasione della sua prima Visita Pastorale a Tramutola, negli anni Dieci del Novecento, l’Abate Angelo Ettinger volle rendere privilegiato “ad septennium” tale Altare dedicato alla Vergine Santissima dei Miracoli.
Il primo Novembre 1922, l’Abate Cavense Don Placido Nicolini inoltrò richiesta al Capitolo Vaticano, per ottenere la facoltà dell’incoronazione dell’Effigie, presentando a conferma dei “Cenni storici sul culto prestato alla Madonna dei Miracoli in Tramutola”, in cui riassumeva i prodigi avvenuti il 17 e il 18 Maggio 1853, e già confermati giuridicamente, a suo tempo, dall’Abate Granata.
Con decreto del Capitolo Vaticano del 15 Dicembre 1922, anno primo del Pontificato di Pio XI, firmato dal Cardinale Raffaele Merry Del Val – dal titolo di S. Prassede, Arciprete della Patriarcale Basilica di San Pietro e Prefetto della S. Congregazione della Rev. Fabriceria -, all’Abate Nicolini venne concesso il privilegio di decorare con corona aurea la statua della Madonna dei Miracoli.
Nell’Aprile del 1923, il medesimo Abate inviò una notificazione a tutta la Diocesi, affinché l’avvenimento fosse preceduto da una particolare attenzione alla pratica Mariana del mese di Maggio. Alla notificazione dell’Ordinario Cavense, fecero eco quelle di Mons. Anselmo Filippo Pecci, Arcivescovo di Acerenza e Matera; di Mons. Carlo Gregorio M. Grasso, Arcivescovo Primate di Salerno; di Mons. Giulio Tommasi, Arcivescovo di Conza e Vescovo di S. Angelo De’ Lombardi e Bisaccia; di Mons. Carmine Cesarano, Vescovo di Campagna; e di Mons. Luigi Lavitrano, Vescovo di Cava e Sarno.
E così, nel 70esimo Anniversario del Miracolo, il 17 Maggio 1923, l’Effigie di Maria Santissima dei Miracoli venne solennemente incoronata per mano di un illustre figlio di Tramutola, l’Arcivescovo di Acerenza e Matera, Mons. Anselmo Filippo Pecci – che era stato all’uopo delegato dall’Abate Nicolini -, tra l’esultanza del Popolo, che volle celebrare l’avvenimento con feste indimenticabili.
Dal Maggio del 1953, I Centenario dei Miracoli, la Madonna veglia sul suo Popolo Tramutolese, con ciglio materno e sovrano, dal maestoso trono marmoreo che, per l’occasione giubilare, fu eretto alle spalle dell’Altare Maggiore della Chiesa Madre, grazie alla generosità dei Tramutolesi.
Negli anni successivi al I Centenario, su interessamento di un grande e appassionato devoto della Madonna dei Miracoli, il Maestro Crescenzio De Nictolis, nonché su impulso dei Parroci Tramutolesi e grazie allo zelo apostolico delle Suore Missionarie Catechiste del Sacro Cuore, al fine di rendere sempre più bella e particolare la festa, arricchendola anche di elementi di sano folklore tanto cari alla pietà popolare, nel giorno solennissimo del 17 Maggio venne introdotta la bella usanza di far vegliare la Madonna, e il suo consistente e sempre crescente tesoro di aurei ex voto, da due giovani Tramutolesi nelle vesti della Guardia Svizzera Pontificia: e i maschi Tramutolesi si sono orgogliosamente tramandati, di padre in figlio, questo privilegio! Inoltre, per avvicinare i Tramutolesi, sin dalla fanciullezza, al culto della nostra Patrona, venne istituita anche la consuetudine dei “Paggetti di Maria Santissima dei Miracoli”, una folta e gioiosa schiera di bambini che, indossando graziosi abiti principeschi, accompagnano il sacro corteo della Processione storica del 17 Maggio – quando il venerato Simulacro ripercorre il medesimo tragitto del Maggio 1853 e sosta nei cinque diversi punti del paese, segnati da una lapida marmorea, ove fu vista indietreggiare in quel 17 Maggio in cui tutto ebbe inizio -, recando le insegne regali del globo e dello scettro, e gli altri vessilli, stendardi e cimeli che commemorano gli indimenticabili fatti del 1853.
Di generazione in generazione, si è creato un vincolo indissolubile fra il Popolo Tramutolese e la sua Madonna dei Miracoli, un legame fatto di profondo affetto filiale, di rassicurante fiducia e serena consolazione, che si è consolidato sempre di più col passare del tempo.
In anni più recenti, intensi e partecipatissimi momenti di preghiera e di spiritualità, nonché solenni ed indimenticabili giornate di festeggiamenti religiosi e civili – organizzati dalla Procura Festeggiamenti Patronali grazie alla costante disponibilità e non comune generosità del Popolo Tramutolese – hanno segnato gli anni giubilari del 2003 e del 2013, rispettivamente 150esimo e 160esimo Anniversario del Miracolo.
L’umile figlia di Sion, Madre e Mediatrice di ogni Grazia, continua a dimostrare la sua sollecitudine materna al suo antico Feudo Tramutolese, come a Cana di Galilea, è sempre vigile ed attenta ai bisogni dei suoi figli, e quella “Fiamma Viva” che scaturiva dal suo Petto fu il segno più evidente di questo suo Amore privilegiato per la nostra Comunità: da quel 1853 e per sempre, Maria ha fatto breccia nel cuore di tutti i Tramutolesi che, a tutt’oggi, sono soliti onorarla per l’intero mese di Maggio, garantendo una nutrita partecipazione alle Sacre Liturgie in suo onore e accompagnando i propri fanciulli, ogni sera, ai piedi del suo superbo trono, per offrirLe un cestino di fiori, mentre il Popolo canta all’unisono:
“Tramutola Ti onora, regina dell’Amor…l’Altare a Te infiora, il cuore a Te doniam!”

 

Qui di seguito il servizio di approfondimento a cura della nostra redazione:

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