Con le concessioni Val d’Agri e Gorgoglione la Basilicata contribuisce per il 10 per cento circa al fabbisogno energetico del Paese. Per questo motivo il resto del territorio lucano deve essere classificato come non idoneo all’attività petrolifera.
E’ il principio affermato dalla giunta Bardi nell’approvare il rapporto preliminare predisposto nell’ambito del processo di Valutazione ambientale strategica (Vas) del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), insieme alle osservazioni che integrano il documento.
La legge 12 del 2019 individua il Pitesai come strumento di pianificazione generale “con lo scopo di individuare un quadro definito di riferimento delle aree dove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, volto a valorizzare la sostenibilità ambientale, sociale ed economica delle stesse”. Questo nell’ottica del perseguimento di una “transizione energetica sostenibile” che contribuisca a raggiungere gli obiettivi ambientali che l’Unione europea ha fissato al 2050 per la decarbonizzazione.
Relativamente all’olio estratto sulla terraferma il documento rileva che l’olio greggio estratto in Basilicata rappresenta il 77,4% del greggio estratto in Italia. A fronte delle 18 concessioni minerarie vigenti in Basilicata la quasi totalità del gas e più ancora dell’olio greggio è estratta dalle due sole concessioni Val d’Agri e Gorgoglione.
Il governo regionale ritiene che proprio in considerazione del fatto che la produzione di idrocarburi nazionali è concentrata su una ridotta percentuale delle concessioni attive attraverso il Pitesai si debba giungere a una razionalizzazione delle concessioni.
Il documento sottolinea, dunque, la necessità di escludere dalle aree idonee i permessi di ricerca esistenti, inattivi per lungo tempo o per i quali gli esiti della ricerca evidenziano uno scarso potenziale estrattivo e di prevedere per questi la chiusura delle attività minerarie mineraria e il ripristino dello stato dei luoghi. Altra azione da mettere in campo è l’esclusione dalle aree idonee le Concessioni di Coltivazione esistenti inattive o scarsamente produttive, sulla base di un’analisi costi benefici che tenga conto dei potenziali effetti negativi che il prosieguo delle attività di coltivazione potrebbe avere sull’economia del territorio, oltre ai potenziali effetti negativi per l’ambiente e per la salute umana. Anche le Concessioni di coltivazione esistenti economicamente non più sostenibili, e pertanto escluse dalle aree idonee, si legge nel documento, devono essere portate a chiusura mineraria, ripristinando lo stato dei luoghi in tempi rapidi.
Il rapporto regionale, inoltre, sottolinea le particolarità del territorio lucano, evidenziandone i vincoli ambientali e gli aspetti socioeconomici delle aree interessate.
“Il rapporto preliminare – commenta l’assessore regionale all’Ambiente, Gianni Rosa – conferma l’attenzione che il governo regionale ha verso il territorio lucano così come abbiamo fatto per il nucleare abbiamo lavorato in silenzio per consegnare al governo nazionale un documento nell’ottica di uno sviluppo sostenibile della Basilicata che vada oltre il fossile”.