Il terribile conflitto in corso in Ucraina, con la minaccia dietro l’angolo anche di un incidente nucleare, ci ricorda che non c’è più tempo da perdere. È ora il tempo delle scelte coraggiose, abbandonando quelle miopi e insensate come ad esempio l’apertura delle centrali a carbone o un ipotetico ritorno al nucleare impensabile non solo per evidenti ragioni ambientali, in particolare per la gestione delle scorie, ma anche perchè renderebbe un paese come l’Italia completamente dipendente per l’approvvigionamento di uranio così come ora lo siamo per il gas. Ma soprattutto bisogna evitare di legare il nostro futuro energetico al gas fossile che è la causa principale dell’aumento delle bollette energetiche e non è peraltro un’opzione praticabile per affrontare la crisi climatica, essendo risorsa altamente climalterante. Se in questi anni l’Italia avesse investito con coraggio sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, oggi non sarebbe così sotto scacco del gas russo e in più in generale non sarebbe così dipendente dalle fonti fossili. Se lo sviluppo delle FER (solare + eolico) fosse andato avanti con lo stesso incremento annuale medio registrato nel triennio 2010‐2013 (pari a 5.900 MW l’anno), oggi l’Italia avrebbe potuto ridurre i consumi di gas metano di 20 miliardi di metri cubi l’anno, riducendo le importazioni di gas dalla Russia del 70%.
La crisi energetica che sta investendo l’Italia e l’Europa, legata al conflitto in corso e al ricatto del gas, e che si traduce anche in un drammatico rincaro delle bollette, si può superare solo investendo davvero sulle fonti pulite, sull’efficienza, l’autoproduzione e l’innovazione tecnologica. Le soluzioni vere e strutturali sono evidenti e già alla nostra portata: energie rinnovabili, accumuli, pompaggi, reti, risparmio e l’efficienza energetica, un mix formidabile.
Ad oggi potevamo essere un Paese modello sul fronte delle energie pulite e nella lotta alla crisi climatica, ma ciò non è avvenuto e al quadro attuale si è anche aggiunto il folle rincaro delle bollette che sta mettendo in ginocchio famiglie e imprese. Ora si inverta la rotta, come chiesto anche dalla stessa Europa che nel suo piano d’azione prevede di eliminare la dipendenza dell’Unione europea dal gas russo prima del 2030 e ha ribadito anche l’importante ruolo delle energie rinnovabili. L’Italia può fare anche meglio mettendo in campo un cambiamento strutturale raccogliendo immediatamente la proposta lanciata da Elettricità Futura di autorizzare entro l’estate nuovi 60 GW di rinnovabili da realizzare nei prossimi 3 anni. Ciò permetterebbe di ridurre i costi in bolletta del 30% ma anche il fabbisogno di gas russo si ridurrebbe al 7%, quantità su cui è facile trovare soluzioni alternative. Senza però dimenticare che l’altro grande tema su cui lavorare riguarda lo stop ai sussidi ambientalmente dannosi alle fonti fossili.
Siamo insomma ad un bivio. O prendere risolutamente la strada delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica o ritrovarsi impantanati nell’era del fossile, quella che determina conflitti, insicurezza energetica, costi insostenibili e disastri ambientali. Ciò è particolarmente vero in Basilicata, con le compagnie che operano nel settore, che peraltro pagano royalties d’estrazione tra le più basse al mondo, ingolosite dagli extraprofitti derivanti dalla vendita di gas e petrolio. Questo legherebbe ancor di più la Basilicata alla lobby petrolifera ritardando e in qualche modo “giustificando” l’assenza di strategie di uscita dal fossile che di fatto sono inesistenti nella programmazione regionale al 2030 come attestano sia il recente Piano Strategico Regionale che le intese siglate con le compagnie petrolifere dove manca del tutto un orizzonte concreto oltre il fossile. Un’assenza di strategia orientata alla decarbonizzazione peraltro confermata dal recente Pitesai, con l’avallo delle Regioni, tra cui la Basilicata, che è di fatto uno strumento di pianificazione per la produzione di gas fossile invece di essere un Piano strategico per la transizione energetica sostenibile come sarebbe stato auspicabile.
La Basilicata deve invece scegliere un futuro energetico incentrato su fonti rinnovabili ed efficienza e dare impulso alla la rivoluzione energetica, definendo subito una strategia regionale d’uscita dalle fonti fossili basata su investimenti in comporti produttivi puliti e sostenibili. E’ evidente poi che l’aumento della produzione di gas non avrebbe alcun senso e non comporterebbe alcun vantaggio per i cittadini. Serve altresì utilizzare proficuamente il gas “concesso” da ENI e Total in base agli accordi di “compensazione ambientale” per finanziare progetti di sostegno per esempio ai fini dell’efficientamento energetico del patrimonio edilizio e non per sostegni temporanei ai cittadini o per alimentare centrali a metano.
Non c’è altra strada quindi. Si tratta di operare un salto di scala nella trasformazione del sistema energetico, con ricadute in tutti i settori produttivi ma anche nelle città e negli edifici, nella mobilità e nelle abitudini delle persone; bisogna creare le condizioni per aprire subito all’autoproduzione e distribuzione locale di energia da fonti rinnovabili attraverso le Comunità Energetiche Rinnovabili. Spingere al massimo la diffusione degli impianti fotovoltaici con accumuli su tetti di case e aziende, ma anche sui terreni privi di vincoli paesaggistici e ambientali; a terra sulle discariche e nelle aree dismesse; sui capannoni industriali e su quelli agricoli; dove è possibile e sostenibile su terreni agricoli e pascoli con l’agrivoltaico che integra produzione energetica con produzione agricola. Bisogna dare impulso alla produzione di biometano dai rifiuti. Ma è necessario fare anche i grandi impianti di rinnovabili, altrimenti non ce la faremo. Impianti che anche quando sono fatti bene vengono oggi ostacolati da una burocrazia farraginosa, da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali, da comitati Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato) e dalle sovrintendenze. Per questo è una buona notizia lo sblocco da parte del Consiglio dei Ministri di sei parchi eolici in Italia, fra cui quello di Tricarico. Contribuiranno a ridurre la nostra dipendenza energetica e un po’ di emissioni di CO2 nell’atmosfera.