Il cinema sudcoreano da un bel po’ di anni appassiona e sorprende il pubblico delle vetrine internazionali, ramazzando ovunque premi importanti, in ultimo si pensi a “Parasite” (2019) di Boong Joon-Ho che ha vinto la Palma d’Oro a Cannes e l’Oscar come miglior film straniero. Una cinematografica che vive il suo momento d’oro grazie anche al sostegno che riceve dallo Stato (il quale, tra l’alto, investe soprattutto nella promozione nelle scuole del grande cinema di tutto il mondo e di ogni epoca), ma soprattutto sa raccontare storie toccanti e conservare intatta la sua libertà d’espressione.
Un altro bel titolo sudcoreano di recente produzione è sicuramente “A taxi driver” (2017) del regista Jang Hoon che inaugura il 18 marzo (Palazzo De Luca, ore 20.00) “Arcipelago…Il cinema altro”, prima edizione di una rassegna promossa, nell’ambito del Programma Operativo Val D’Agri, dall’Assessorato alla Cultura e che vuol aprire uno spiraglio su quelle filmografie (del mondo) di qualità che non hanno trovato un’adeguata circuitazione nelle nostre sale. Nel film di Jang Hoon siamo nel 1980: un taxi ci porta nel buio della città di Gwangiu, dove sta per esplodere una rivolta popolare contro la dittatura militare. Al volante c’è Kim (un gigantesco Song Kang-ho) , taxista vedovo e indebitato,che quando sente di un fotoreporter tedesco disposto a pagare molto bene chi lo accompagna sulla piazza della rivolta, non si lascia scappare l’occasione. Un viaggio nei dieci giorni di lotta e di feroce repressione da parte dell’esercito che cambieranno per sempre le sorti del Paese. Il film è anche la nascita di una toccante quanto improbabile amicizia, un inno universale alla libertà, tratto da una storia vera, che unisce il potente affresco storico alla dimensione umana tra azione, lacrime e risate. “A taxi driver” è un lavoro intenso ed emozionante che parla a tutti , obbliga ad essere visto e ascoltato per far conoscere la rivolta popolare che ha aperto una nuova pagina nella storia della Corea del Sud.
Prossimo appuntamento il 7 aprile, omaggio al cinema dei fratelli Taviani con “Cesare deve morire” (2010).
Cura la rassegna il cinecronista Mimmo Mastrangelo.