I Sandali di Elisa è il titolo di una rappresentazione che va in scena su di un palco, con la ribalta come uno spettacolo, ma non è uno spettacolo. É una riflessione corale che ha tenuto in scacco un’intera Regione e che nella città capoluogo aveva gli attori protagonisti della pagina di storia più brutta del ventesimo secolo.
Non c’è niente che rassomigli ad uno spettacolo teatrale se non il pulpito, la ribalta e la musica in guisa di colonna sonora. Quando si accendono le luci cala il silenzio ed il tuffo al cuore si impadronisce dello stato d’animo degli astanti che seguono con la stessa emotività di “Andonio”, papà di Elisa, alias Ulderico Pesce, che piange, sorride, esprime gioia con la stessa enfasi o la stessa onomatopeica che fu e doveva essere di Elisa Claps.
“Andonio”, mai conosciuto dalle cronache che hanno segnato il percorso di questa vicenda tristissima, esce allo scoperto e dice ciò che era, ciò che è stata e ciò che sarebbe dovuta essere la sua Elisa.
Non occorre che vi racconti la vicenda che va da quel dodici settembre 1993 ad oggi, con tutto il procedere sinusoidale della cronaca, perché credo sia importante ciò che suscita il racconto di “Andonio”. Alla fine dello spettacolo gli applausi entravano nella testa come un tonfo, ovattati, liberatori. Si perché la cosa importante è l’invito di “Andonio” a sentire in maniera ordinata i fatti come si sono svolti, non importano i verdetti giudiziari, né tantomeno quelli degli inquirenti e men che meno le conclusioni degli investigatori. Ciò che accade, quando si accendono le luci della ribalta, è simile a quando veniamo assaliti da una forte emozione e, scossi per la emotività indotta, affoghiamo la testa dentro l’acqua, ascoltando voci, suoni e rumori ovattati e, quando, il corpo reclama fiato, la tiriamo fuori ed il frastuono ci assale, ma allo stesso tempo ci libera. Ecco, “Andonio” invita ad emergere dall’acqua ed a meravigliarsi per il frastuono che l’aria restituisce a tutti i sensi del corpo e, pure se imbambolati per la repentina uscita allo scoperto, gioire per la pulizia del suono, delle luci, delle immagini e dell’aria pulita, perché tutto ritorna vero, vero come la verità che ci racconta un padre che morì il dì dodici Settembre 1993, quando la figlia, Elisa, sparì per essere ritrovata morta a pochi metri dietro l’altare della chiesa più importante del capoluogo.
Gianfranco Massaro – Agos