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Il mio Capo Nord. Giovanni Di Giorgio ci racconta i suoi 4.600 km in bicicletta

Ti ritrovi a conversare con Giovanni Di Giorgio. Un nostro conterraneo, viggianese e lucano doc. Tra luglio e agosto 2023 se n’è andato in giro per 23 giorni: da Torino fino all’estremo nord dell’Europa, in Norvegia, con la sua fedele compagna di viaggio, una bicicletta, per 4.600 km. Ci racconta questa bella avventura, di sacrifici e tanta forza di volontà. Pedalando da solo sulla strada, per raggiungere Capo Nord e sentirsi pieno di gioia.

Chi è Giovanni Di Giorgio?

Wow.. iniziamo con il botto. Chi è Giovanni Di Giorgio? Dicono di lui che sia una persona caparbia, un testardo certificato, quando si mette in testa un’idea, difficilmente lo smuovi. Quello che ti posso dire io di lui e… che non lo conosco poi così tanto bene e poi non sono tanto bravo a descrivere le persone.

Tu sei uno sportivo amatoriale, hai un lavoro fuori dal mondo dello sport. Cosa ti ha spinto a compiere un’impresa del genere?

Prima di tutto non la chiamerei impresa, credo che sia alla portata di chiunque abbia un minimo di forza di volontà e voglia di misurarsi con il proprio io. Cosa mi ha spinto? Beh… è proprio il caso di dire,  misurarmi con il proprio io e la fame di vedere con i miei occhi , ad un ritmo lento, tutto quello che può scorrere di fronte ad una bicicletta e per ultimo, ma non meno importante degli altri, un pizzico di follia.

Arrivare a Capo Nord in bicicletta è per pochi, è una vera avventura. Raccontaci la tua “NorthCape4000”.

Raccontare circa 4600 km fatti in bicicletta e quasi più difficile che pedalarli, non basterebbero le parole per descrivere le emozioni che si provano. Inizierei dal spiegare cos’è la “Northcape4000”. E’ un evento Bikepacking unsupported, qualcuno potrebbe dire ne so quanto prima, per cui diciamolo in modo semplice. Tu, la tua bicicletta e tutto il necessario per un viaggio lungo, stipato in borse sulla bicicletta, nessun supporto, totale autonomia, numero di iscrizioni limitato a 300, 7 nazioni da attraversare, partecipanti da 50 nazioni del mondo,  ma non è una competizione, anzi ognuno può scegliere di vivere l’esperienza come vuole, a patto di rispettare le regole dell’evento. Tuttavia se vuoi diventare un “finisher” ed essere annoverato nell’albo delle persone che hanno terminato l’evento, bisogna rispettare i limiti di tempo imposti dal regolamento. Questi sono gli ingredienti. La mia NorthCape? E’ stata un’edizione “tempestosa”, nel vero senso della parola, cattivo tempo per oltre ¾ dell’intero periodo che ho trascorso in sella. Acqua, vento, freddo gli elementi che hanno segnato l’evento e devo dire anche me. Tante volte ho avuto la tentazione di abbandonare, la frase che più spesso mi balenava nella testa è stata “Ma chi me lo fa fare?”, “Perché?”. Poi la smodata curiosità di vedere dopo ogni curva, dopo ogni angolo di citta, dopo quel ponte, dopo quella salita, dopo ogni km percorso quello che si proponeva ai mie occhi è stata talmente grande da darmi la giusta motivazione per proseguire. Ma non è stata la cosa più importante, il sostegno vero è proprio, la benzina della mia mente, è stato il supporto telefonico delle persone a me care.

 Con la tua compagna di viaggio (la bicicletta) c’è stato sempre un bel feeling? O qualche volta l’hai fatta arrabbiare?

Bel feeling sicuramente ma, come in tutte le coppie, c’è sempre qualcosa che alla fine crea dissapori  e la mia lei spesso mi ha dato del filo da torcere. Dopo i primi 500 km mentre scendevo dalle alpi mi ha sgridato per la mia velocità e per la mia non attenzione durante la discesa, cosi dopo aver preso una buca, ha pensato bene di regalarmi 300km con il cerchio della ruota davanti che sembrava fosse passato sotto un macina sassi, ed ancora, ho bucato un paio di volte, per via dei continui giorni di pioggia ho dovuto sistemare il cambio ed oliare la catena ogni giorno, dopo 4000 km  il copertone della ruota di dietro a mostrato il suo lato “interiore”, tanto da farmi dubitare che non avrei  raggiunto Capo Nord  in tempo. In Danimarca, fuori da un locale, ha pensato bene di legarsi ad un palo rischiando di farmi perdere il traghetto insomma, l’ho fatta “incazzare” proprio per bene e non ho detto tutto: ops forse non possiamo usare questa parola, comunque, tutto sommato, la vera protagonista è stata lei, “senza di lei non ce l’avrei mai fatta”.

Ora che abbiamo capito che per imprese del genere serve anche un po’ di pazzia, come ti sei preparato a questa sfida?

Fisicamente, devo dire che non ho seguito degli schemi ben precisi, non fanno per me, dopo un po’ mi annoia allenarmi a delle condizioni dettate da programmi, pertanto ho semplicemente macinato dei gran km con la bicicletta appesantita. Mentre mentalmente, direi peggio ancora, perché sono abituato a vivere alla giornata, tendo a risolvere il problema nel momento in cui mi si presenta, a volte è un gran pregio fare cosi, mentre altre volte rimprovero me stesso per non essermi preoccupato prima, di arrivare ai problemi.

Quando sei arrivato lì, al globo che rappresenta la fine del viaggio, qual è stato il tuo primo pensiero?

Sai Gianfranco… Capo nord è su un promontorio, a nord di quest’isola che si chiama Magerøya, prima di arrivarci ci sono circa una 30ina di km di salita e che salita, diciamo che è un po’ come scalare l’Olimpo, perché per vedere gli Dei devi affrontare l’ultima sfida. Quando questa salita finisce ti si presenta la vista di un altopiano dove in lontananza puoi scorgere il Famoso Globo, i veri pensieri arrivano qui e sono una valanga. Ti travolgono con talmente tanta forza che ti tremano le gambe. Sono sceso dalla bici, l’ho accompagnata con estrema cura e leggerezza verso terra, perché non c’è niente. Solo il cartello che indica NORTHKAPP, mi sono seduto accanto a lei ed ho pianto, come un bimbo, qui è arrivato il mio primo pensiero: “SIAMO ARRIVATI, NON CI CREDO, SIAMO ARRIVATI”, parlavo con la mia bici, parlavo con chi mi ha permesso di provare un’esperienza così grande. Nello stesso tempo, sentivo di dover ringraziare chi mi ha accompagnato sostenendomi lungo tutto il viaggio, tutti coloro i quali  senza conoscermi, hanno scelto di darmi  una mano.

Penso ad esempio al francese che ha raddrizzato il mio cerchio, al tedesco che mi ha aiutato a riparare la foratura, all’italiano che mi ha offerto un posto dove dormire oppure ai danesi che mi hanno portato le tronchesi per liberare la mia bici dal palo.

Insomma si dice che quando una persona sta per morire, si rivivono i momenti più salienti della propria vita, non lo so, forse stavo per morire… di gioia, che dici?

Dico che ti regalerai tante altre emozioni e morirai di gioia ancora a lungo. Di stimoli ne hai, continua a pedalare… mi hai fatto venire in mente quando ho terminato le mie maratone. Io non pedalo, diciamo che corro. Al termine di quelle maratone, mi sono sentito pieno di gioia, consapevole che voglio ancora sudare sull’asfalto, correndo, tanti altri km.

Per 23 giorni hai portato Viggiano, la Val d’Agri e la Basilicata con te. Ti sei sentito orgoglioso di portare in giro la tua terra fino a 5mila km da qui?

L’orgoglio non basta per descrivere come si ci sente ad essere il portabandiera di un luogo che in molti, ancora oggi, non sanno neanche dove sia e se esiste veramente. Alla classica domanda: “da dove vieni?”, noi dobbiamo fare uno sforzo maggiore di chi vive a Milano o a Napoli o a Londra, noi dobbiamo spiegare che siamo nel Sud Italia: ci troviamo un po’ più giù di Napoli ma più su di Reggio Calabria. A quel punto, tiriamo fuori il nostro smartphone e con gli occhi lucidi, pieni di fierezza,  apriamo la cartina digitale dell’Italia mostrando quel piccolo puntino di nome Viggiano e lasciamo andare la persona che ci ha rivolto la domanda soltanto quando dalla nostra bocca usciranno le seguenti parole: “Verrai a trovarmi e ti mostrerò quanto è bella casa mia, non preoccuparti di nulla sarai mio ospite”.

In quel preciso istante  leggi lo stupore negli occhi del tuo interlocutore. Già perchè in nessun luogo al mondo sono cosi ospitali come lo siamo noi Lucani. Io sono  fiero ed orgoglioso di essere Lucano, di essere Viggianese, sempre ed ovunque.

Giovanni ti facciamo i complimenti per questa sfida portata a termine. Persone come te ci fanno sentire vivi e sono da ispirazione a tanti altri, ognuno con i propri sogni da realizzare, sportivi e non. Che consigli di senti di dare a chi leggerà questo articolo e vorrà in futuro cimentarsi in qualche bella avventura sportiva?

Se avete in mente qualcosa che alla ragione può sembrare impossibile, allora fatelo con il cuore e tutto diventerà possibile. Non voglio aggiungere altro.

Ultima domanda: “vuoi ringraziare qualcuno per averti supportato prima e durante il tuo attraversamento dell’Europa?

Sfide personali di questo tipo rendono le persone che meno ti aspetti un pò più attente nei tuoi confronti: si tratta del potere dello sport.

Nel corso del viaggio, ho avuto ampia dimostrazione di questo. Il mio plauso più grande va a chi mi è stato vicino, anche se meritano la mia stima ed il mio riconoscimento tutti  coloro che mi hanno anche semplicemente seguito sul gps. Grazie a tutti per avermi fatto raggiungere CAPO NORD.

Grazie Giovanni. Ti auguriamo tante altre belle pedalate.

Grazie a voi.