Il destino lavorativo (e non solo) dei docenti precari è, infatti, legato ad un algoritmo, calibrato male, che ha mostrato già in passato tutti i suoi limiti: graduatorie piene di errori, dapprima pubblicate, poi ritirate e infine ripubblicate, cattedre ancora non assegnate, rettifiche o, in alcuni casi, rifacimento delle nomine.
Lo sostengono in una nota congiuta Uil Scuola Rua e Uil Basilicata.
In Basilicata, per l’anno scolastico in corso, sono già stati attivati un migliaio di contratti a tempo determinato da graduatorie provinciali, a questi si aggiungeranno quelli d’istituto.
Un destino condiviso con i circa 700 ATA precari (50mila in tutt’Italia).
Le ricadute dirette non sono solo su persone – uomini e donne con famiglia – che si trascinano da anni la condizione di precarietà, in troppi casi con trasferimenti lontano dalla residenza, ma nel settore dell’istruzione, poiché la continua rotazione di cattedre associata al perenne precariato rafforza la discontinuità didattica che impatta sulla formazione degli studenti italiani. Uno studio dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza sulla dispersione scolastica evidenzia come, nonostante i progressi, l’Italia mantenga uno dei tassi di abbandono scolastico più alti d’Europa, con il 13,1% nel 2022, contro una media Ue del 9,9%. La dispersione colpisce soprattutto i ragazzi, con picchi nelle regioni del Sud come Sicilia e Campania. Da noi, in Basilicata, è all’8,6%.
C’è poi il problema salariale: gli stipendi dei nostri insegnanti sono, a parità di potere d’acquisto, tra i più bassi d’Europa, nonostante l’aumento dell’ultimo rinnovo contrattuale. Quindi precarietà salariale più precarietà contrattuale generano una demotivazione diffusa, che a sua volta si traduce anche nella difficoltà di trasmettere ai ragazzi quella consapevolezza necessaria a indirizzare il loro futuro e a costruire una società più giusta.
Ma, è proprio vero, non c’è mai limite al peggio. La novità di quest’anno sono, i percorsi abilitanti da 30 e 60 crediti formativi universitari (CFU), insieme allo svolgimento di un tirocinio formativo, anche per coloro che a scuola insegnano già da diversi anni. Per chi può permetterselo, i percorsi costano fino a 2.500 euro, più altri 150 euro per l’esame finale.
Un paradosso per migliaia di docenti: molte Università hanno avviato i percorsi proprio a settembre, con orari che negano la conciliazione tra il diritto/dovere alla formazione e lavoro. I corsi si tengono dal lunedì al venerdì, dal mattino al pomeriggio! Così molti insegnanti rinunciano agli incarichi, quelli che li accettano sono costretti a barcamenarsi tra aule scolastiche e universitarie con conseguenti ed elevati rischi per la salute e sicurezza delle persone, e, quando non ce la fanno, decidono di dimettersi perdendo lo stipendio per pagare la retta dei percorsi. Oltre al danno la beffa!
Certo, anche per i docenti sono previste le 150 ore di diritto allo studio, peccato però che al Ministero sia sfuggito che è possibile presentare richiesta a novembre 2024 per l’anno solare successivo.
La UIL Scuola ha deciso di non firmare il rinnovo del Contratto del comparto Istruzione 2019-2021, – afferma Luigi Veltri, Segretario regionale UIL Scuola – un contratto peggiorativo delle condizioni di lavoro di tutto il personale della scuola, che non premia la professionalità, non rispetta l’abnegazione e il senso di responsabilità dei docenti, che non conosce né riconosce le esigenze reali della scuola.
La scuola ha bisogno di tutt’altro, serve un cambio di passo – continua – per mettere fine ad un sistema basato sulla precarietà figlio di un reclutamento fallimentare basato sui concorsi che dal 2012 ad oggi non ha dato risposte in questo senso: concorsi espletati e non ancora conclusi e se ne annunciano di nuovi quando le graduatorie sono già piene di idonei che nuovamente dovranno mettersi alla prova. Bisogna smetterla di pensare alla scuola come fonte di risparmio ma come fonte di investimento: è dalla qualità della scuola che passo lo sviluppo del Paese”.
Per Vincenzo Tortorelli, Segretario Generale UIL Basilicata “nella nostra regione i contratti attivati nei primi 3 mesi del 2024, sono stati per l’84,62% rapporti di lavoro precari. Un fenomeno estremamente preoccupante, seppur riferito a tipologie contrattuali legali che però hanno preso il sopravvento e andrebbero, dunque, drasticamente ridimensionate e riportate nell’alveo dell’eccezionalità. A questi si aggiunge il dato raggelante dei 28mila tra irregolari ed impiegati in nero in Basilicata. Dalla nuova giunta ci aspettiamo prima di tutto un impegno per il lavoro e per superare la diffusa precarizzazione che è presente anche nella Pubblica Amministrazione Regionale. Il precariato in Basilicata si annida nella sanità, nella scuola, in agricoltura, nei servizi ed in altri settori.
Ci stiamo battendo per il superamento del precariato a partire dalla platea dei lavoratori ex Rmi e Tis. Grazie alla nostra mobilitazione abbiamo fatto grandi passi in avanti per restituire dignità e tutele ad oltre 1800 lavoratori. Ma non basta. Si continuano a generare lavoratori fantasma, per la stragrande maggioranza giovani, che, a causa di questa condizione di precarietà non possono chiedere un mutuo, non possono accedere ad altri servizi, non possono costruirsi un futuro e, spesso, si trasferiscono all’estero o ingrossano le fila delle dimissioni volontarie. La Uil vuol fare emergere questa realtà attraverso la campagna di denuncia sensibilizzazione No ai lavoratori fantasma, per chiedere al governo di adottare politiche strutturali affinché quelle ragazze e quei ragazzi siano trasformati da fantasmi in persone”.