Una tragedia dalle dimensioni enormi che provocò quasi 3.000 vittime, più di ottomila feriti e lasciò 300.000 persone senza un tetto. Sono trascorsi 44 anni dal 23 novembre del 1980, ma il terremoto di magnitudo 6.9 (decimo grado della scala Mercalli all’epicentro) che alle 19.34 di quella domenica sera devastò la Basilicata e la Campania non sarà mai una pagina da archiviare. La memoria e il ricordo sono i pilastri sui quali in tutti questi anni si è poggiata la voglia di rialzarsi, di ricominciare. Quel dramma immane fu accompagnato da notevoli ritardi nei soccorsi, nonostante la mobilitazione dell’intero Paese per le zone terremotate, come peraltro sottolineato dall’allora presidente della Repubblica, Sandro Pertini. E fu proprio il terremoto in Irpinia e Basilicata a rappresentare un punto di svolta nella gestione delle emergenze: due anni dopo, il 29 aprile 1982, l’allora presidente del Consiglio dei Ministri, Giovanni Spadolini, firmò l’Ordine di servizio con il quale fu formalmente istituito il Dipartimento della Protezione Civile. Dieci anni dopo, il 24 febbraio 1992 venne istituito il Servizio Nazionale così come lo conosciamo ancora oggi. “Quel tragico evento – ricorda il presidente nazionale del Gruppo Lucano della Protezione Civile, Pierluigi Martoccia – ha gettato le basi per il sistema di protezione civile attuale”. E oggi come allora, purtroppo, le emergenze non mancano. Anzi, anche il 23 novembre del 2024 sarà ricordato con il ritorno delle tende della Protezione Civile per la distribuzione delle buste d’acqua potabile a sostegno dei 140.000 lucani alle prese con la crisi idrica causata dall’emergenza Camastra: “Oggi – prosegue Martoccia – siamo preparati ed addestrati per rispondere in maniera efficace e tempestiva alle emergenze. Dopo 44 anni il modo migliore per ricordare le vittime del terremoto del 1980 è profondere impegno per la diffusione della vera cultura di Protezione Civile”.