Verso la conclusione della stagione dei saldi invernali 2025 Federmoda-Confcommercio Potenza in una nota a firma del referente Antonio Sorrentino traccia un bilancio.
“Il trend delle vendite rispetto all’anno scorso risulta stabile, con una lieve tendenza positiva, il clima freddo di febbraio ha favorito la vendita di capi più pesanti, capaci di generare un maggiore fatturato: d’altronde in questo periodo il clima gioca un ruolo determinante. Nonostante una partenza leggermente sottotono, il bilancio è certamente positivo”.
Per Antonio Sorrentino “i saldi rappresentano ancora un’opportunità importante, sia per la clientela che per i commercianti, in particolare per i piccoli negozi, che grazie ai saldi ottengono una preziosa pubblicità gratuita a livello nazionale. I saldi costituiscono un vero riferimento per i consumatori, che possono acquistare capi di qualità a prezzi competitivi, e per i commercianti che vedono in questo periodo una chance per recuperare parte del fatturato perduto”.
In generale, nel 2024 l’andamento del mercato fashion ha registrato una leggerissima crescita della spesa rispetto al 2023: +0,2%, quattro punti al di sotto del valore del mercato pre pandemico.
I fatti più rilevanti del mercato sono stati: l’ulteriore crescita degli acquisti in promozione arrivata al 54%, lo spostamento del traffico dei consumatori e quindi degli acquisti dai negozi di città a factory outlet center e centri commerciali. L’online mostra una quota a valore stabile (17% circa).
Fra i settori si segnala la ripresa dell’Esterno Adulto, specie la donna, ed il perdurare delle difficoltà del mondo bambino penalizzato dall’effetto denatalità. In difficoltà anche intimo e calze e accessori/calzature.
La preoccupazione circa gli effetti della turbolenta situazione politica internazionale sulla situazione economica generale orienta i consumatori verso strategie di difesa del proprio potere di acquisto. In questo contesto il sentiment nei confronti dell’abbigliamento segna il passo scendendo di due punti rispetto all’autunno scorso con immediate conseguenze sul mercato: -3% a gennaio 2025, un risultato su cui pesa tantissimo l’andamento negativo dei saldi (-4,2%). Quest’ultimo dato negativo è un chiaro indicatore di una certa insofferenza nei confronti di questa storica forma di promozione e si specchia nel raddoppio dei non acquirenti passati dal 7% del 2023 al 15% di quest’anno.
Le ragioni di questa disaffezione sono diverse: il timore di manovre “ad arte” sui prezzi, l’assortimento povero e scadente, la possibilità di usufruire di offerte in continuazione che rende i saldi sempre meno “occasione unica”.
Per il Centro Studi Confcommercio, dopo i buoni risultati del mese precedente, a gennaio le vendite al dettaglio hanno ripreso a “flirtare” con il segno meno: la variazione rispetto a dicembre 2024 è infatti negativa sia in valore (-0,4%) che in volume (-0,6%), mentre rispetto allo stesso mese del 2024 c’è un aumento dello 0,4% in valore e un calo dello 0,2% in volume. Nel trimestre novembre 2024-gennaio 2025 le vendite diminuiscono dello 0,1% in valore e dello 0,5% in volume in confronto al periodo luglio-settembre.
“Il 2025 si è aperto all’insegna di un calo dei volumi acquistati sia nel confronto con il mese precedente che su base annua. La debolezza della domanda coinvolge quasi tutte le merceologie e le tipologie distributive. Il contenuto aumento registrato dall’abbigliamento è un segnale promettente per l’andamento dei saldi, insufficiente, però, per determinare un’inversione di tendenza al ridimensionamento della domanda in atto da tempo. Solo per alcuni segmenti della grande distribuzione le vendite, al netto della componente relativa al prezzo, mostrano qualche segno di crescita. In sostanza, si conferma, ancora una volta, la contraddizione tra i vari indicatori congiunturali, segno che la direzione di marcia dell’economia è incerta, proprio perché è piuttosto nebulosa la percezione di famiglie e imprese sul futuro a breve e medio termine. Come hanno confermato i dati degli ultimi anni senza consumi non ci può essere crescita, soprattutto in un momento di forte incertezza per gli scambi internazionali, ed è quanto mai necessario che gli aumenti occupazionali e reddituali delle famiglie comincino a tradursi in domanda. Un impulso potrebbe derivare dalla riconsiderazione di proseguire nella riduzione delle aliquote tributarie per il ceto produttivo, una prospettiva un po’ marginalizzata nel dibattito mediatico degli ultimi mesi. Ciò avrebbe tanto più senso visto che i riscontri ufficiali indicano un marcato incremento della pressione fiscale nel 2024”: questo il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio.