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Coldiretti sulla bufala del pomodoro cinese. Replica: sulle nostre tavole solo pelati, polpa e passata 100% made in Italy

“+ 43% pomodoro da Cina, invade Italia”. Così Coldiretti titola un proprio comunicato che riapre la polemica sull’invasione di pomodoro cinese e in cui si denuncia che le importazioni di concentrato dalla Cina sono aumentate del 43%, raggiungendo circa 100 milioni di chili nel 2016, pari a circa il 20% della produzione nazionale in prodotto fresco equivalente. “Dalla Cina si sta assistendo ad un crescendo di navi che sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano, poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro”.

Immediata la replica dell’Anicav, la più grande Associazione delle industrie conserviere italiane, aderente a Confindustria. Il 98,5% della passata di pomodoro, della polpa e dei pelati che arrivano sulle nostre tavole è italiano. Il consumo di concentrato rappresenta poco più dell’1,5% del mercato dei derivati del pomodoro. C’è di più “Le conserve di pomodoro vendute sugli scaffali dei supermercati sono ottenute da  pomodoro fresco 100% italiano che per legge deve essere lavorato in azienda entro 24/36 ore dalla raccolta. In queste condizioni è praticamente impossibile, oltre che antieconomico,  importare materia prima da altri paesi. Ipotizzare come fa Coldiretti  che i derivati del pomodoro possano essere ottenuti da un semilavorato, come il concentrato cinese, è come pensare di poter trasformare una bottiglia di vino in 30 grappoli d’uva”, afferma l’Anicav.

L’Anicav risponde assicurando che le passate italiane sono prodotte con pomodoro nazionale lavorato in tempi brevi

I produttori ricordano che le aziende italiane trasformano mediamente cinque milioni di tonnellate di pomodoro fresco ogni anno, mentre la quantità di concentrato importato da: Cina, Usa, Spagna, Portogallo e Grecia ammonta a circa 200.000 le tonnellate. In genere il prodotto importato in Italia viene rilavorato e si esporta poi  una quantità più del doppia. “La produzione e la rilavorazione del concentrato – afferma l’Anicav – è destinata essenzialmente al mercato estero, generando un volume di affari di circa mezzo miliardo di euro e qualche migliaia di occupati.”

Coldiretti paventa anche il rischio che il concentrato di pomodoro cinese venga spacciato come Made in Italy, a causa della mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza e non solo il luogo di confezionamento, così come già avviene in Italia per la passata di pomodoro. L’Anicav risponde che “l’industria è disponibile a qualsiasi ragionamento sulla trasparenza in etichetta, nella consapevolezza che una norma che vale solo per l’Italia avrebbe un’efficacia molto relativa”. A testimonianza di ciò, l’Anicav ricorda la richiesta di estendere a livello comunitario l’obbligo di utilizzare esclusivamente pomodoro fresco per la produzione di passata.

La questione del  pomodoro cinese è un tema caro a Coldiretti, che da anni porta avanti questa storia in modo ambiguo per screditare le aziende che confezionano il nostro pomodoro. Il tema piace molto ai media e viene rilanciato a sproposito da diverse testate puntando il dito contro il concentrato importato dall’estremo oriente che, per la cronaca, da anni non figura tra i prodotti segnalati dal sistema di allerta rapido europeo (Rasff).

 

FONTE ILFATTOALIMENTARE.IT

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