Petrolio in Val d'Agri e Valle del SauroPrimo Piano

Val d’Agri: Produzione greggio in rialzo nel 2017 ma le fermate sono costate molto care

Un’altalena di stop e riavvi nella produzione di idrocarburi nel giacimento dell’Eni in Val d’Agri che è costata cara alla Basilicata e al Paese in termini di volumi e di entrate economiche. Il 2017 si è appena chiuso e si tirano le somme sull’an – damento in Italia delle estrazioni di petrolio e gas. Sono stati appena pubblicati sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico – Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche, i dati relativi alle produzioni nazionali nel mese di novembre. Dopo i 4 mesi di stop della produzione di petrolio nel 2015 per effetto del sequestro del Centro Olio Val d’Agri imposto all’Eni dalla magistratura, il 2017 sembrava essersi aperto sotto i migliori auspici. Dopo il lungo fermo produttivo, la produzione è partita alla grande, il giacimento ha risposto bene al lungo fermo producendo meno acqua e più greggio. E così 320 mila tonnellate di petrolio sono state estratte a gennaio e a marzo addirittura si sono sfiorate le 330 mila, poi a sorpresa un nuovo stop della Regione Basilicata di 90 giorni, tra aprile e luglio, dopo lo sversamento di greggio da uno dei serbatoi all’interno del Cova. E il 6 ottobre un nuovo freno con lo stop per 90 giorni (tra ottobre e dicembre) della Regione alla reiniezione nel pozzo Costa Molina 2. Ancora un anno difficile, quindi. Ma in attesa dell’ufficialità dei dati relativi alle produzioni del mese di dicembre, facciamo il punto sull’andamento del 2017 con il presidente di Nomisma Energia, Davide Tabarelli.

«In base alle prime stime, la produzione di petrolio della Basilicata nel 2017 è in sostanziale aumento rispetto all’anno orribile del 2016, un 2% in più, pari a quasi 3 milioni di tonnellate. Tuttavia, rimane ancora di molto inferiore rispetto al livello che dovrebbe essere normale, quello raggiunto nel periodo 2013-2015, di 4 milioni di tonnellate, quasi un terzo in meno».

Nonostante il doppio stop, quindi, la produzione ha retto. Ma le fermate continue per ragioni ambientali hanno pesato? «Sono costate molto care in termini di volumi e di royalties. Complice anche il crollo del prezzo del petrolio, nel 2017 il crollo della produzione si fa ancora sentire sulle entrate della regione in termini di royalties, calcolate sulle produzioni del 2016. Sono infatti scese ad un minimo di 36 milioni di euro, un quinto rispetto ai picchi di 160 milioni del 2013».

Quale futuro ci si può aspettare? «Per fortuna si vede un 2018 e un 2019 più roseo. Dalla Val d’Agri la produzione di petrolio si dovrebbe stabilizzare sugli 80 mila barili al giorno. Questo vorrà dire arrivare di nuovo a 4 milioni di tonnellate all’anno, a cui si aggiungerà la messa in produzione del giacimento di Tempa Rossa della Total, che dovrebbe portare nel 2018 un altro milione di tonnellate di greggio».

Ma entrano in gioco anche le quotazioni del greggio… «Con i prezzi del petrolio in ripresa, oltre gli 80 dollari, ciò porterà un balzo delle entrate della Basilicata verso i 100 milioni di euro nel 2019, che potrebbero salire ulteriormente nel 2020 oltre i 150 milioni di euro».

Risorse che, intanto, per quest’anno sono andate in fumo e che hanno pesato anche a livello nazionale? «Dispiace che a questi livelli ci si arrivi con anni di ritardo e a singhiozzo, mentre continuiamo ad importare dall’estero 55 milioni di tonnellate di petrolio. La produzione della Basilicata potrebbe essere tranquillamente il doppio dei valori attuali, con entrate stabili annuali sui 300 milioni di euro».

Una piccola Norvegia? «Un paragone non azzardato. La Basilicata potrebbe essere davvero una piccola Norvegia, ricca che, con i fondi degli idrocarburi, impone poi comportamenti virtuosi alle compagnie petrolifere che vi operano e ai suoi cittadini regala auto elettriche».

FONTE: LUGIA IERACE – LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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