Al Vinitaly non solo vino ma, su iniziativa della Cia-Agricoltori Italiani, protagoniste d’eccezione le birre artigianali e agricole. Al tavolo dell’evento Leonardo Moscaritolo, di Melfi, produttore di orzo e rappresentante dei produttori cerealicoli Cia; Antonio Catalani, vicepresidente Assobirra e direttore della Malteria Agroalimentare Sud; Teo Musso, fondatore del Birrificio Baladin, che si approvvigiona dal nostro produttore e dalla Malteria di Melfi. Creando un circuito produttivo completo 100% italiano.
La biodiversità lucana – ha sottolineato Moscaritolo – registra un primato – forse quello meno noto – a una malteria indipendente attiva a Melfi da 35 anni che è una delle maggiori malterie d’Europa. Qui si parte dall’orzo, prima germogliato e poi essiccato. Ciò ha innescato la produzione di orzo per lo più proveniente dal sub appennino dauno e dalla Murgia barese mentre solo in Basilicata sono un migliaio gli ettari coltivati ad orzo. L’impianto lucano di Agroalimentare Sud riesce a stoccare ogni anno tra 40mila e 50mila tonnellate di orzo e produrre circa 40mila tonnellate di malto da birra, per un fatturato annuo che si aggira intorno ai 17 milioni di euro.
Nello stabilimento di San Nicola di Melfi – accanto alle farine arricchite in fibre solubili derivanti da lavorazioni particolari – l’orzo viene trasformato in malto da birra, apprezzato da multinazionali come la Heineken, Carlsberg e Peroni; sempre a Melfi sono coltivati a orzo anche i 130 ettari che conferiscono allo stabilimento in una delle birre (la Nazionale) del marchio cult, campione assoluto e antesignano delle artigianali con export in tutto il mondo, sono al 100% lucani il malto pils e l’orzo (qualità distico) utilizzati.
Per conquistare i palati stranieri e i gusti dei giovani, visto che il 60% dei millenial italiani è un conoscitore attento delle varie tipologie di birra, che considera un prodotto tipico quasi quanto il vino, la Cia ha deciso di portare al Vinitaly “le eccellenze delle birre artigianali del territorio italiano” organizzando una degustazione ad hoc con i buyer esteri dell’agenzia ICE.
Attualmente nel nostro Paese si contano quasi mille microbirrifici artigianali, di cui il 20% circa biologico, che valgono il 3% del mercato nazionale, producendo in media 500 ettolitri l’anno e fatturando oltre 200 mila euro. In effetti un vero boom, ma se si guarda bene si tratta per lo più di micro-imprese, guidate da giovani, sottocapitalizzate e privi di cultura d’impresa. E solo in pochi casi hanno i mezzi per crescere; in cinque anni il numero dei birrifici è passato da 2 a 8, in Basilicata si è passati da 3 a 9, in Sicilia da 10 a 28.
Una nicchia di mercato, dunque, ma in continua evoluzione -osserva Cia-. La birra artigianale è anche entrata nel paniere Istat, che da sempre racconta l’evoluzione dei consumi delle famiglie italiane, a dimostrazione del suo successo crescente. Insomma, anche il mondo agricolo sta prestando attenzione alla birra che non è nella nostra tradizione ma contribuisce a creare sapori, ed economia.
L’evento è stato anche l’occasione di sottolineare gli investimenti della Cia su questo segmento come opportunità di sviluppo per i produttori, nell’ottica della multifunzionalità, incentivando la produzione di cereali dedicata e costruendo una filiera italiana della birra dal campo alla distribuzione.