“…Poi vengono la città di Herakleia, un pò arretrata sul mare, e due fiumi navigabili l’Aciris e il Siris, sul quale sorgeva una città di origine troiana detta anche Siris…”. Così nel I secolo a.C. lo storico Strabone enunciava la presenza di due importanti colonie greche (Herakleia e Siris) lungo le coste ioniche dove oggi sorge la città di Policoro.
Il Museo Archeologico Nazionale della Siritide. Faccio il mio ingresso in uno dei luoghi della cultura più importanti della Basilicata che vide la luce nel 1969 proprio in questa cittadina a due passi dal mare. L’ideatore fu il Soprintendente Dinu Adamesteanu che volle l’edificio ai piedi dell’Acropoli greca di Siris-Herakleia.
Tra le teche del Museo. Fotografie di siti archeologici, descrizioni dettagliate, didascalie e disegni mi rivelano che gli oggetti in esposizione sono il frutto di scavi di migliaia di necropoli ritrovate. Le città dei morti (nekros: morto e polis: città) hanno portato alla luce culture e tradizioni in cui la civiltà lucana affonda le sue radici.
Oggi il Museo conserva gelosamente gli antichi reperti come in uno scrigno. Diviso in sezioni, ci racconta con gli straordinari manufatti che espone un passato arcaico che trova inizio nel Neolitico (VI-III millennio a.C.). Ci soffermiamo nelle sezioni dedicate alla Magna Grecia che tra il VII e la prima metà del V secolo a.C. sviluppava la sua fiorente civiltà lungo le coste ioniche.
Scopro antichi rituali funerari e culti per le divinità e ne resto affascinata. Attira la mia attenzione una teca contenente un grosso cratere con decine di piccoli vasi votivi. Sono gli ex voto dei fedeli offerti sotto forma di acqua attinta dalla sorgente resa sacra dalla dea Demetra. Dea protettrice della gioventù e della terra verde. Divinità “portatrice delle stagioni”.
In questo periodo nei territori dell’Agri-Sinni viveva l’età di massimo splendore un popolo oggi ancora poco conosciuto: gli Enotri. Secondo gli studiosi e come rivelano i reperti archeologici (la cui prima esposizione ebbe sede a Guardia Perticara nel 1999) gli Enotri sin dall’Età del Bronzo occuparono il territorio che copre l’asse Metaponto-Posidonia (dall’antica foce del Bradano all’antica foce del Sele) e l’attuale regione calabrese.
Con l’avanzare dei secoli, riti e usanze delle genti enotrie furono influenzate da quelle praticate nelle colonie della Magna Grecia. Tra i culti professati dagli Enotri è mutuato dai Greci il più suggestivo: quello in onore di Dioniso (il dio Bacco dei Romani). Dio del vino e della sessualità. Dio che promette la vita oltre la morte. Culto per antonomasia delle genti greche. Fascino mitologico.
Le iconografie dei lekythoi (vasi a vernice nera e figure rosse) ritrovati all’interno dei corredi funerari dei ceti aristocratici descrivono i banchetti, deuterai trapezai o seconde mense, che venivano svolti in onore della divinità. Pappi sileni, menadi e satiri profumati e coronati di fiori dedicavano danze estatiche e inni al dio Dioniso mentre gli porgevano coppe di vino. Sostanza inebriante.
Non posso non ammirare con stupore, nella sezione dedicata all’ambra, la meraviglia dei gioielli prodotti e indossati dalle donne enotrie. Pendenti a decorazione di orecchini in filo di bronzo, collane a giri multipli, fibule (specie di spilla moderna), cavigliere bronzee. Ostentazione del rango sociale di appartenenza e della ricchezza posseduta. Il mio sguardo si sofferma su un meraviglioso copricapo in bronzo indossato dalle donne aristocratiche. Raffinatezza arcaica.
Apprendo che l’ambra aveva una valenza magico-protettiva presso le popolazioni indigene dell’Italia meridionale (Piceni,Dauni,Peuketiantes, Enotri). La raffigurazione di donne alate, sfingi, arpìe che secondo la leggenda rapivano i fanciulli, danno valore ad un talismano. Iconografie utilizzate per rappresentare il mondo dell’Aldilà che sottrae alla terra l’anima del mortale il cui destino è la beata vita oltre la morte. Remote suggestioni.
Il mio percorso attraverso le antichità volge al termine. Mi incuriosisce uno dei reperti in esposizione il cui significato rimane ancora da svelare: la casa-tempietto con applicazioni zoomorfe (protomi di ariete, di toro, volatili o serpenti) simbolo delle forze rigeneratrici della natura. Esemplari di questo prezioso oggetto sono in mostra in alcuni dei musei più importanti del mondo come il Louvre di Parigi.
Maria Teresa Merlino