Il piacere del sesso (della carne direbbe il membro dell’azione cattolica ottimamente catechizzato) verrebbe spiegato, dai cultori del sesso, come una manifestazione di libertà e di sfogo alle esigenze del proprio benessere.
Il sesso, inteso come atto estremo di una passione, rappresenta l’epilogo di un amore che ognuno si porta dentro e che in simbiosi porta ad un estasiante piacere che, anche se per pochi attimi, libera parte di endorfina che mette tutti gli organi in una sintonia che fa stare bene, che fa impazzire di piacere e che, in una parola, siamo soliti chiamare orgasmo. E’ l’apoteosi del piacere. Tanto che, nell’estremo racconto, un tossico per far capire ai neofiti il piacere che si raggiunge iniettandosi droga nelle vene o fumando diavolerie allucinogene, e’ solito dire che e’ come due o tre orgasmi messi insieme.
Amarsi dunque ha diversi aspetti; stimarsi, cercarsi, condividere, annusarsi. Tutti aspetti dentro un unico elemento d’azione che significa abbracciarsi, baciarsi e, nell’estrema ricerca di quel piacere estremo, diventare un tutt’uno nella maniera più singolare che solo la magia di chi ha creato il mondo poteva immaginarsela così come ci e’ dato di viverla. Gli uomini, nel racconto della loro esistenza, mettono parte di “storiografia” e parte di “cronaca”.
Dunque l’uomo, nel raccontare la propria vita, e nello specifico l’argomento che ho arditamente intrapreso a discutere, eviscera l’amore come sesso, come pornografia, come lussuria, come indicatore di tradimento o, nel converso, come indicatore di fedeltà. Così che la donna che fa l’amore può essere moglie, amante, puttana, zoccola o pornostar. L’amore (escludendo i casi estremi e gli eccessi impudichi e maleducati) a mio parere ha la sola peculiarità di liberare benessere fisico in chi lo pratica con convinzione e con sentimento. Ed e’ talmente personale che ha bisogno di un suo spazio segreto che siamo soliti chiamare intimità.
Altro aspetto e’ la terminologia che ne indica gli attori; la zoccola sarebbe un sinonimo di puttana, ma puttana sarebbe una donna di facili costumi ovvero una che non ha morale, che non ha un filo conduttore nella sua vita, che cambia spesso opinione e, soprattutto, usa il sesso ed il suo bell’aspetto (sovente provocatorio all’estremo) per ricavarne vantaggi che non coincidono mai con vantaggi dell’anima o della serenità. Le locuzioni dialettali, poi, hanno indotto le comari e gli utilizzatori del linguaggio sciolto, a definire zoccola chi e’ spregiudicato nella vita politica così come nella vita sociale, chi sa vendere il suo prodotto, sia esso materiale o immateriale, come un venditore di scope elettriche.
Una zoccola nell’immaginario dialettale e’ una/o che sa cadere sempre in piedi nel posto giusto, anche quando le avversità o le esternalità gli sono contrari. Poi, nel linguaggio paesano/dialettale la zoccola è chi tradisce il marito; e, comicamente, Zoccola è anche il “sorcio” di dimensioni esagerate, nero di pelo e di olezzo.
Le donne sono solo la cosa più importante che il mondo può vantarsi di avere.