Nell’uniformarsi all’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di merito, anche la Commissione tributaria provinciale di Potenza, con la sentenza n. 233/19 – depositata il 28.03.2019 – ha ribadito l’irrimediabile nullità dell’atto inviato a mezzo pec, laddove sprovvisto di una valida firma digitale che ne attesti i requisiti di integrità ed immodificabilità.
La pronuncia in esame assume notevole rilievo se si considera che, prima della stessa, i Giudici tributari lucani non avevano, in nessun caso, ritenuto meritevoli di accoglimento le doglianze sollevate dai contribuenti circa l’illegittimità di una simile forma di notifica.
E’ quanto mai opportuno ricordare – infatti – come da un paio d’anni a questa parte numerose sono le contestazioni giunte nelle corti tributarie per denunciare le irregolarità insite in un procedimento di notifica, quello a mezzo pec, che nella maggior parte dei casi vedeva (e vede tuttora) il soggetto notificatore (Agenzia Riscossione) non rispettare i dettami imposti dal Legislatore.
L’art. 149bis del c.p.c., al quale rimanda l’art. 26, comma 2, del D.p.r. n. 602/73 (come novellato dal D.L. n. 193/2016), afferma testualmente che: “Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione può eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.”.
Subito dopo – al comma successivo – la stessa disposizione prevede che: “Se procede ai sensi del primo comma, l’ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale..”.
Nonostante il chiaro tenore della norma appena richiamata, l’agente della riscossione – ancora oggi – è solito inviare atti al contribuente, per il tramite della posta elettronica certificata, sprovvisti della sottoscrizione digitale richiesta dal Legislatore.
Proprio in virtù di tale circostanza, il Collegio di prime cure lucano – con la sentenza in rassegna – ha proceduto ad annullare una comunicazione preventiva d’iscrizione ipotecaria ritenendo determinante giustappunto la mancanza del formato .p7m in relazione al documento allegato, unico formato – quest’ultimo – in grado di garantire, da un lato, l’integrità ed immodificabilità del documento informatico, dall’altro, l’identificabilità del suo autore e, di conseguenza, la paternità dell’atto.
Chiamata a giudicare sulla fondatezza del ricorso presentato dal contribuente, la Ctp del capoluogo potentino ha concluso per l’accoglimento rassegnando le seguenti motivazioni: “L’agente della riscossione, nel notificare l’atto opposto, ha inviato, a mezzo PEC, la scansione di un documento privo dei requisiti di integrità ed immodificabilità nonché degli altri elementi previsti dalla normativa, in violazione di quanto previsto dal Codice dell’Amministrazione digitale.
Ora, a giudizio di questa Commissione – alla luce di una diffusissima, ormai, giurisprudenza di merito, secondo le norme suddette ed in particolare degli artt. 20 co. 2 e 71 D. Lgs. n. 82 del 2005 – la notificazione per posta elettronica certificata in formato pdf, senza l’estensione c.d. “p7m”, non è valida e di conseguenza rende illegittimo l’intero atto allegato alla pec, in tale formato.”.
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