Riceviamo e pubblichiamo una riflessione della presidente della Camera Forense Ambientale, Cinzia Pasquale, sulla questione inquinamento in Val d’Agri.
“Gli ultimi eventi giudiziari che ipotizzano, tra gli altri, a carico di Eni spa il reato di disastro ambientale in Val d’Agri a seguito del noto sversamento di petrolio, acclarato nel febbraio 2017, offrono l’ennesima occasione alla CFA di compiere alcune riflessioni sul rapporto tra diritto ed ambiente e sulla gestione dei processi decisionali nella regione Basilicata. Le indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Potenza sono ancora in corso e, pertanto, non è possibile affrontare sotto il profilo tecnico argomenti di merito. Pur tuttavia, il diritto costituisce uno straordinario strumento di lettura degli scenari di riferimento perché, essendo chiamato a regolare la vita, deve necessariamente conoscere ed elaborare i fatti dal cui concreto interesse è indotto, ex factum oritur ius. Un dialogo continuo ed affascinante quello tra fatto e diritto che, però, non si risolve unicamente in modelli prescrittivi e sanzionatori, applicati dal sistema giustizia, ma si muove ancor prima in uno spazio indispensabile alla costruzione della cultura civile: lo spazio dei valori. L’ambiente è innanzitutto un valore. Anzi un “valore dell’umanità”, come ben detto nel Preambolo della Costituzione Europea, la cui dimensione non può e non deve misurarsi nella comminazione della pena in caso di sua alterazione o lesione, ma attiene al più delicato ed efficace profilo della prevenzione del danno. L’attuale vicenda che riguarda il rischio ambientale in Val d’Agri, al netto delle responsabilità che si accerteranno o non si accerteranno e che qui non interessano in quanto tali, costituisce l’occasione per sottolineare che non possono più verificarsi cortocircuiti nel dialogo tra fatto e diritto, tra essere e dover essere, tra valori ed imposizioni sanzionatorie. Si tratta di dicotomie che non reggono in un sistema costituzionale liberal – democratico il quale deve essere in grado di garantire, nel contempo, benefici per le persone e per gli ecosistemi, per l’economia e per l’ambiente, in una dimensione valoriale che deve vivere nella comunità tutta: imprese, cittadini e Istituzioni.
Allora, quali soluzioni adottare?
necessario, urgente e non più procrastinabile che la nostra Regione superi il metodo tradizionale di command and control fondato solo su alcune leggi e sul ruolo di controllo delle Istituzioni pubbliche – spesso rilevatosi fallace -, sulla osservanza di taluni limiti mitigatori e costruisca una virtuosa governance ambientale. Un’azione, cioè, più amplia e positiva volta a proteggere complessivamente le risorse naturali secondo un criterio di sostenibilità nell’interesse anche delle generazioni future. Governance ambientale significa progettare un intervento sul territorio, avere un’idea complessiva di sviluppo e di futuro, conoscere con certezza chi fa cosa e con quali fondi in maniera tale da avere contezza di responsabilità individuali ed impegni disattesi:
1) dare autorevolezza e legittimità al solo soggetto istituzionale locale demandato a compiere analisi e controlli (Arpab) e, per questo, dotarlo di risorse economiche consistenti e di personale altamente competente e qualificato;
2) favorire una partecipazione che non si fermi al livello dell’informazione, ma che tenda a costruire un consenso collettivo e consapevole attraverso cui tutti gli attori sociali possano dare il loro contributo nella definizione dei termini di un problema, nell’analisi di una situazione di rischio, nel disegnare la loro terra;
3) richiamare i centri scientifici di eccellenza nazionali ed ancor più internazionali affinché, in uno con la nostra Università ed il nostro CNR nonché con le importanti risorse professionali presenti sul territorio, possano far accrescere conoscenze, competenze al fine di effettuare una reale attività innovativa di ricerca ed attivare percorsi formativi altamente qualificati ed attrattivi per i giovani del mondo intero;
4) coinvolgere le aziende operanti sul nostro territorio in un serio programma di etica e responsabilità sociale di impresa affinché siano fattivi collaboratori di un progetto di sviluppo virtuoso.
Una gestione unitaria e razionale dell’ambiente così concepita potrebbe rendere davvero la Basilicata una regione sostenibile. Ci vuole competenza, coraggio ed esercizio virtuoso del Sapere che ci auguriamo, finalmente, le nuove Amministrazioni sappiano esprimere ponendo quale primo punto della propria agenda le questioni sopra illustrate”.