Società e Cultura

“Pietre rotolanti” di Rocco De Bona

Probabilmente vi ricorda qualche canzone o qualche gruppo musicale. In realtà scrivo per palesare un dubbio, un’incertezza, un pensiero che in maniera roboante martella in quel ginepraio di sensazioni, in quel dedalo di stati d’animo di un trentenne turbato.

Potrò apparire altisonante, prolisso e indecifrabile ma dopo aver letto l’ennesimo articolo  mi son fatto coraggio e ho deciso di metter nero su bianco.

Assisto e leggo spesso di storie che mi fanno molto riflettere.

Giovani, anche giovanissimi celebrati perché artefici di imprese che definirei ‘’le gesta eroiche dei nostri tempi’’.

C’è chi a 29 anni è miliardario con tre start-up alle spalle, chi si distingue nello sport o chi diventa una star per le sue opere in cucina.

Lungi da me la critica verso costoro… anzi chapeau.

Quel che mi turba è il fatto che esistano persone come me, in grado di poter fare ‘quasi’ tutto ma che finiscono per non specializzarsi.

Detta così potrebbe sembrare una vuota speculazione teorica perciò provo a sviscerare meglio il pensiero.

Una volta sentii di questa vecchia tradizione-leggenda-diceria americana che onestamente ora riflettendo non saprei distinguerla tra quel che io ho romanzato e quel che in realtà è stato detto.

Probabilmente approfondendo testi di Bob Dylan e cresciuto con le parole di F.De Andrè e G.Brassens ho concretizzato provandola sulla mia vita la teoria della ‘pietra rotolante’ (mi perdonino i lettori  per l’uso pseudo-improprio della parola teoria).

Ebbene, penso ci siano due macro-tipi di esseri umani: coloro che mi piace identificare come le pietre fisse/statiche e quelli, invece, che il termine rotolante sembra calzarci a pennello.

Per contestualizzare con quanto riportato sopra poc’anzi, i tipi ‘pietre fisse’ son tutti quelli che si specializzano in qualcosa, in qualsiasi ambito.

Chi di noi non ha avuto un compagno alle scuole elementari che sognava di fare quel qualcosa da grande e poi è diventato tale. Certo anni di sudore e studi o esercizi minuziosi e certosinamente ripetuti per diventare praticamente perfetti in quella disciplina.

Avevo un compagno che amava il disegno, di tutto il resto peccava ed era lacunoso in tutte le discipline.

È diventato ingegnere e penso sia felice.

Questo tipo di soggetti come le pietre, i massi fissi, una volta posizionati in quel luogo, finiscono per ricoprirsi di muschio dalla parte esposta più a nord. Questo fare il ‘’muschio’’ io lo dematerializzo nella semplicità quotidiana nel ‘’fare esperienza’’ in un campo e spendere la propria vita con quel fine.

Poi ci sono io e quelli che definisco le ‘’pietre rotolanti’’.

Mai avuto problemi a scuola, ottimi voti in tutte le discipline… mens sana in corpore sano.

Qualsiasi cosa c’era da studiare mi prefiggevo il piccolo obiettivo e lo raggiungevo.

Avrei potuto fare tutto nella vita.

Il problema è che non mi piaceva la singola specializzazione, i miei idoli erano personaggi del passato eclettici. Il Leonardo che si è distinto dall’anatomia alla scultura, dai calcoli matematici alla pittura, dalle macchine da guerra a chissà quali cose che non sapremo mai e che resteranno celate nella sabbia del tempo e dell’oblio.

Io mi annoio.

Dopo aver raggiunto un obiettivo devo cambiare settore e iniziare una nuova scalinata verso nuove mete della conoscenza e della manualità completamente diverse dalle precedenti.

Le pietre rotolanti son quelle pietre che ‘’mosse’’ da diversi interessi rotolano appunto in diverse direzioni.

Una volta raggiunta la meta si rimettono in cammino per nuove sfide e avventure e così facendo non faranno mai il muschio verso nord anzi al contempo si levigheranno ben bene.

Per quanto ci sia in questo un non so che di affascinante e avventuriero nella vita di tutti i giorni tutto ciò cozza con tutto.

Con una società che ha paura del diverso.

Con un datore di lavoro che non vuole mine vaganti (per quanto potrebbero essere galline dalle uova d’oro se canalizzati bene e dando loro lo spazio d’espressione che necessitano).

Con un mondo che ti vuole ignorante, poiché il perché delle cose forse non è più lecito neppure ai fanciulli.

Forse sto divagando e forse sto perdendo il focus dello scritto.

La verità è che non è semplice per questo tipo di persone perché vivono sempre turbati.

Si vive sempre con l’ansia che il tempo non sia sufficiente e che una vita non basti per cogliere tutti i frutti della conoscenza e dell’empirismo.

Dopo il liceo scientifico fortuitamente mi sono iscritto alla facoltà di Chimica e tecnologia farmaceutiche perché mi affascinava il mondo alchemico e plasmante del combinar gli elementi e farli reagire.

Ho conseguito la laurea, ho fatto anche un periodo di ricerca all’estero.

Non ero contento.

Mi mancava la gente, mi mancava il contatto umano e allora decisi di fare il farmacista.

Di contatto umano ne avevo e pure troppo.

Mi son reso conto però che il mio ideale d’esser d’aiuto per il prossimo cozzava un po’ con le logiche economiche di datori di lavoro.

Ho continuato ad esercitare ma non mi sentivo appagato completamente e pertanto mi sono iscritto alla facoltà di Antropologia.

Ho seguito i corsi ho fatto esami e anche ricerche sul campo.

Tutto affascinante, tutto bello ma tutto così inevitabilmente ‘’da consumarsi preferibilmente entro…’’.

Ho cambiato lavoro, ho lavorato quasi due anni per una azienda dove mi occupavo di formazione.

Ottimo lavoro, colmava il mio ego di oratore, di palchi, di aule, di gente da formare.

Non mi piacevano alcune dinamiche aziendali e come spesso accade… diventai scomodo.

Così quando rassegnai le dimissioni, senza farsi vedere, in tanti hanno festeggiato e riso sotto i baffi.

Ora sono ‘in proprio’ vivo pianificando mese per mese.

Non son soddisfatto, almeno fino a quando non mi si paleserà una nuova sfida dove tuffarmi a capofitto.

Sono ambizioso certo, forse un giorno diventerò ministro della salute e modificherò molte incongruenze del sistema sanitario italiano ma per ora resto un sognatore che non si accontenta di nulla.

Ho sempre invidiato quel compagno che sapeva già cosa fare da bambino.

Io cambiavo idea ad ogni spuntar del sole.

Spesso scrivo, spesso quegli scritti li trasformo in canzoni per renderli immortali.

Un senso di vuoto però è il risvolto della medaglia di ogni traguardo.

Appeso a quel pendolo di Shopenhauer so che continuerò a succhiare linfa vitale all’esistenza cercando di decifrare tutti i trucchi e tutte le curiosità della vita.

Nel frattempo chiedo scusa e scrivo, sperando che qualche altra ‘pietra rotolante’ si riconosca nello scritto e ne esca fuori un bel dibattito.

Forse chissà…si potrebbe aprire un caffè letterario in zona e affrontare dal vivo didattiche filosofico-epistemiologiche.

Rocco De Bona

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