Ulderico Pesce ci racconta un periodo storico che va dal 1940 ad oggi, sovrapponendo gli strati del contesto come farebbe un ottimo designer quando armeggia con i Layer. Li sovrappone, li mischia li arrotola e li riporta ad una lettura che come un elastico spinge in avanti il tempo e poi lo ritrae, in guisa da prendere la rincorsa e rilanciare. Fino a portarci alla nascita di un bambino che viene al mondo con i suoi ben tredici mesi di carcere da rivoluzionario, al pari dei nostri figli che nascono già con il debito pubblico contratto. Ed è lì il figlio di Antonia Mucci, bracciante arrestata durante la protesta dei contadini. Pietro Cirillo chiude la serata, a spettacolo finito, vivo e vegeto a fianco a Lara Chiellino, che ha magistralmente interpretato la mamma rivoluzionaria, a rappresentare l’epilogo della rivolta del sabato trenta Marzo 1940 a San Mauro Forte e che oggi vede Matera non solo capitale delle rivolte contadine ma capitale della cultura.
Dentro questo contenitore, Ulderico, ci dice che ha voluto fare una “cosa” non utilizzandolo ma narrandolo. Una “cosa”, uno spettacolo per Matera, il capoluogo dei braccianti, di quei braccianti che finivano nel carcere di San Rocco ogni qual volta alzavano la testa per rivendicare i propri diritti, sia nel periodo fascista nella sua fase senescente, sia nel periodo delle primissime fasi dell’Italia repubblicana, che portò queste lande desolate del Sud a vedere cambiare tutto con la sensazione che non era cambiato niente. Rocco Scotellaro non finisce in carcere nel periodo fascista ma nel periodo repubblicano; accusato dai suoi avversari di concussione e corruzione. Giuseppe Novello venne ammazzato nel Dicembre 1949. La dimostrazione che la normalità, i diritti e la possibilità di una vita degna di essere vissuta ha tardato, molto, ad arrivare in Basilicata. E qui ci entra Carlo Levi che rimasto colpito dal suo soggiorno-confino ad Aliano insistette molto Adriano Olivetti affinché scendesse in Matera per poter dare sfogo alla sua visionarietà di Industriale ed Urbanista. E non è un caso che Patrizia Minardi, alias Luisa Levi, cala dal cielo e ci racconta la sua sensazione quando cerca la città accorgendosi che ce l’ha sotto di sé, in un precipizio come due semi gironi infernali popolati da circa quindicimila “reietti” e bambini che con le mosche attorno al viso, gli chiedono il chinino: “signurì u chinì! signurì u chinì!”. Un inferno che la sera si confondeva con il cielo stellato che scendeva sotto i piedi. Quello che si definiva città; dove il suono della tromba invitava i cittadini ad uscire dalle proprie case per accendere un lume davanti all’uscio, cancellando il confine tra l’orizzonte e il cielo, per uno scenario che a tratti si presentava stellato ed a tratti illuminato dai lumi, in una confusione di speranza che siamo soliti affidare alle stelle. E Adriano Olivetti arriva a Matera, ed incontra Albino Sacco, magistralmente interpretato da Nicola Cardinale parla e racconta la sua meraviglia e la sua idea: “caro Albino, ho visto tutto. Devo rimanere a Matera. Non c’è tempo da perdere. Matera è la capitale simbolica del mondo contadino. Diventerà laboratorio comunitario, per costruire cooperative tra contadini ma soprattutto per restituire dignità alle persone” . Ma i contadini, i braccianti sono un problema per un contesto dove la loro unione può generare preoccupazione per il partito di governo, sostenuto dai gattopardi locali, che miravano a mantenere saldo il manubrio del potere alimentando la paura di un imminente arrivo del “Comunismo”, riuscendo a far cambiare tutto senza cambiare niente. I padroni restavano padroni, i contadini restavano contadini.
Tutto questo Ulderico ce lo racconta mescolando le carte, sovrapponendo i Layer e restituendo una storia vera che a tratti diventa anche esilarante ma che ci fa riflettere, perché riuscire ad ottenere l’uso di un paio di stanze nel rione sassi significa aprire un Bed and Breakfast, di cui tanto ce ne bisogno in questa Matera che è il centro della cultura e non più delle rivolte contadine.
Matera è il luogo che vide frotte di braccianti carcerati, di viandanti esterrefatti nel vedere il precipizio in cui vivevano circa quindicimila persone in condizioni vergognose, talmente vergognose che un “nonno” si era assuefatto alla parola per via del fatto che dal viaggio di Zanardelli in poi più volte aveva sentito quella parola senza vedere risultati.
E’ una storia conosciuta, quella delle lotte contadine, quella dei sassi, quella di Rocco Scotellaro e delle carcerazioni, ma vi sono dei diastemi dove vi sono dei residui di storia che con maestria ci vengono narrati da chi, come Ulderico Pesce, ricerca, studia ed elabora in maniera da restituire dignità ad ogni singolo ed infimo episodio che oggi ci consente di poter dire di aver superato, in buona parte, certi ritardi di democrazia e di libertà.
Eva Immediato, alias Amelia Rosselli, gira per Matera con fare gioioso e contenta alla ricerca di Rocco Scotellaro, Amelia Rosselli, si avete capito bene, quella poetessa che Pier Paolo Pasolini definì la più grande del secondo novecento. Storia destinata agli addetti ai lavori o ai cultori e che con leggerezza e puntualità ci viene restituita in uno spettacolo magistrale. E che dire della contadina bracciante che si rotola nel solco dove scorre il sangue di Giuseppe Novello, interpretata con sentimento vero da Maria Iacovuzzi. Quella bracciante che ci ricorda che, pur essendo in età repubblicana, il pavimento del carcere è pieno di terra e di semenza di grano, perché è duro qui far valere i diritti di chi non chiede nulla se non poter lavorare la terra per dare dignitosamente di che vivere ai propri figli. E giù, durante lo spettacolo, slang di Faccetta Nera, Bandiera Rossa, Aremu Rindineddha e pezzi di comizi di Emilio Colombo, “u put’ntin”, giusto per ricordare che il campanile resiste alla Potentinità, e poi Togliatti così come De Gasperi che arringano la folla di braccianti e di lavoratori che, al pari di Ciaula che scopre la Luna, scorgono la “luce del piano“ e così fino ad arrivare all’esilarante dialogo tra due materane che riguardano i “Sassi” come momento di opportunità economica, con le case da fittare ai turisti, perché poi alla lunga, elevando il livello culturale, Matera, come dicevo sopra, è diventata non solo la capitale delle rivolte bracciantili ma capitale della Cultura Europea per l’anno 2019.
E si nota che se non ci fossero state perplessità per la tenuta del potere di una democrazia legata ad una compagine politica come se il termine, con tutta la sua etimologia, fosse peculiarità di un partito, forse la storia avrebbe avuto un risvolto diverso ma soprattutto uno slancio diverso in direzione di quel futuro che si è aperto il 19 Gennaio scorso con l’Open Future di Capitale 2019.
Ulderico Pesce ancora una volta ci invita a riprenderci la storia con i fatti che l’hanno determinata e che io insistentemente voglio ripetere, perchè ritengo che occorre mantenere viva la fiammella della memoria di una storia recente che ci appartiene. Quella memoria cui ogni Lucano ha da confrontarsi, perché la storia della Lucania è fatta di terra, di proprietari terrieri ma soprattutto di contadini che nelle difficoltà hanno dato origini a tanti benestanti che, appunto, grazie ai sacrifici di nonni, bisnonni e genitori hanno potuto studiare. E quasi sempre è molto più rinomato il benestante che viene dalle fondamenta bracciantili piuttosto che dalle fondamenta facoltose.
Gianfranco Massaro – Agos