Venti – Venti è un numero pari, un orizzonte ampio, un traguardo che apre la strada allo scollinamento del primo quarto secolo del terzo millennio.
All’interno di una società turboliberista che oramai c’ha abituato a “iper” vivere il presente rincorrendo disperatamente ogni singolo frammento di potenziale profitto, forse non riusciamo più nemmeno a renderci conto della vera dimensione spazio/temporale che ci apprestiamo ad affrontare.
Ebbene, il primo ventennio del 2000 è oramai alle spalle.
La narrazione mediatica imperante di tutto questo periodo è stata incentrata sull’ assunto (falso) della “Destrutturazione delle ideologie” o sulla sconfitta del “Collettivismo” come strumento di riscatto sociale.
C’hanno raccontato che “There’s no alternative” oppure che “Dovete imparare a non avere certezze, a mettervi in discussione tutti i giorni. La precarietà è la vostra occasione per adeguare le vostre conoscenze alle esigenze del mercato globale.”
Chi scrive è nato nel 1991.
Quell’anno fu decisivo per l’affermazione di tutti questi concetti sopraelencati: la Dissoluzione dell’URSS era oramai un fatto acquisito ed irreversibile. In Italia, il gruppo dirigente del Partito Comunista più grande d’Europa decise di cambiare nome e di avviare, altrettanto irreversibilmente, un processo di lento ma progressivo avvicinamento a posizioni e a gruppi di interesse liberisti (Partito Democratico, Renzismo ecc.).
Non è mia intenzione ripercorrere la storia politica del mondo degli ultimi trent’anni, ma quando qualcuno ancora si stupisce per l’apatia o per il profondo disinteresse della mia generazione rispetto alle vicende pubbliche, francamente un po’ sorrido.
Sorrido perché basterebbe ricordare e mettere in sequenza cronologica alcuni fatti storici degli ultimi decenni che hanno contribuito in maniera decisiva ad allontanare i giovani italiani dalla “Bellezza” della partecipazione Democratica.
Anzi tutto, un subdolo, lento, ma costante processo di revisionismo storico rispetto agli eventi che portarono alla vera unificazione del nostro Paese (Resistenza 1943-1945 e Assemblea Costituente 1946-1948), ha aperto la strada alla messa in discussione dei valori fondanti della nostra Repubblica.
A metà anni 90’, l’irrompere di Silvio Berlusconi sulla scena politica Italiana ha poi ulteriormente accelerato questo processo di sovvertimento dei valori repubblicani: il “Machismo” dell’Io e l’idea del “Self Made Man”, l’uomo che si è fatto da solo, non importa violando quali regole condivise e a discapito di chi.
L’indebolimento delle Istituzioni, la demonizzazione di chiunque si mettesse di traverso ai progetti del capo (Comunisti, Toghe Rosse ecc.), una Repubblica “Sospesa” che a un certo punto finiva per somigliare più a un sultanato che alla settima economia del mondo erano duri colpi quotidiani che la Democrazia Italiana subiva senza poter opporre resistenza.
A questo si accompagnava la miopia di un’opposizione che aveva appena concluso il processo di tradimento dei suoi ideali storici e del suo blocco sociale di riferimento: l’unico collante restava quello di fingere di essere “Anti” qualcosa o “Anti” qualcuno.
All’ambizione collettiva di cambiamento e di miglioramento delle condizioni di vita dei più deboli, si sostituiva la corsa sfrenata al “Governo” o al “Potere” a tutti i costi.
La mancata elaborazione culturale di un nuovo “Sogno”, di una nuova idea di eguaglianza e diritti, o anche soltanto di una nuova utopia contemporanea condivisa, ha reso la mia generazione davvero debole e vulnerabile.
Questo nuovo “Sogno” Contemporaneo sarebbe servito ad affrontare la grave crisi economica del 2008: per la prima volta il mondo scopre il vero volto del Capitalismo.
Aziende chiuse o delocalizzate, milioni di posti di lavoro in fumo, la destrutturazione del sistema economico che aveva tenuto in piedi le democrazie occidentali fino a quel momento getta un velo di perenne incertezza sulla nostra esistenza.
La rabbia come risposta istintiva, l’involgarimento del linguaggio quotidiano, un’ulteriore chiusura dettata dall’insicurezza e dalla paura, hanno poi fatto nascere dentro molti di noi un sentimento di odio e di supina accettazione dell’emergere di nuovi totalitarismi.
La parentesi dell’ “Antipolitica” come risposta rispetto ad un vuoto totale di proposta politica da parte di gruppi dirigenti oramai vetusti e non in grado di interpretare la domanda di cambiamento che perveniva dalle nuove generazioni, seppure con alcuni piccolissimi sprazzi di energia positiva, non riuscì ad invertire la tendenza negativa che abbiamo fin’ora analizzato.
Eccoci dunque all’ Italia di oggi : viviamo in un paese che non vede l’ora di consegnare il governo, con larghissima maggioranza di consensi, ad un uomo che fino a qualche anno fa inveiva contro i cittadini Napoletani urlando “Lavali col fuoco” e ad una donna che si richiama apertamente al neofascismo quale ideologia di riferimento.
Se questo è, allora forse la mia generazione, a questo punto, non può più permettersi di restare in tribuna senza toccare palla.
E’vero, la storia degli ultimi trent’anni, appena maldestramente riassunta, un po’ dimostra che le condizioni per impegnarsi attivamente al fine di invertire questa tendenza di regressione culturale e sociale non erano e non sono proprio le più favorevoli.
Nonostante questo, il tempo a nostra disposizione oramai è davvero scaduto:
O lavoriamo per ricostruire, con fatica e sacrificio, alcuni punti di riferimento valoriali condivisi oppure rischiamo davvero di assistere inermi al declino irreversibile della nostra Democrazia.
Dobbiamo trovare la forza di contestare una visione iperpersonalistica e narcisista delle cose del mondo che qualcuno continua ad imporci al fine di trarre vantaggio dalle nostre divisioni.
Noi che siamo nati in una società che c’ha insegnato a prevaricare il prossimo e a porre il nostro “Ego” al di sopra di tutto, perfino al di sopra dei ritmi biologici del pianeta in cui viviamo, dobbiamo trovare le energie per riaffermare i valori della solidarietà e della cooperazione.
Il “Venti-Venti” dia inizio ad un laboratorio culturale per un nuovo Umanesimo, non c’è altra strada.
O ci si salva insieme, o si muore tutti uno alla volta.
Che sia l’anno del coraggio, auguri a tutti voi!