Vi è un proliferare di programmi elettorali collegati a manifesti, schedine, bigliettini che si aggiungono al più potente mezzo che la modernità offre: i social network. Filmati di persone azzimate che cercano di convincere l’elettore a dargli fiducia per la guida della comunità. Sovente, però, ascoltando e leggendo i programmi, o i proclami, si ha la sensazione di avere di fronte la lista dei desideri, un elenco di interventi di mitigazione dei problemi o di miglioramento delle condizioni infrastrutturali ed anche l’allargamento delle possibilità per il lavoro a tutti e, oserei dire, per tutto.
Ora immaginare un candidato Sindaco che elenca i suoi propositi e snocciola interventi a cascata dalla illuminazione a LED della piazza alla miglioria del Cimitero, dal campo sportivo con manto in erba al campo da (o di ) Tennis tirato a lucido, omettendo di proposito di non tagliare l’erba nei vicoli o non asfaltare le strade rurali o, piuttosto, eliminare le reti idriche rurali, sarebbe una follia. Ovvio che tirerà l’elenco alla lunga come una lista ricca e di buoni propositi, sperando di non dimenticare niente. Un po’ come “Laqualunque”, che nel confronto a due con il suo avversario accortosi che il suo elenco era deficitario di un numero aggiunse, nel mentre si stava per chiudere il collegamento, noi vi pittureremo anche casa. Fantasia cinematografica non tanto distante dalla realtà del decennio scorso: ricorderemo tutti l’eliminazione dell’IMU e del Bollo auto che, in uno scatto di reni, in chiusura di campagna elettorale da far invidia a “Cesarini”, fu promesso a tutti gli italiani.
Ora vengo al punto. Se il problema sono le cose da fare, e la gente si compiace per la lista ricca, la realtà della problematica, a mio parere, è, invece, come fare le cose.
Solo a titolo di esempio: se qualcuno argomenta sulle opportunità della TOTAL o di ENI promettendo più royalties, più controlli, concertazioni strette, finanziamenti ad hoc ed altre aspettative pur sacrosante e non argomenta sulla legislazione statale, sulle norme industriali di sfruttamento delle risorse minerarie “Nazionali”, sulle regolamentazioni per i monitoraggi ambientali ed altro che vi evito per non tediarvi, vuol dire che in caso di elezione sarà una delusione per la platea di elettori festanti. Tante promesse fanno parte di un desiderato che spesso si scontra con la dura realtà di un paese che ha ancora la costituzione più bella del mondo ma che ha delle leggi che vanno rispettate per il bene di tutta la Nazione che prevale sempre sugli interessi locali. Perché dico questo; perché credo sia ora che anche il popolo sappia chiedere cose giuste e sensate e non solo la pulizia dell’erba, la sistemazione dell’anciporto sotto casa, o la tiratura a lucido dei campi da bocce. Sarebbe il caso di capire: (lo dico solo a titolo di esempio) ma se un Sindaco abbassasse l’IMU a chi affitta le case e la alzasse a chi le tiene sfitte in attesa di spuntare il miglior canone potrebbe succedere che le case verrebbero affittate a prezzi più contenuti e consentire anche ai meno abbienti di avere una casa rispondente al proprio nucleo familiare senza dover per forza aspettare la costruzione di alloggi di Edilizia Pubblica? Se un Sindaco avviasse una politica di controllo delle residenze si potrebbe scoprire che vi sono nuclei familiari che di fatto vivono insieme ma per abbattere l’IMU e la TARI sparpagliano i figli con residenze in sottoscala, garage, o “dacie” al contorno del centro abitato si aumenterebbe l’introito dei tributi locali secondo i parametri di legge? E se poi questo Sindaco ha una visione del suo territorio ed incomincia ad intessere rapporti extraterritoriali per costruire infrastrutture immateriali di sostegno alla crescita socio economica, potremmo aspirare paesi che affrontano il viaggio verso il futuro con fare più consapevole e sereno?
Dico ciò perché lo sfalcio dell’erba nei vicoli del paese, la buona tenuta delle strade urbane e il decoro generale è compito degli uffici, che prendendo dai fondi previsti in bilancio organizzano interventi ordinari o straordinari per la manutenzione del patrimonio. Mi sembra riduttivo aspirare ad un paese pulito posando tale aspettativa sulla scelta dei canditati. Dobbiamo si aspirare ad avere ambienti decorosi e strade in ottimo stato ma dobbiamo far conto, ogni tanto, che se una strada è sporca è anche perché aumenta il numero dei maleducati. Se vi è un cumulo di rifiuti abbandonati, ogni tanto, ricordiamoci che non è colpa del personale della nettezza urbana ma dei maleducati che li hanno abbandonati. Se vi sono cacche di cani lungo le vie cittadine, ogni tanto, pensiamo che non è colpa del Sindaco o del Vigile ma del cittadino che non ha il buon senso di curarsi il proprio animale domestico. Se vi sono cani randagi in giro non sarà mica che alcune masserie non controllano il loro branco di cani facendo si che questi poi di notte molestano, con i loro latrati, o si spingo fino dentro il paese seminando il panico tra la gente? Facciamole queste riflessioni forse ci aiuterebbero a chiedere cose più di spessore e non servizi di cui vi è un elenco sterminato di regole che obbligano gli enti, per il tramite dei loro responsabili, a mantenerli attivi per i cittadini.
Sogniamo di più, giudichiamo i candidati dalle loro capacità di farci sognare. Giudichiamo se hanno un programma che getti le basi per risultati futuri e non elettorali (De Gasperi, non Churcill, diceva che uno statista guarda al futuro della Nazione un politico alle prossime elezioni). Osserviamo, capiamo, anche dalla loro storia, se hanno capacità di programmare azioni che escano dal piccolo cabotaggio e aprano le porte fuori dai confini del proprio territorio; se hanno capacità di tessere ed intessere relazioni con l’esterno, che sappiano aprire varchi per sinergie politiche comprensoriali. E’ li la partita, non nel cimitero bello, che deve essere necessariamente bello, non nel campo sportivo ben tenuto, che deve essere necessariamente tenuto a lucido, o nella stradina pulita, che deve essere necessariamente tenuta pulita.
Sarà un caso, ma da un noto giornale on – line proprio stamattina è stata raccontata la storia di una strada che aprirebbe le porte per un intero territorio, quello è un sogno a cui le forze di un solo governo territoriale non riesce ad arrivare ma un consesso locale capace di tessere reti di sinergie con un intero comprensorio potrebbe sfondare il muro della burocrazia ed aprire le porte per uno sviluppo da troppo tempo atteso. E non è un caso se l’argomento viene tirato fuori da un vecchio (spero mi perdoni per il vecchio, ma è solo per associare la saggezza alla persona) professionista che ha saputo tessere le sue relazioni con intelligenza e scaltrezza (del resto è il compito di chiunque svolge una libera attività) partecipando ad un sogno per quella e tante altre infrastrutture territoriali, offrendo la sua attività e la sua altissima competenza professionale, segno che una volta i partiti, gli intellettuali, le basi elettorali chiedevano cose concrete, le ordinarietà restavano nel ranch dell’attività ordinaria, appunto. Ma erano i tempi delle sezioni di partito, di sindacati ben radicati sui territori dei politici con spessore e aura diversa.
Parlare, ad esempio, di inefficienze d’ufficio in un Comune che ha, a mio parere, il massimo della professionalità tecnica, riconosciuta come riferimento per molti altri Enti, significa non aver colto le necessità di un territorio né le potenzialità del campanile o quantomeno di non saper indirizzare le proprie aspettative in base ad alcune eventuali delusioni. Delusioni che forse derivano da una filiera di pratiche burocratiche cui anche un ente come il Comune deve sottoporsi. Occorrerebbe invece saper capire ed avere la consapevolezza di essere un riferimento territoriale e giudicare gli uomini che si aprono al consenso dal loro spessore per reggere il confronto con problematiche che vanno bel aldilà del campanile, se hanno la capacità di reggere il peso di una rappresentanza così importante in questo momento di congiuntura, se hanno la cultura per stendere programmi di sinergie politiche di ampio spettro o se hanno la visione corta monotematica del posto di lavoro piuttosto che delle opportunità per il posto di lavoro. In questa sottile dicotomia sta la dimostrazione di essere un popolo sognatore o agognatore.
Gianfranco Massaro – Agos