Nella riunione della scorsa settimana del tavolo di coordinamento regionale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura, a cura della Prefettura di Potenza, è emerso che in Basilicata si continua a dare una risposta precaria e occasionale ad un fenomeno ormai strutturato di cui si conoscono dimensioni, localizzazioni e problematiche, concentrate in particolare nell’Alto Bradano e nel metapontino. Ancora una volta, in vista della raccolta agricola stagionale, si prevede di allestire nell’ex tabacchificio di Palazzo San Gervasio un centro di accoglienza per i lavoratori stagionali migranti. Si spera che, attivandosi già da ora, si riesca per giugno a dare una risposta perché, come ben segnalato dalla questura di Potenza, lo scorso anno la vicenda del tabacchificio si è trasformata in un problema di ordine pubblico, e questo non è tollerabile per un fenomeno che si presenta periodicamente da anni.
A fronte di una pluralità di fondi (europei, nazionali e regionali) che destinano risorse economiche cospicue, tra cui spicca il PON legalità di 100 milioni di euro per il periodo 2021-2022 per la realizzazione di centri di accoglienza a Venosa, Lavello, Scanzano e per l’ennesima ristrutturazione del già citato tabacchificio di Palazzo San Gervasio, la Regione Basilicata, cui spetta il coordinamento delle attività di realizzazione, non è ancora in grado di dare una risposta all’altezza del ruolo che le compete e della sfida dell’accoglienza di un grande numero di lavoratori.
Quello che ci preme segnalare come organizzazione sindacale è che ci troviamo di fronte ad un fenomeno innanzitutto lavorativo di cui si conoscono i contorni e che quindi necessita primariamente di essere affrontato come una dinamica di lavoro (domanda-offerta) e non di ordine pubblico. Non si tratta solo di attrezzare ogni anno servizi di trasporto e di accoglienza, di vitto e alloggio, ma si tratta di mettersi primariamente al lavoro sulle banche dati di Inps, Inail, Camera di commercio, organizzazioni del settore agricolo per rilevare i fabbisogni professionali delle aziende, perché come rilevato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali (in attesa dei dati dell’Osservatorio regionale del mercato del lavoro), il lavoro irregolare in agricoltura in Basilicata ha picchi del 25 per cento e i contratti regolari tra i lavoratori extracomunitari sono solo del 12 cento, cosi come va affrontato il fenomeno dei lavoratori fittizi in agricoltura.
Pertanto, è necessario che la questione dei lavoratori migranti in agricoltura venga collegata ad una risposta permanente in ambito organizzativo di logistica-accoglienza e di servizi sanitari e sociali, e su questo la tabella di marcia da qui a giugno deve essere incalzante. Occorre però immediatamente attrezzare una banca dati dei fabbisogni lavorativi in agricoltura e collegare il fenomeno dei lavoratori stagionali migranti ad un progetto di certificazione dei prodotti agricoli di qualità nell’ambito della rete agricola di qualità, in cui le aziende si impegnano a certificare la qualità del prodotti (che in Basilicata sono eccellenti e hanno un’ottima reputazione), non solo da un punto di vista organolettico, ma anche per la qualità del lavoro e dei contratti impiegati per la raccolta dei prodotti.
Sappiamo infatti che i consumatori sono sempre più attenti, non solo alla qualità del prodotto, ma anche alle condizioni lavorative legate al prodotto. Ebbene, trasformiamo la gestione della manodopera dei migranti in agricoltura in un grande progetto di qualità del lavoro in agricoltura.