C’è voglia di storia, della propria storia, e non di nostalgia. I tempi sono cambiati ed anche da noi, in queste lande desolate ma famose per le risorse minerarie, è arrivato il progresso e la modernità. Purtuttavia sapere da dove veniamo è una cosa molto importante. Nei nostri paesi le rievocazioni sono tante, da quelle dei briganti, ai turchi alle madonne ed ai riti magiari e finanche dei luoghi che un dì videro la miseria. Ci sono poi paesi, come Corleto Perticara, dove la rievocazione non prevede armi o durlindane utili per difendersi o per attaccare nemici aggressori e prevaricatori. A Corleto mettono in scena l’arte della vita, della famiglia e, soprattutto, la forza aggregatrice del rione. Quel rione (u v’c’nanz) dove sono cresciuti bambini allo stato brado ma comunque ben vigilati dai vicini di casa; perché (forse ancora in alcuni luoghi vale) ogni persona anziana si trasformava in nonno o zio di qualunque bambino che scorrazzava per le strettoie e i gaffi ru v’c’nanz.
La Fenice bene ha pensato di mettere in scena un matrimonio, con lo stile degli anni 50/60 in pieno boom economico (anche se qui il boom si avvertiva come eco del benessere che ostentavano i nostri compaesani quando rientravano per le ferie agostane).
La Fenice mette su un’organizzazione coinvolgente per le signore, le maestranze, i giovani e professionisti che hanno a cuore il paese, vivendolo con lo spirito associativo positivo.
L’evento ha comportato la raccolta e l’assemblamento in maniera ragionata di fotografie dei matrimoni di un tempo, la realizzazione di manicaretti tipici e la ripresa di abiti del tempo, per rispecchiare pari pari le attività propedeutiche ed esecutive di un matrimonio di paese.
I matrimoni coinvolgevano, sia per curiosità che per spirito di vicinanza, tutti gli abitanti. Dalla vicina di casa che si industriava a preparare dolci e leccornie varie, ai signori che pensavano alle faccende del divertimento, dalla musica al vino e alla location dove si doveva tenere il festino. Ciò non al netto di pettegolezzi, sproloqui ed attività che setacciavano la vita degli sposi ed il loro curriculum familiare; ma tutto senza mai abbassare l’entusiasmo per la buona riuscita dell’evento.
Dunque, a Corleto il 13 agosto 2024 (leggi 1961) si celebra un matrimonio in piena regola, tra Simona e Gherardo, che potremmo tranquillamente tradurre in Maria e Gerardo (Maria Di Corleto nonna e Gerardo Lombardi nonno). La piazza si anima di persone in abito fuori contesto, quasi a spaesarsi ed a pensare di essere finito inconsapevolmente all’interno di un set cinematografico vedendo anche la regia di una infaticabile signora che si muove con discrezione ma con cipiglio deciso. Questi osserva, parlamenta con le persone in abiti di un tempo e cerca di tenere le fila affinché tutto rientri nel perimetro dell’evento. Ad un certo punto esce la sposa dall’arco del palazzo che affaccia sulla Piazza e di lì a poco arriva un corteo con un giovane elegante a braccetto di una donna altrettanto elegante (un buon partito si scoprirà dai pettegolezzi sospirati dalle amiche della sposa), con abito viola, cappellino ghirlandato e retina.
Il papà, con abito a righe gessato (realizzato dalle sarte “ru v’c’nanz), consegna nelle mani dello sposo l’amata figlia e si avviano in corteo, a piedi, senza lo sghignazzo dei clacson e le “nocche” attaccate ai retrovisori ed ai tergicristalli. Si avviano gli sposi e man mano l’assembramento di amici e parenti in abiti a festa, si distende fino a diventare un lungo corteo che attraversando i vicoli del paese, sopravvivendo ai lanci di riso, monetine e confettini ed anche agli auguri strillati talvolta mascheranti pettegolezzi e maldicenze, arrivano in chiesa. Si conclude in Piazza (per ragioni di scenografia) dove ci sarà “A Tavl’ d’ l’ zit”.
E qui pranzo con ricette d’un tempo, dolci e manicaretti preparati dalle signore dell’associazione, con procedimenti e processi come un tempo e balli rigorosamente ed esclusivamente accompagnati dall’organetto. Tutto conclusosi con una quadriglia che ha visto coinvolti tutti i figuranti.
Tutto potrebbe far pensare ad un’operazione nostalgica, quasi a voler attingere al patrimonio vecchio per mancanza di cose d’oggi cui far riferimento per rinfrancarsi. Invece no, è stato un evento straordinariamente bello che ci ha fatto rivivere una frugalità per farci capire che oggi siamo il frutto di ciò che i nostri genitori erano, con la frugalità, la dignità, la tenacia nel dover far crescere i figli in un ambiente migliore e, talvolta, anche la miseria in cui versavano certe famiglie ma che non perdevano mai la dignità di voler vedere progredire i figli. Chiunque ha potuto vedere una semplicità d’animo che potrà mettere a confronto con i “festini” matrimoniali d’oggi e fare le proprie considerazioni sperando che si prenda coscienza che se è vero che noi siamo l’effetto di ciò che eravamo oggi siamo anche la causa di ciò che saremo.
La Fenice, associazione culturale, capitanata dalla Dottoressa Caterina Donnoli, la regista di cui dicevo sopra, ha realizzato un qualcosa di straordinario. L’aiuto dei tanti collaboratori è stato fondamentale e sono talmente tanti che non sarebbe possibile menzionarli tutti. Ed in questa straordinaria realizzazione l’altra particolarità è quella del coinvolgimento di tutte le realtà associative operanti a Corleto Perticara.
<<Finita la quadriglia ognuno torna alle proprie case con incedere barcollante, sostenendosi con il vicino e compagno di percorso e cantando ancora con voce rauca>>.
Corleto Perticara, lì 13 agosto 2024 (1961)
Gianfranco Massaro – Agos