Lavoro

Autonomia differenziata: nasce il fronte del “no” delle piccole e medie imprese lucane

Gli effetti sui territori, sulle imprese e sul lavoro dell’Autonomia differenziata potrebbero essere devastanti. Per questo diventano necessarie un’intesa fra mondo datoriale e sindacati oltre agli amministratori locali  con le organizzazioni di rappresentanza (Anci e Upi) e una campagna di informazione-mobilitazione dei cittadini. E’ la conclusione dell’incontro organizzato da Agenda Basilicata Imprese – con la presenza di rappresentanti di Cia,  Copagri, Confesercenti, Confartigianato Matera, Cna, Casartigiani, Agci, Confcooperative, Legacoop, e di Confapi Matera – nella sala conferenze della sede di Cia Basilicata a Potenza, che ha segnato la nascita di un fronte comune contro il ddl Calderoli che definirà ulteriori iniziative. Ad introdurre il prof. Gianfranco Viesti (Università Bari) che ha spiegato tutti gli aspetti che – ha detto – rischiano di ridurre l’Italia un “Paese arlecchino” con 21 Regioni-Stato differenziate tra loro nell’autogoverno come non esistono modelli simili nelle democrazie occidentali”.

“Una buona autonomia – ha detto Viesti – non si realizza con un semplice tratto di penna, ha bisogno di tre condizioni: sapere chi fa che cosa, cioè quali sono le responsabilità tra i vari livelli di governo; chi ha la responsabilità deve avere anche le risorse finanziarie sufficienti per far fronte alla responsabilità; c’è infine bisogno di una autonomia a misura dei cittadini, con indicatori molto precisi di monitoraggio e di controllo, perché non possiamo presumere che i responsabili (siano essi nazionali, regionali o comunali) agiscano sempre per il meglio. I diritti dei cittadini non possono essere subordinati sempre e comunque alla qualità dei loro amministratori». Il nostro Paese, ha ricordato il professor Viesti, funziona con un grado abbastanza ampio di autonomie che è aumentato negli anni Novanta e successivamente con la riforma del Titolo V. «Possiamo misurare queste autonomie con il peso di Regioni e Comuni sul totale della spesa pubblica. Non è il più ampio in Europa ma non è certamente basso. Tuttavia, nel quadro italiano, le tre condizioni a mio avviso non si verificano: senza arrivare a uno scontro ideologico, non conta ciò che è scritto ma ciò che funziona per davvero. L’esperienza, in particolare dell’ultimo ventennio, non è particolarmente positiva. Abbiamo un’accesissima conflittualità tra lo Stato e le Regioni: il 50% delle sentenze della Corte Costituzionale su un totale di 2256 ricorsi di Regioni riguarda proprio questo ambito. Ecco perché le competenze concorrenti devono poter funzionare con una leale collaborazione tra Stato e Regioni. Abbiamo una scarsissima collaborazione orizzontale, in Italia vedo troppe forme pericolose di sovranismo regionale, a tutte le latitudini: i presidenti di molte Regioni, sia a Sud che a Nord, vedono i propri confini come una sorta di recinto all’interno del quale hanno un potere assoluto. Il docente universitario ha poi posto l’accento su un altro problema di cui molto si sta discutendo in questo periodo: «Ci sono ritardi e distorsioni per le risorse, la legge 42 (che definisce le norme per le competenze extrasanitarie delle Regioni) è applicata poco e malissimo, non sono mai stati definiti i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni, cioè gli indicatori riferiti al godimento dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale). Ancora più grave è che la sanità sfugge a tutte queste regole generali, in quanto è basata sostanzialmente sulla spesa storica e non sul principio per cui i Lep determinano i fabbisogni: abbiamo i Lea (Livelli essenziali di assistenza) che sono molti dettagliati ma risultano irrilevanti.

Poi ha ricordato che la Banca d’Italia ha messo in guardia sulla necessità di procedere con gradualità nell’attuazione dell’autonomia differenziata. È essenziale – ha sottolineato Bankitalia – preservare l’efficienza del sistema produttivo, garantire l’allineamento delle risorse erariali e assicurare la trasparenza e la rendicontazione nella spesa pubblica.

Nel dibattito sono intervenuti  Geppino Crocco (Aci Basilicata), Rosa Gentile (Confartigianato), Giorgio Lamorgese (Confesercenti), Massimo De Salvo (Confapi), Leo Montemurro (Cna), i segretari di Cgil (Giuseppe Esposito), Cisl (Vincenzo Cavallo), Uil (Vincenzo Tortorelli), Roberto Cifarelli, capogruppo Pd regione, Tommaso Coviello capogruppo Fdi.

Donato Distefano, Cia- portavoce Agenda Basilicata Imprese ha sostenuto che “è stata l’occasione per approfondire le tematiche dell’autonomia differenziata nell’ottica delle imprese e dell’economia. Agenda che rappresenta circa 30mila pmi intende svolgere un ruolo di protagonismo nell’affrontare questioni vitali per i titolari di impresa. Come ha sottolineato la Banca d’Italia che ha invitato a procedere con gradualità nell’attuazione dell’autonomia differenziata, se non si adotterà un approccio graduale, ci sarà il rischio di innescare processi difficilmente reversibili e con esiti incerti sui diritti dei cittadini e sulle attività imprenditoriali”.

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