So che può sembrare complicato, ma in questo dialogo, in cui si dialoga con il corpo, in questo Satyagraha, questa insistenza per la verità, si prova anche a dar tempo a noi stessi e ai nostri interlocutori. Tempo per riflettere e tempo a un’azione che ritengo necessaria e attraverso la quale sto rivendicando un diritto che è di tutti.
Per corrispondere alla mobilitazione in corso, ai firmatari della lettera-appello, ai compagni di Generazioni Future, a tutti coloro che in queste ore si sono attivati, hanno condiviso e hanno compreso; per corrispondere ai miei compagni (quelli veri) e all’attenzione del capo redattore Rai, Oreste Lo Pomo, al quale ho consegnato copia della lettera-appello indirizzata alla Commissione di vigilanza e ai vertici Rai; per onorare la costante attenzione di un medico vero, il dr. Diodoro Colarusso, da questa sera torno allo sciopero della fame, ai miei tre cappuccini. In coscienza ritengo che l’azione nonviolenta debba proseguire. Insomma, rinuncio al digiuno a sola acqua e torno alla fame per onorare e corrispondere. Ma l’azione nonviolenta, sia chiaro, prosegue ad oltranza. Grazie davvero a chi sta alimentando questa fame di verità, democrazia, libertà, diritti umani con la sua presenza. Grazie a Teresa, Sergio, Maria Antonietta, Alessandra, Rosanna, Carlo, ai compagni di sempre, a quelli di un giorno, a quelli di una vita. Vorrei citare tutti i 656 firmatari, ma non mi è possibile. A tutti e a me stesso, però, voglio ricordare uno stralcio di una delle più belle lettere che Ernesto Rossi ebbe ad inviare dalle patrie galere del regime fascista:
“C’è la morale superiore degli stoici, i quali richiedevano che ogni atto fosse giustificato davanti alla propria coscienza, e c’è la morale dello strozzino che, facendo i conti col suo confessore, comprando qualche indulgenza e pagando qualche messa, è sicuro di mantenere in pareggio il suo bilancio spirituale…”.
Diciamo che di “strozzini”, in questo sfatto panorama politico, ne vedo fin troppi. Conosco, ahimè, anche gente che è capace di trasformare in simulacro ciò che è vivo.