Una premessa introduttiva è doverosa: chi scrive non ha alcuna simpatia politica per Bettino Craxi, altri e diversi sono i punti di riferimento valoriali e ideologici.
Ciò premesso, vorrei lanciarmi in una piccola riflessione pubblica dopo aver guardato con molto interesse la pellicola “Hammamet” del regista Gianni Amelio, con uno straordinario Pierfrancesco Favino nei panni dell’ex premier e segretario del Partito Socialista Italiano.
Per sgombrare il campo da ulteriori possibili fraintendimenti, voglio puntualizzare che tutti coloro i quali si apprestano a guardare il film con spirito da “tifosi, ” potrebbero rimanere fortemente delusi.
Troppo facile sarebbe stato impostare una sceneggiatura “calcistica” dividendo l’affamata opinione pubblica italiana, attraverso la comoda e sempreverde divisione tra “giustizialisti” e “garantisti”.
Gianni Amelio ha voluto offrire una visione diametralmente opposta agli spettatori, rispetto al consueto teatrino: “All’interno della sceneggiatura non c’è spazio né per le invettive né per qualsivoglia maldestro tentativo di revisionismo storico. Le sentenze passate in giudicato restano, il film non intende costruire una realtà parallela rispetto a quanto emerso in una delicata fase della vita politica italiana. Ciò che vogliamo indagare è altro… l’autunno di un Presidente, i suoi rancori, i suoi rimpianti, l’amore sconfinato di una figlia e l’incapacità di un uomo di trovare una mediazione con il suo passato da potente.”
Personalmente ho apprezzato molto la volontà del regista di scorgere lo sguardo verso l’alto, abbandonando i giudizi (per altro noti ed insindacabili) delle aule dei tribunali e volendo riaccendere l’attenzione su un uomo politico che ha segnato la storia del nostro paese.
D’altra parte, la Repubblica Italiana ha sempre fatto molta fatica quando si trattava di fare i conti con la propria storia: molto spesso si fa ricorso allo strumento culturale della “Damnatio Memoriae” per silenziare l’opinione pubblica rispetto a personaggi che, nel bene e nel male, hanno caratterizzato il cammino democratico di questa nazione.
Un paese che non ha il coraggio di porsi, senza condizionamenti da ultrà, delle domande su quello che è stato il tramonto, il crepuscolo umano di uno dei leader politici più controversi della storia contemporanea, non può considerarsi una democrazia pienamente compiuta.
Perché un film non deve orientare la formulazione di giudizi, un film deve stimolare dei quesiti.
In questo caso, i quesiti non sono per niente politici.
I quesiti sono relativi alle contraddizioni umane, alla vacuità del potere, al fallimento di un’intera generazione, alla dimensione intima dell’approssimarsi della morte.
Ci sono tanti altri aspetti che sarebbe opportuno indagare e raccontare rispetto a questa pellicola, al cinema troverete forse una parte delle risposte che cercate.