Nell’anno della pandemia, con gli effetti del lockdown sul mercato del lavoro, la presenza dei NEET – i Giovani che rinunciano a proseguire gli studi e a cercare lavoro – torna a salire, dopo una costante riduzione tra il 2014 e il 2019. In Basilicata rappresentano il 26,3%. In chiave territoriale la quota di NEET più elevata della media si riscontra in sette regioni del Mezzogiorno: Sicilia con 37,5%, Calabria con 34,6%, Campania con 34,5%, Puglia con 29,4%, Molise con 28,3%, Basilicata con 26,3% e Sardegna con 26,1%. Seguono il Lazio con 22,4%, prima regione del Centro, Abruzzo con 20,7% Liguria con 20,1% prima regione del Nord, Piemonte con 18,8% e Umbria con 18,7%. Quote contenute per Emilia-Romagna con 15,9%, Veneto con 14,7%, Provincia Autonoma Trento con 14,6% Friuli-Venezia Giulia con 13,6% e Provincia Autonoma Bolzano, con il tasso più basso del 12,4%. Nel confronto tra 248 regioni europee, con al primo posto la Guyana francese, la Basilicata occupa la 15esima posizione, a conferma di un forte gap di livello europeo per il tasso più alto di NEET (sette regioni italiane nei primi 30 posti).
“Lo scoppio della pandemia, la diffusione lavoro sommerso, il mismatch tra domanda e offerta lavoro, che si intreccia pericolosamente con gli effetti sull’offerta dei sussidi pubblici – commenta Rosa Gentile, dirigente nazionale e regionale Confartigianato – mettono in luce specifiche criticità nella transizione tra scuola e lavoro. Attraverso il Pnrr e il Piano Strategico Regionale di recente approvato diventa perciò quanto più necessario correre ai ripari con azioni adeguate”.
Ai temi della formazione dei giovani e dell’emergenza educativa in Italia è dedicato il primo ‘Quaderno’ della Fondazione Germozzi, presieduta da Giulio Sapelli, con la prefazione del presidente nazionale Confartigianato Marco Granelli e nel quale l’Ufficio Studi Confartigianato ha curato una ampia analisi degli indicatori del mercato del lavoro giovanile, tra cui anche la quota di NEET under 30.
La nota positiva viene dalla crescita della propensione alla formazione del personale per la trasformazione digitale, in Basilicata oltre il 23%. Per lo sviluppo delle competenze più rilevanti per il mercato del lavoro, e in particolare per quello giovanile, sono essenziali le esperienze formative oltre che quelle lavorative. Allo sviluppo delle competenze digitali e green sono chiamate a partecipare, in particolare Università, Istituti Tecnici Superiori (ITS) e Istituti di istruzione tecnico-professionale. In questo ambito l’Italia ha una rilevante patrimonio di istruzione tecnico-professionale con una diffusa rete di 3.858 scuole tecnico-professionali, di cui 2.345 istituti tecnici e 1.513 istituti professionali. La regione con il maggior numero di istituti di istruzione tecnico-professionale è la Campania con 558 istituti, seguita dalla Lombardia con 515 istitu79 Giovani, mercato del lavoro e istruzione: alcune evidenze ti, dalla Sicilia con 419 istituti, dal Lazio con 308 istituti, dalla Puglia con 293 istituti e dal Veneto con 261 istituti. Un altro aspetto significativo dello studio: nel complesso il passaggio generazionale ha interessato o è possibile che interessi una impresa su cinque (20,5%) negli 11 anni tra 2013 e 2023 con le incidenze tra le più alte in Basilicata (22,9%)- Il passaggio generazionale appare un cambiamento delicato, con il 51,3% delle imprese controllate da persona fisica o famiglia che segnala la presenza di fattori di ostacolo, tra i quali prevalgono le difficoltà burocratiche, legislative e/o fiscali (16,9%), le difficoltà nel trasferire competenze e/o contatti con clienti e fornitori (14,0%) e difficoltà economiche e/o finanziarie (13,5%); più contenuti i conflitti familiari (4,6%) mentre l’assenza di eredi o successori interessati e/o qualificati si rileva nel 16,9% dei casi. Anche la presenza di fattori di ostacolo è correlata con la dimensione: sono segnalati dalla metà (51,8%) delle micro imprese con 3-9 addetti mentre solo da un quarto (24,2%) delle imprese più grandi con 500 addetti ed oltre. Tra le imprese che hanno affrontato un passaggio generazionale nei 7 anni tra 2013 e 2019 è netta la continuità imprenditoriale in termini di proprietà: il 93,1% dei passaggi vede il mantenimento e rafforzamento del controllo della famiglia proprietaria o controllante (73,3% di mantenimento del ruolo e 19,8% rafforzamento) mentre il restante 6,9% registra una riduzione del controllo della famiglia o addirittura la perdita (3,9% di riduzione del ruolo e 3,0% di perdita). Per le MPI il 93,0% registra il mantenimento del controllo (73,2% lo mantiene ed il 19,8% lo rafforza) mentre il restante 7,0% riduce o perde il ruolo (3,9% lo riduce e 3,0% lo perde).