Il “Carabiniere” è quella persona che alimenta l’ironia del bar dello sport, ma che diventa prezioso non appena c’è un bisogno per la comunità e diventa eroe quando cade sul campo. Il maresciallo Di Gennaro era un carabiniere normale, un normalissimo servitore dello stato. Cade nel pieno delle sue funzioni per mano di un vile delinquente che non ha umanità né pietà per la vita umana. Non servono più uomini armati, né contingenti blindati. Non servono territori presidiati ad ogni bivio di strada e ad ogni angolo di città; servono uomini liberi, colti, tolleranti, che abbiano accresciuto la loro conoscenza in ambienti dove si cresce a scuola e non per strada. Finché ci sarà chi dovrà chiedere i documenti d’identità, rispettando un codice ed una morale, a chi non conosce codici né morale, ogni arma risulterà inutile ed ogni caserma di polizia risulterà ingombrante. Perché chi scorrazza dimenandosi nel mare della delinquenza e dell’immoralità avrà sempre il vantaggio di portare sotto il gilè la pistola con il colpo in canna. Solo elevando la morale della popolazione potremo dire di aver vinto e di aver avviato questo Paese verso la totale emancipazione. La foto che pubblico, concessami per gentilezza, dagli archivi di “Famiglia Cristiana”, si riferisce a fatti avvenuti negli anni novanta ma che, ahinoi, mostra tutta la sua tragica attualità nella delicata amarezza di un “Carabiniere” che deve fare da picchetto d’onore ad un collega dentro una bara avvolta nel tricolore.
Gianfranco Massaro – Agos