Coinvolti dalla nostra Collaboratrice e Curatrice di questa rubrica Aurora Alliegro, vi proponiamo in tre parti degli articoli per riscoprire il piacere di leggere. Le proposte – suggerite da Aurora – per trascorrere questo forzato isolamento alla ricerca, nei libri consigliati, di se stessi.
“Non sapersene stare in pace in una camera”, questa è la sola ragione dell’infelicità degli uomini secondo il filosofo francese Blaise Pascal, il quale riflette a lungo su questo tema nei suoi celebri “Pensieri” (1670).
Ora più che mai conosciamo bene questa sensazione, è la sfida che affrontiamo ogni giorno: quella di starcene “in pace in una camera”, noi e la nostra ormai soffocante quotidianità. Perché le misure restrittive adottate serviranno certo a salvarci la vita nel senso biologico del termine, ma non ci garantiranno la felicità, né preserveranno il nostro equilibrio psichico.
Costantemente preda del tedio e dell’irrequietezza, sembra che il tempo sia sempre troppo e le cose da fare non bastino mai a riempirlo del tutto. Quasi il contrario di ciò che avveniva in tempi convenzionalmente “normali”.
Tuttavia è compito nostro adattarci a questa nuova ordinarietà, trasformarla in occasione, possibilità di riscoprirci, cercare dentro noi stessi quelle risorse, quelle energie necessarie a renderci uomini e donne autosufficienti, capaci di godere pienamente del tempo (che è un regalo, non una punizione), di starsene in pace in una stanza e di oltrepassare, con l’immaginazione, con l’aiuto del web o della tecnologia, spazi che fisicamente non si possono abbandonare.
In questo senso, ognuno è dotato di bisogni, passioni e attitudini diverse. Certamente, una risposta che potrebbe rivelarsi efficace per chiunque, nelle sue variegate possibilità, ritengo possa essere l’incontro con una storia, un’avventura, in altre parole con un libro.
Leggere è un’attività troppo spesso sottovalutata, rinnegata attraverso le etichette della noia e del tempo perso. Ma esiste davvero un tempo speso in maniera migliore di quello trascorso a frugare dentro sé stessi, a riconoscere le proprie vite e i propri pensieri nelle parole altrui? O magari a intraprendere viaggi talvolta impossibili nella vita reale? Io non credo, e il valore di questo tempo è ancora maggiore quando esso ci offre qualcosa che la vita invece ci nega.
Leggere non è tempo perso, né tempo mal speso, leggere è una sfida stessa alle nozioni di tempo e di spazio. La recente riapertura delle librerie, sebbene tanto discussa, manifesta appunto l’importanza del libro, considerato quasi un “bene essenziale”. La lettura, oggi più che mai, potrebbe rivelarsi una risorsa vitale e fornirci i giusti mezzi per difenderci dalla monotonia, dal tedio e dal turbamento a cui siamo costantemente esposti.
Ma da dove cominciare? Per chi non si fosse mai avvicinato alla lettura o non avesse mai avuto più che sporadici contatti con essa, orientarsi e scegliere non si riveleranno operazioni così semplici. Anche perché ognuno di noi è attratto da generi e stili diversi. Quindi, nel momento in cui ci si accosta al mondo della letteratura, non bisogna forzarsi più del dovuto, occorre considerare le proprie attitudini e fare dei tentativi. Per chi invece conoscesse già bene questo mondo, spero comunque di poter dare un contributo, in tempi come questi, infatti, contaminarsi reciprocamente è forse il nostro più energetico rimedio.
Nel mio piccolo, vorrei mettere a disposizione dei “percorsi di lettura”, che differenzierò in base a filoni tematici e a generi. Ho scelto dieci “categorie” (o macro-ambiti) – dal romanticismo più fervente ad avventure, viaggi e drammi senza tempo – all’interno delle quali verranno presentati tre libri riconducibili a generi o sottogeneri diversi.
Le proposte saranno pubblicate in tre parti e dunque in tre articoli distinti a distanza di qualche giorno l’uno dall’altro. Ebbene, cominciamo!
- Le epidemie raccontate
Se volete leggere qualcosa che non si discosti molto dal contesto che stiamo vivendo, qualcosa che racconti l’epidemia con profondità, occhio critico e spirito analitico, tre sono i testi che vorrei consigliarvi: due romanzi, di cui uno legato al sottogenere della critica sociale e della fantascienza, ossia “Cecità” di José Saramago, e un altro propriamente più realistico, “La peste” di Albert Camus; infine un saggio poco noto, appendice storica a “I Promessi Sposi”, ovvero “Storia della colonna infame” di Alessandro Manzoni.
Il primo libro, intitolato in lingua originale Ensaio sobre a Cegueira (Saggio sulla cecità), il cui autore è il premio Nobel per la letteratura Josè Saramago, è anche il più recente dei tre, pubblicato nel 1995. Si tratta di un’opera che va ben oltre il tema dell’epidemia. Essa racconta fedelmente dinamiche sociali, meccanismi psicologici e logiche di potere. Come si può dedurre dal titolo, il fulcro dell’opera è proprio la diffusione, in una città senza nome e in un tempo imprecisato, di una strana epidemia di cecità, che colpisce indiscriminatamente tutti i cittadini, privandoli della cosiddetta “normalità” e catapultandoli in una realtà fatta di istinti bestiali, sopravvivenza e sopraffazione. Anche i personaggi non hanno dei nomi, ma solo delle semplici caratterizzazioni, uomini e donne privati della propria identità, ciechi già prima che l’epidemia li colpisse (“Ciechi che, pur vedendo, non vedono”), simboli di un’umanità che ha perso i suoi valori primari e che soltanto in un momento di crisi riesce a coglierne nuovamente l’importanza.
Il secondo testo, pubblicato nel 1947 dallo scrittore francese Albert Camus, è ambientato nella città algerina di Orano, in un imprecisato momento degli anni Quaranta, quando il luogo è ancora sotto la dominazione francese. “La peste” racconta di questa città colpita da un’epidemia inesorabile e tremenda, che diventa il palcoscenico delle passioni di un’umanità al limite tra disgregazione e solidarietà. La peste di cui si parla è, in realtà, una metafora di quella spaventosa epidemia che negli anni Quaranta dilagò in Europa con il nome di nazionalsocialismo; oggi, tuttavia, l’opera si mostra più attuale che mai nei suoi retroscena e nelle sue insidiose conseguenze. “Se fosse stato un terremoto! Una buona scossa e non se ne parla più… Si contano i morti, i vivi, e il gioco è fatto. Ma questa porcheria di peste! Anche quelli che non l’hanno la portano nel cuore”.
La terza proposta si differenzia nettamente dalle prime due per genere e contenuti. “Storia della colonna infame” viene espunta dalla prima edizione del Fermo e Lucia, riscritta prima per la stampa del 1827 e poi per la riedizione del 1842 (in cui è parte integrante del romanzo “I promessi sposi”). Si tratta di un’appendice storica con la quale Alessandro Manzoni puntava ad approfondire un evento specifico della peste del 1630. La storia consacra l’ingiusto processo terminato con la condanna dei due presunti untori, Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, in verità due umili milanesi del tutto estranei ai fatti di cui erano accusati. Costoro vennero torturati fino ad estorcerne la confessione, giustiziati con il supplizio della ruota e infine, come monito per la popolazione, venne eretta sulle macerie dell’abitazione del Mora la celebre “colonna infame” (abbattuta solo nel 1778). Una storia di ingiustizia, torture e di abbagliante modernità, in cui Manzoni non risparmia un aspro ammonimento ai giudici (sopraffatti dal desiderio e forse dalla responsabilità di dare al pubblico la sua vendetta) che condannarono i due milanesi.
- Fuga dalla realtà
Se invece non vorreste far altro che dimenticare, o meglio, eclissare momentaneamente ciò che stiamo vivendo, chiudere gli occhi e viaggiare con la fantasia, allora vi consiglio tre testi che potrebbero sottrarvi al presente e restituirvi al “per sempre”: il primo è un intramontabile romanzo fantastico, a tratti satirico, si tratta del celebre “I viaggi di Gulliver” di Jonathan Swift; il secondo è un must per tutti gli amanti della lettura, un metaromanzo, “Se una notte di inverno un viaggiatore” di Italo Calvino; infine un’opera teatrale, il “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand.
Tra satira e fantasy, “I viaggi di Gulliver” (1726) costituiscono un testo leggibile a più livelli: ci si può fermare alla mera trama fantastica, che narra dei meravigliosi viaggi di Gulliver, alle prese con avventure straordinarie e incontri inattesi; tuttavia, se si decide di oltrepassare la lettura più superficiale, si scoprirà un messaggio molto più profondo. L’opera è un’allegoria dietro la quale si cela una feroce critica alla società inglese ed europea del suo tempo: ogni viaggio diventa il pretesto per irridere il sistema giudiziario, i meccanismi del potere, la politica, la pretesa razionalità e civilizzazione dell’uomo moderno, i vizi dei suoi contemporanei, l’irrazionalità della guerra e gli svariati interessi e motivi che la causano. Un libro che vi farà fantasticare, certo, ma con i piedi per terra!
La metanarrativa è certamente un genere molto apprezzato dai lettori, proprio perché i testi a essa riconducibili si interrogano sulla propria essenza, dando vita a dei viaggi immaginari alla ricerca del senso della letteratura. È il caso di “Se una notte di inverno un viaggiatore” (1979) di Italo Calvino, uno e centomila testi insieme, secondo le parole del suo stesso autore “Un romanzo sul piacere di leggere romanzi: protagonista è il Lettore, che per dieci volte comincia a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua volontà non riesce a finire. […] soprattutto ho cercato di dare evidenza al fatto che ogni libro nasce in presenza d’altri libri, in rapporto e confronto ad altri libri”.
Infine, un’opera divenuta pilastro della letteratura francese, che ha per protagonista uno dei personaggi più amati nella storia del teatro, il fiero guascone Cyrano de Bergerac, un personaggio realmente esistito nel corso del Seicento a cui il testo si ispira: “filosofo, naturalista, maestro d’arme e rime, musicista, viaggiatore ascensionista, istrione, ma non ebbe claque, amante anche, senza conquiste”. Messa in scena per la prima volta il 28 dicembre 1897 a Parigi, l’opera teatrale, in cui riecheggia il Don Chisciotte della Mancia, ha per oggetto le avventure e le vicende umane di un genio solitario e incompreso, che consacra la propria esistenza al culto silenzioso dell’amore inespresso per Rossana.
- Conflitti del cuore
Non c’è nulla di meglio, talvolta, di un buon romanzo d’amore. Vorrei consigliarvene tre: in ordine cronologico “Cime tempestose” (1847), un romanzo gotico di Emily Bronte, “Fosca” (1869) un romanzo psicologico di Iginio Ugo Tarchetti e infine il celebre “Anna Karenina” (1877), un capolavoro del realismo tipico del suo autore, Lev Tolstoj.
Come avrete compreso dalla denominazione di questo “percorso tematico”, non si tratta di storie a lieto fine, ma di amori irrealizzabili, tormentati, che vi faranno sospirare all’unisono con i protagonisti. Il primo testo, opera della più celebre tra le brillanti sorelle Bronte, pubblicato sotto lo pseudonimo di Ellis Bell, deve il suo titolo alla principale ambientazione del libro, in lingua originale “Wuthering Heights”, ossia il casale nella brughiera dello Yorkshire originariamente di proprietà della famiglia degli Earnshaw. La sua struttura atipica, spesso paragonata a una serie di matriosche, e il suo soggetto particolarmente forte, rendono quest’opera estremamente innovativa e coraggiosa. Heathcliff e Catherine: amore e distruzione, amore e vendetta. Una storia di grande impatto, coinvolgente emotivamente, raffigurazione di crudeltà fisiche e mentali, di rancori mai guariti, che lasceranno spazio a un germe di speranza soltanto nelle ultime pagine del libro.
La seconda proposta, “Fosca”, di Iginio Ugo Tarchetti, uno dei maggiori rappresentanti della Scapigliatura milanese, anticipa in qualche maniera il romanzo psicologico. In linea con i cosiddetti “poeti maledetti” francesi e con Baudelaire, Tarchetti propone un testo in cui prevalgono atmosfere oniriche e talvolta macabre, ponendo al centro del testo un amore torbido e atipico, un rapporto ossessivo capace di portare agli estremi. Fosca, una donna gravemente malata di tisi, definita eccezionalmente brutta ma dotata di uno spirito delicato e di un fascino oscuro, riesce a trascinare Giorgio nel turbine di una passione violenta, avvinghiandosi alla vita di lui e trascinandolo inevitabilmente con sé verso la malattia e la morte, assorbendone lentamente la linfa vitale.
Il terzo testo è certamente preceduto dalla sua fama e da numerosissime trasposizioni cinematografiche. “Anna Karenina” è un classico imperdibile della letteratura russa. Un’opera capace di ritrarre abilmente le ipocrisie della società moscovita, di distruggere sfacciatamente le convenzioni più affermate, di dar voce ai turbamenti di un animo indissolubilmente legato a un altro e di cui non può più fare a meno. Un amore tormentato che mette di fronte a scelte impossibili, separazioni dolorose, tragiche solitudini. La protagonista sarà messa al bando dalla società in cui è cresciuta, divorata da una passione senza sollievo e disperata per l’isolamento in cui si trova, non avrà alcuna via d’uscita.
(Continua)
Aurora Alliegro