Cronache

Crisi idrica frutto dell’inadeguatezza negli anni della classe dirigente lucana

“Al netto della crisi climatica e della siccità che di fatto sta interessando tutta la Basilicata e tutto il Mezzogiorno in generale, quanto sta accadendo nella nostra regione e nei 26 Comuni della Camastra, compresa Potenza, città capoluogo di regione, è un caso a sé. Oltre alla crisi climatica qui ci sono responsabilità politiche precise che vanno individuate e denunciate, frutto della non curanza delle problematiche relative alle infrastrutture lucane da parte della classe dirigente regionale da almeno trent’anni e che inevitabilmente toccano anche la disastrosa gestione di Acquedotto lucano e i rapporti con la Regione Puglia nella gestione della risorsa idrica”. È quanto afferma il segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega, all’indomani della notizia delle ulteriori restrizioni nell’erogazione dell’acqua nei Comuni serviti dal bacino Camastra.

Crisi idrica: scattano altre restrizioni

“Senza fare allarmismi – prosegue Mega – possiamo tranquillamente dire che solo un miracolo può permettere di risanare la capienza delle nostre dighe. Ben vengano gli interventi tampone, su cui chiediamo di accelerare il più possibile, ma il problema riguarda la scarsa manutenzione accumulata negli anni e l’utilizzo di infrastrutture vetuste che oggi richiedono interventi che inevitabilmente recano e recheranno danni ai cittadini.

Oltre ai tavoli regionali – prosegue Mega – è dunque indispensabile che il governo Bardi faccia pressione con urgenza sul Governo nazionale per la conclusione dell’iter per la dichiarazione dello stato di emergenza per ottenere almeno quelle risorse finanziarie necessarie a portare avanti velocemente gli interventi utili a darci un po’ di respiro: si agisca con la stessa solerzia con cui è stato dato il proprio benestare all’istituzione di Acque del Sud, le cui conseguenze non tarderanno a farsi sentire in situazioni drammatiche come quella attuale. Si acceleri anche sull’uso delle risorse destinate all’adeguamento delle infrastrutture idriche del Pnrr e che in Basilicata, dove la dispersione si aggira attorno al 65 percento, oltre la media nazionale, sono pari a 68,747 milioni di euro.

Fin qui ciò che a nostro parere andrebbe fatto nell’immediatezza. Ci sono poi questioni strutturali da affrontare per cercare di mettere almeno la nostra regione nelle condizioni di fronteggiare le conseguenze della crisi climatica. Prima di tutto – aggiunge il dirigente sindacale – rivedere l’assetto societario di Acquedotto lucano. È sotto gli occhi di tutti che i vari tentativi di risanare i conti della società sono stati un fallimento. I 20 milioni di euro che la Regione Basilicata puntualmente ogni anno stanzia per chiudere in positivo il bilancio dell’ente sarebbero potuti servire per la manutenzione e per le opere necessarie al rinnovamento delle infrastrutture idriche. Quanto alla Regione Puglia, bisogna rendere esigibili i crediti maturati anche in base agli aggiornamenti tariffari e dei volumi certificati che dalla Basilicata sono stati erogati in favore della Puglia, in base all’accordo siglato nel 2023. Tutte le risorse reperibili vengano impiegate negli improcrastinabili lavori di ammodernamento, altrimenti la Basilicata, nella crisi climatica che non cessa ad accelerare, si troverà sempre in una situazione di emergenza, con conseguenze pesanti su agricoltura, turismo, sanità, con problemi anche di ordine igienico sanitario.

Altro che bonus gas o bonus acqua, siamo al cospetto di un deserto dei Tartari. Ancora una volta – conclude Mega – i fatti smentiscono la narrazione di questo governo di centrodestra di una Basilicata isola felice, dove retoricamente è stato sempre detto che abbiamo tutto: petrolio, acqua, gas. Quello che non abbiamo e probabilmente non abbiamo mai avuto negli ultimi anni, è certamente una classe dirigente adeguata, sempre più legata alla poltrone che agli interessi della collettività”.

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