La tempesta perfetta che da oltre due anni si sta abbattendo sui pubblici esercizi non accenna a placarsi: mentre le restrizioni imposte per il contenimento della pandemia stanno ancora facendo sentire i loro effetti, l’improvviso e perdurante rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia sta determinando una incertezza crescente tra gli imprenditori. Per le 2891 imprese lucane di ristorazione e per i 1382 bar attivi al 2021 la strada della ripresa è ancora lunga al punto che il fatturato della ristorazione non tornerà ai valori pre Covid fino al 2023 per 6 imprese su 10. A rilevarlo è il rapporto sulla ristorazione realizzato dall’ufficio studi di Fipe, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi di Confcommercio.
I dati. Le circa 3000 imprese di ristorazione (a cui vanno aggiunte 40 di catering-fornitura pasti) per il 60% sono ditte individuali a testimonianza che a scommettere direttamente sono singoli imprenditori, per il 20,6% società di capitale, per il 16,7% società di persone e il 2,7% altre forme societarie. La presenza femminile tra i titolari raggiunge il 24,8% e quella giovanile il 13,8%. Per il 73% degli imprenditori il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi. I lucani hanno speso tra il 35 e il 40% in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019.
BAR – I circa 1400 bar (senza servizio cucina) sono per il 66,2% ditte individuali, per il 18,2% società di capitale, per il 15% società di persone e per il 2,2% altre forme. La presenza di donne (28,7%) e di giovani (15,2%) si alza rispetto ai ristoranti a conferma che i bar sono punto di ritrovo e consumo dei più giovani che richiedono servizi diversi dal tradizionale caffè e dal cornetto della colazione.
Lino Stoppani (presidente Fipe): “Solo la stabilità del settore può dare prospettive e sicurezza sul lavoro”
“La fotografia scattata attraverso il nostro rapporto – sottolinea il presidente Stoppani – si arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità. Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia e sia per l’effetto domino sui flussi turistici, linfa vitale per il nostro settore. Stante così la situazione non è più rinviabile l’eliminazione delle misure restrittive adottate in Italia per mitigare la Pandemia. Misure che oggi, grazie ai vaccini, possiamo e dobbiamo cancellare, anche per ricostruire un clima di fiducia in grado di riavviare i consumi in forte sofferenza. Alle emergenze prezzi e consumi se ne aggiunge una terza, l’occupazione. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività ed attrattività. Senza produttività non si fanno investimenti, non si attraggono capitali e non si remunera meglio il lavoro. E senza attrattività non si investe nelle sue professioni, creando i problemi di reperimento del personale che le aziende denunciano. Ma quello che manca è una vera politica di settore che ne riconosca il valore per lo sviluppo del Paese. Su questo obiettivo concentreremo la nostra iniziativa e il nostro impegno”.