Sono ancora in corso gli incontri dei carabinieri con la cittadinanza per informarla su come prevenire furti e raggiri da parte di truffatori. Ma sono anche in piena attività i ladruncoli ed i furfanti che si insinuano negli appartamenti e raccattano tutto ciò che ha valore commerciale di ricettazione e soldi, per chi ne ha, custoditi in casseforti o cassetti portagioie. La lotta appare impari perché il “poliziotto” si muove nell’ambito di un tracciato di regole ben definite, il delinquente invece ha nell’estro delle sue azioni la forza che lo rende, paradossalmente, efficiente ed efficace verso i risultati attesi. Il Carabiniere per bloccarlo non può sparargli, né verso la vettura che lo accompagna nella sua fuga né tampoco verso la persona, ma non lo può nemmeno arrestare, a meno di non trovarlo in flagranza di reato; se vi è il fondato sospetto che il tizio abbia compiuto un tentativo di furto (diversa cosa se gli si rinviene addosso la refurtiva) lo può denunziare all’autorità giudiziaria che a valle di indagini e di elementi certi lo sottoporrà a giudizio per la relativa condanna. In questo clima di disparità chi ne paga le spese è il cittadino che si vede sempre più insicuro nella sua vita sociale. Allora facciamo una riflessione.
Viene considerata attività economica anche l’accattonaggio, si viene considerati soggetti fiscalmente attivi anche se si riceve una donazione periodica da un familiare, tanto che l’Indicatore di situazione economica equivalente (l’ISEE) potrebbe oscillare tra la posizione di benestante o nulla tenente in base alla mensilità magnanima di un nonno o di uno zio; trovandoci nella condizione di non avere reddito ma di poter pagare regolarmente le gabelle dei tributi ed anche i bollettini postali della finanziaria che ci ha prestato i soldi per l’acquisto dell’autovettura. Quindi, se ho reddito zero sarò primo in graduatoria per essere assegnatario di un alloggio di edilizia residenziale pubblica (la casa popolare per intenderci), ma al momento di consegnarmi le chiavi se, dalla verifica sullo stato di fatto del mio benessere, risulto proprietario di una vettura, di una moto e di un trattore perdo il diritto di assegnazione perché l’elargizione magnanima del nonno che mi consente di pagare il finanziamento della vettura, della moto o del trattore si configura come reddito che mi dà una rendita. Quindi nel paradossale ragionamento potremmo considerare il ladro uno che produce reddito per sé stesso; ma, non dimentichiamolo, il ladro crea un vantaggio per se cagionando una perdita al malcapitato truffato.
Qual è il rischio per questa attività illecita ed illegale e chiaramente delinquenziale? Semplice, al ladro, se gli va bene sarà denunziato a piede libero, nella peggiore ipotesi sarà arrestato, subirà un processo, sconterà qualche mese di carcere e ritornerà nella sua piena attività; è il suo rischio, il suo modus vivendi, che addirittura lo renderà più “curriculato” negli ambienti malavitosi, e stando così le cose decide comunque di intraprendere la carriera delinquenziale sposando il rischio “d’impresa”. A questo punto molti reclamano di elevare il rischio del “ladro”; il ladro dovrebbe sapere che nel suo rischio c’è anche quello di essere sparato nel caso in cui venisse sorpreso dentro la casa altrui. Lo ha detto anche un ministro dell’attuale Governo. Ma questo comporterebbe che ognuno dovrebbe dotarsi di un’arma, per proteggere la sua casa ed i suoi averi oltre che i suoi cari. Ed è qui che dovremmo fare ammenda. Vale il gioco rispetto ad una serie di furti che si potrebbero contrastare con altri mezzi? L’equazione del rischio che accadano sciagure è in funzione delle probabilità e della magnitudo, cioè: se ho un popolo armato fino ai denti avrò molte possibilità che – nel caso di esasperate discussioni sociali, familiari, o di quartiere – si verifichino eventi che mi lasciano, come risultato, morti a terra! Ed allora vale la candela avere un popolo armato per sostenere il proprio bisogno di sicurezza? Non sarebbe meglio collaborare con le forze dell’ordine, piuttosto che fare barzellette? Se vediamo una macchina sospetta la segnaliamo subito al 112, ma se vediamo un cittadino di nostra conoscenza in atteggiamenti equivoci, magari che sta buttando rifiuti fuori dal cassonetto invece che dentro, lo segnaliamo? Se ci mettiamo in rete e segnaliamo ogni minimo movimento di gente che non conosciamo potremmo incorrere nell’equivoco di segnalare persone a noi sconosciute che sono venute da lontano ad onorare della loro visita i nostri vicini loro amici di vecchia data? magari sono pure di altra nazionalità, di colore olivastro se non addirittura scuro e pure con abbigliamento che riporta ad altre culture civili e religiose! E’ una fobia alla quale dobbiamo rispondere con la calma e la maturità di un popolo civile che non vuole scivolare nella incertezza di movimenti inquisitori che sfuggendo di mano potrebbero alimentare arbìtri che la storia recente del mondo ancora porta addosso come cicatrici incancellabili.
Allora occorre fare in modo che le forze dell’ordine possano veramente collaborare con i cittadini, con le forze locali di polizia e con gli istituti “privati” di ronde del territorio. Una giustizia più veloce e certa delle pene e più stringente nel tutelare l’operato degli agenti di polizia. Gli eccessi storpiano, sempre. E la storia ci insegna che nei momenti di peggiori crisi economiche e sociali il mondo ha sfoderato il peggio di se stesso, e l’Europa ha ancora di che arrossire per ciò che è stata capace di fare nel secolo scorso.
Una rete di cittadini che cerca di segnalare macchine sospette va benissimo, dà il senso di appartenenza, ma le autorità dovrebbero svolgere il ruolo principale di applicare la legge attraverso le tecniche di prevenzione e repressione dei furti. Mai pensare di farsi giustizia da soli, men che meno rincorrendo auto sospette o aggredendo persone sconosciute; sarebbe la deriva della democrazia e del principio cardine della libertà sancita dalla nostra costituzione. È chiaro anche che subire un furto ci ferisce nell’anima, ci esaspera e ci imbruttisce spingendoci a commettere gesti inconsulti che in luogo di un momento più ragionato mai commetteremmo. Ed è a questo che bisogna fare appello; ad un maggior controllo del territorio, ad una maggiore solidarietà e ad uno spirito di rete di vigilanza rionale come lo si faceva ai vecchi tempi.
Occorrono deterrenti forti, come possono essere le telecamere, pene più severe e strumenti più snelli per le forze dell’ordine. Mai aspirare a strumenti artigianali di vigilanza della sicurezza cittadina perché la deriva di un popolo è alle porte quando si pensa di praticare con metodi fatti in casa la sicurezza e che al momento sembri sia la più efficace e la più risolutiva; altro non è che una crepa dentro la quale ci si infila presto chi poi praticherà quei criteri di sicurezza fuori dal controllo che oggi ci consente di dire di vivere in uno stato di diritto e non in uno stato di Polizia. Magari con le Royalties del petrolio si potrebbe pensare di elargire contributi a tutte le famiglie per dotarsi di sistemi di allarmi e telecamere! O di aumentare i controlli ed i sistemi di controllo dei varchi che danno accesso ai rioni per monitorare in tempo reale i flussi di persone! Mai pensare di armarsi per difendersi in proprio, né pdi organizzarsi in ronde che potrebbero trasformarsi in squadroni. Chi ha il potere di controllare i delinquenti senza filtro che rispetti il diritto di ogni cittadino è anche colui che quel potere lo poterebbe usare per rafforzarlo ulteriormente, e da qui il passo è breve per rendersi conto di aver svenduto la propria libertà in nome di una sicurezza altrimenti controllabile. Più agenti, più regole e più sinergia tra cittadini e forze di polizia, questo è, a mio parere, ciò di cui c’è bisogno ora.
Gianfranco Massaro (Agos)