di Michela Castelluccio
“Sotto stendardo nero/ stanno le porte e le soglie (…)”, sarebbe il caso di intitolare con i versi di Carlo Levi il quadro sull’economia lucana 2019, nel rapporto di Bankitalia, presentato di recente a Potenza. A quanto pare, la debole crescita del 2018 si sarebbe allentata, stando all’analisi dei già trascorsi nove mesi di quest’anno, per i quali scatta un segno meno, secondo quanto riporta il documento presentato in filiale dal direttore, Carmelo Salvatore Brunetto, dal coordinatore del rapporto, Vincenzo Mariani, e dal responsabile dell’ufficio analisi e ricerca economica della sede di Bari, Maurizio Lozzi. A gravare maggiormente è un forte calo della produzione industriale, soprattutto del comparto auto, accompagnato dallo stallo del settore delle costruzioni e della riduzione delle estrazioni petrolifere. Dati non meno confortanti quelli risultanti dai prestiti, per i quali si registra una stangata sulle imprese di piccole dimensioni. Insomma, succede che non vi è alcuna crescita per la regione Basilicata, con il conseguente calo del fatturato e di parte delle esportazioni lucane.
Unici segnali di crescita sono riscontrabili nel materano e riguardano prevalentemente il settore di compravendita edilizia e il turismo; quest’ultimo ha subito, infatti, un aumento del 2%, rispetto alla stessa fascia temporale del 2018. Dati, questi, che andrebbero opportunamente interpretati e, per farlo, potremmo invocare un noto studio a cura del Fondo Monetario Internazionale, atto a dimostrare come l’aumento della disuguaglianza rallenti fortemente la crescita economica di un territorio. Ma di che disuguaglianze si tratta? Disuguaglianze dei risultati, ossia reddito, ricchezza, livelli di spesa, le quali pesano sui ceti meno abbienti e disuguaglianze delle opportunità, cioè che non dipendono dalla persona.
Al di là di questa breve divagazione appurata dagli studi degli economisti, dunque pur rimanendo nell’ambito della situazione lucana, la domanda su come migliorare le sorti dell’economia italica, in generale, porta in seno due diverse possibili soluzioni: pensare alla ricerca di un equilibrio identitario che per Serge Latouche risiederebbe nella “teoria della lumaca”, quindi come accrescere la propria casa, non inseguendo una crescita esponenziale, ma nella ricerca di una condizione di equilibrio, nella sua difesa e nel suo mantenimento, in una oculata gestione delle risorse naturali. Altra prospettiva, che per certi versi completa la precedente, starebbe nella riorganizzazione del mercato del lavoro lucano, scommettendo su qualcosa che Carlo Levi non aveva previsto: l’atavico contadino/lavoratore escluso dalla storia, che costringe la storia ad includerlo. In che modo? Meritocrazia, sviluppo, buone politiche, ricerca e cooperativismo, investimenti atti a permettere al tessuto sociale lucano l’equità sociale meritocratica e positivista.