Oggi non sarà passato senza che avrete visto una bandiera, ascoltato una traccia di Bella ciao o, nei casi più sinistrorsi, pezzi di “fischia il vento”. Ma anche reazionari che cercano omologie di tragedie umane da comparare con il periodo del ventennio più buio dell’umanità.
Le restrizioni della congiuntura pandemica ci hanno tenuti inchiodati in casa limitando le manifestazioni a simboliche deposizioni di corone con Fasce tricolori a tracolla e divise militari tirate a lucido, senza Bande, senza bandierine sventolanti e senza vecchi partigiani con foulard al collo.
Ma il Web; il mare di notizie che ci ha salvati dalla solitudine, la tecnologia che ci ha consentito di stare vicini stando lontani, di guardarci senza “vederci”, riserva sorprese infinite surrogando ciò che un dì facevamo al sole, in corteo o in piazza.
E allora anche io ho navigato nel web a zonzo imbattendomi fin dalla prima mattina, come era prevedibile, in tricolori sventolanti, video amatoriali di bella ciao, taglioni di interviste a Sandro Pertini, Tina Anselmi ed altri personaggi che poi hanno dato vita alla Repubblica con la costituzione che ancora risulta la più bella del mondo. Ovvio che il Web ti mostra non solo Post di giornata, né per tema né per cronologia. Assuefatto anche se attento torno alle amenità domenicali e, chiuso il computer, prendo il mio smartphone e prima di posarlo nella tasca della camicia apro la schermata e mi imbatto in una foto tanto commovente quanto veritiera; un lampo mi fa spostare il punto di osservazione riguardo alla data come ricorrenza, e mi si scrolla di dosso la crosta della canizie ovvero quel “tantinello di vetustà” che fa affievolire l’attenzione man mano che i ricordi si allontanano dalle dinamiche della quotidianità.
Chi l’ha pubblicata è una persona con vedute d’ampio spettro, che ha l’occhio rivolto ad un divenire dell’umanità come aspetto planetario e non politico, che vede i confini come un puro esercizio momentaneo di una differenza che si esaurisce nel colore della pelle, nella diversa cultura civile e religiosa. Una persona aperta, per dirla in sintesi; che per fortuna sono tante anche se non molte o abbastanza per rendere inutile quella foto di cui dicevo testé. È una foto che vedete nella copertina e che fa riferimento ad una resistenza da un nemico che si chiama fame, violenza, guerra, disperazione per sé e per i propri cari. Una foto che fa pensare alla resistenza non più dal nemico che invade la Nazione con istinti totalitari, ma una resistenza dal freddo, dalla paura di sentire il fragore delle onde minacciose di un mare che sembra sospingere in avanti – nel di là da venire verso spiagge migliori – le zattere piene di umanità spaurita, ma che sovente le fagocita, inabissandole nel buio tetro di un fondale che raccoglie ciò che i padroni del cibo considerano i resti del mondo.
Scrivevo qualche anno addietro la più banale delle considerazioni al riguardo della ricorrenza del 25 aprile: “È la chiara dimostrazione che oggi se abbiamo la facoltà e la libertà di scrivere “stupidaggini” sulle piattaforme informatiche lo dobbiamo al coraggio di chi seppe ribellarsi.”
Però oggi ti capita una vignetta così eloquente e così penetrante che ti fa capire che la nostra libertà sarà tanto più valida, al netto della memoria che si va affievolendo, quanto più ognuno di noi, ogni cittadino della terra, avrà le stesse possibilità ora riservate ai fortunati del mondo capitalistico; senza questa uguaglianza non sarà mai libertà piena. E dunque, per stare alla giornata, il 25 aprile, deve avere si radici nelle gesta di chi seppe ribellarsi e resistere ma con il cuore rivolto alla resistenza di chi vuole raggiungere la libertà sfidando il mare.
Gianfranco Massaro – Agos