Petrolio in Val d'Agri e Valle del Sauro

L’accordo Eni – Regione Basilicata costituisce un potenziale pericolo per la terzietà amministrativa e la serenità dei magistrati

Siamo alla solite: squilli, proclami e trombe mentre si consuma l’ennesimo rischio per la Basilicata. I politici locali hanno parlato di svolta epocale, sì per Eni sicuramente. Le criticità che le associazioni hanno constatato nella lettura dei documenti, possono essere così sintetizzate:

1 – Il “gas regalato” proviene da una stima di parte, perché la politica da tempo ha dimenticato di informare i lucani che le riserve di gas e petrolio vengono stabilite dalle compagnie petrolifere, solo loro hanno l’attrezzatura e le competenze per dirci quanto e cosa abbiamo in casa nostra. Lo Stato Italiano da sempre ha rinunciato a valutare in maniera terza le riserve e lo lascia fare a chi quelle riserve le vuole sfruttare: una risorsa pubblica stimata e commercializzata dai privati.

2 – Per regalare il gas in una fase storica come questa, vuol dire che nel sottosuolo lucano c’è molto di più di quello stimato anni fa, ed attenzione che sulle stime si giocano le politiche economiche e le ricadute. Nel 2001 ci venne detto che c’erano venti anni di estrazioni, 21 anni dopo scopriamo che c’è da estrarre fino al 2029: la stima del 2001 è stata sbagliata intenzionalmente? Sbagliare una stima sulle riserve con un margine di 10 anni su 30 significa non saper calcolare le riserve o nascondere agli attori locali la reale entità della ricchezza e su di essa accampare pretese più esose? Del resto i governi lucani chiedono solo soldi sull’estratto, da sempre, e al massimo qualche posto di lavoro in più ed ovviamente ad Eni converrebbe in linea teorica nascondere le reali capacità del sottosuolo lucano, sottostimandole si risparmia nelle compensazioni ma la Regione Basilicata non ha mai pensato di valutare queste riserve autonomamente quindi ai colonizzati va bene così.

3 – L’accordo con Eni arriva a due settimane dall’udienza del processo nei confronti di numerosi imputati e per la dispersione del petrolio dal Cova di Viggiano, idem la convocazione a Viggiano degli Stati Generali del Mediterraneo ove Confindustria, Eni, CNR e politica, hanno ben pensato di invitare chiunque tranne quelle poche associazioni che da anni si occupano della problematica, con conferme giudiziarie e scientifiche di primo livello.

4 – L’accordo con ENI all’articolo 9.2 potenzialmente rischia di minare il terzo e buon svolgimento dell’azione amministrativa, collegando gli effetti degli atti ad un provvedimento di sospensione delle compensazioni. L’art 9.2 dell’accordo presenta forti criticità dal punto di vista politico, e anche per lo stato di diritto, per quanto concerne la divisione dei poteri. In effetti, in caso di interruzione della produzione a seguito di un provvedimento giudiziario ( senza neppure specificare quale) o amministrativo si stabilisce di poter sospendere il gas gratis.

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5 – gli oneri fiscali e le tasse su distribuzione e materia prima a carico di chi saranno? Il conteggio sul gas estratto da chi sarà fatto e come? Qualcuno ha conteggiato la convenienza effettiva di questo accordo: valevano di più le royalties con il precedente sistema di conteggio o il gas gratis? Bardi dovrebbe spiegare punto per punto le implicazioni dell’accordo, dettagliare le parti generiche, e dirci chi effettivamente ha steso il testo.

E’ questa una decisione rischiosa perché rischia di trasformare il già esistente conflitto di interessi tra controllore e richiedente delle compensazioni, in un potenziale annullamento della terzietà amministrativa. Non dimentichiamo che la Regione, che ha il potere di sospendere o revocare l’AIA, è anche la stessa che con questo accordo, non solo chiede le compensazioni e le negozia ma al tempo stesso accetta la clausola per cui: In caso di interruzione/sospensione della produzione a seguito di provvedimento giudiziario e/o amministrativo e/o di polizia mineraria, il Nuovo Protocollo d’Intenti sospenderà i suoi effetti solo in presenza di cause che non siano imputabili ai Contitolari per dolo o colpa grave”; con questo meccanismo davvero si crede che la Regione voglia un’Arpab efficiente? Nero su bianco è stato messo per iscritto una clausola che per le associazioni ambientaliste è pericolosa e priva di precedenti, infatti mai nessuno negli accordi pregressi aveva mai osato spingersi esplicitamente a tanto.

E quale magistrato o procuratore, in una fase di crisi economica, lavorerà con la dovuta serenità alla luce di un accordo che comporta l’immediata sospensione delle compensazioni? A nulla rileva, al riguardo, aver stabilito che “ Le condizioni sopra espresse non possono comportare per nessuna ragione il mancato rispetto delle previsioni normative, di grado primario e secondario, che regolano i poteri e l’autonomia degli Enti competenti al rilascio ed al controllo sulle attività oggetto di previsioni autorizzative”, per ovvie ragioni facilmente desumibili dalla lettura del testo dell’accordo atteso che la clausola “ e io non pago”, non è certo mitigata dal “ resta inteso che ciò non giustifica poter violare le leggi”.

Gli avvocati della Camera Forense Ambientale spesso coinvolti negli eventi organizzati da politica, imprenditori e petrolieri su questo non hanno niente da dire? L’accordo secondo noi è illegittimo, e le nostre associazioni faranno di tutto per sottoporre questo accordo all’attenzione dell’autorità giudiziaria per le valutazioni del caso.

Ci duole aver letto che associazioni blasonate e giornalisti locali non si siano accorti dell’art.9.2, e che invece si siano soffermati sulle ricadute per chi ha il “bombolone” privato. Nella logica del ricatto del bisogno e dell’emergenza da tre decenni si sta giocando a truffare i lucani ed il territorio, complice una politica che non studia e che non tutela, una stampa che non approfondisce, ed un tessuto sociale ripiegato su sé stesso ma tuttavia un barlume di dissenso e pensiero critico deve rimanere acceso. Ringraziamo la giunta Bardi per aver annullato ogni promessa o garanzia di pubbliche consultazioni: mai fatta una pubblica inchiesta sui progetti petroliferi, mai convocati ai tavoli o in audizione, mai chiamati neanche ad una conferenza di servizi, a via Verrastro siamo in pieno viceregno petrolifero. Un fondo newyorkese ha offerto 150 milioni di dollari per comprare i pozzi esausti tra Salandra e Ferrandina ed il relativo progetto di stoccaggio gas in pancia alla fallita Geogastock, in Val d’Agri invece ci danno ancora l’elemosina rispetto alla riserve presenti: ma se i lucani, sempre più poveri, fossero davvero informati come reagirebbero? Possono un’azienda di Stato ed un ex generale della Guardia di Finanza mettere nero su bianco un accordo del genere?

Quali le responsabilità?

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