Un lavoratore che va in pensione non è notizia ghiotta per la cronaca, né per la pagina del lavoro e della società, men che meno per le rubriche geografiche o di provincia. É, o dovrebbe essere, un fatto così normale da non destare curiosità alcuna. Tuttavia, dobbiamo dirlo, suscita invidia (quella buona) ed anche un po’ di stupore, perché in tema di riforme previdenziali se ne sono dette tante; almeno pari alle riforme annunciate, avviate, ritirate e mai compite o compiute, riguardanti la Pubblica Amministrazione. In un mondo afflitto da infodemia esasperante dove non è più notizia “il cane che morde l’uomo ma l’uomo che morde il cane”, scoprire che c’è chi va in pensione, nel senso di messa a riposo, dopo circa 46 anni di servizio dunque un po’ fa invidia ed un po’ fa notizia ma, soprattutto, accende la nostalgia di quanti hanno collaborato con il fortunato lavoratore che, all’età di poco più di vent’anni, trovò lavoro e che in età canonica – poco più di 66 anni – raggiunge il meritato riposo. É il caso di Pietro Conte, poco più che vent’enne entra a far parte della squadra di infermieri che di lì a poco, con la L. 833-1978 istituì la Sanità Pubblica e le U.S.L. poi trasformate in aziende sanitarie come enti pubblici e sotto la regia delle Regioni.
Ma la notizia dove sta? Sta nell’aver avuto la possibilità di intercettare la nostalgia dei colleghi che saranno ormai declinati al passato e che parlano del di loro compagno di lavoro, non come fatto di cortese atteggiamento ma con sentita riconoscenza per la sua onestà collaborativa e per l’impegno e la serietà riposta nello svolgere le mansioni a lui affidate. E allora porgi l’orecchio ed aguzzi le antenne scoprendo che ha dedicato una vita a svolgere il lavoro di infermiere. L’infermiere è un professionista dell’assistenza per i malati e per chiunque, in genere, abbia bisogno di essere assistito. Rendersi servizievole, servire gli altri, mettersi a disposizione è una nobile propensione all’altruismo oltreché un modo di esprimere il proprio lavoro attraverso il proprio saper fare. Pietro Conte, da come ho avuto modo di ascoltare, quasi origliando, lascia un vuoto nell’organico infermieristico; non solo in termini di numeri di unità addette al servizio ma in termini di affabilità, dedizione al lavoro, impegno nelle proprie mansioni. È quello che si potrebbe definire una rarità, sia perché l’evolversi del Welfare va verso l’isola di “Serendip” e sia perché oggi, ovvero domani, sarà sempre più difficile trovare persone che varcano la soglia della quiescenza lavorativa ad un’età di circa sessantasei anni e con quarantadue anni di servizio. Perché, converrete con me, al giorno d’oggi un vent’enne che approda ad un posto “fisso” resta sempre più un accadimento raro se non addirittura un “miracolo”. Per questo giungono gli auguri all’operatore sanitario, Infermiere Pietro Giuseppe Conte, che tutti i colleghi ed i pazienti assidui chiamano Pietruccio. AUGURI
Gianfranco Massaro – Agos