La Giunta regionale della Basilicata, con delibera approvata il 19 dicembre 2017 ha revocato la sospensione della reiniezione in unità geologiche profonde delle acque di strato nel pozzo “Costa Molina 2”, disposta il 6 ottobre scorso a seguito dei risultati delle analisi svolte da Arpab su campioni prelevati il 4 settembre 2017.
Si tratta evidentemente di un atto rilevante che lascia tuttavia spazio a dubbi e domande relative alle motivazioni della revoca che, a nostro parere, necessitano di chiarimenti.
“In primo luogo – sostiene Ennio Di Lorenzo, Presidente Circolo Legambiente Val d’Agri – il provvedimento di revoca sembra certificare l’esistenza delle irregolarità commesse da ENI nella miscelazione dei reflui liquidi almeno fino a settembre 2017, smentendo quanto sostenuto da ENI stesso che respingeva tale accusa contestando la metodologia utilizzata da ARPAB nei rilevamenti.
Inoltre – continua Di Lorenzo – non è al momento chiaro cosa sia cambiato da settembre 2017 a oggi. In particolare se, come affermato, nel sopralluogo del 16 e 17 novembre scorsi di ARPAB e ISPRA presso il Centro Olio di Viggiano è stata accertata la corretta segregazione dei flussi autorizzati alla reiniezione, ci chiediamo quali fossero le procedure a questo punto non “corrette” precedenti e quali siano quelle attuali.
Infine – secondo Di Lorenzo – resta da chiarire qual è l’impatto ambientale determinato dalla reiniezione non consentita di sostanze pericolose come quelle utilizzate da ENI nel processo di desolforazione fino almeno a settembre 2017.
In ogni caso – conclude Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – non possiamo non incasellare anche quest’ultimo atto della vicenda petrolifera in Val d’Agri nel quadro di una lampante difficoltà da parte dei soggetti in campo di mettere in atto quelle “condizioni di sostenibilità” dell’attività petrolifera più volte sbandierate ma altrettante volte disattese in un percorso farraginoso fatto di incidenti e sospensioni, revoche e ricorsi al TAR, con ENI che si attesta sempre più come interlocutore scarsamente credibile, incapace di offrire garanzie minime per la tutela della salute e delle risorse ambientali.