Questa volta l’Istat (delegazione Basilicata) ha abbandonato il tradizionale “linguaggio statistico” e la storica neutralità per parlare di spopolamento nella nostra regione con la prospettiva di “baratro demografico”. Termini forti, non nuovi, tenuto conto che proprio di recente Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, ha parlato in una intervista a Il Foglio del calo delle nascite: “L’Italia sta andando verso il baratro demografico. Il primo ministro Meloni ha detto che l’Italia è ‘destinata a scomparire’ a meno che non cambi. Estinzione è una parola forte, ma è certo che il grande Paese sta smettendo di essere un grande paese. Ci sono regioni in cui il numero medio di figli per donna è pari a 1, come in Corea”, ha sottolineato l’esperto. Ma in Basilicata “baratro demografico” assume tinte più fosche. Quelle della scomparsa dei piccoli paesi, dello spopolamento delle aree interne e della fuga dei giovani. Il quadro è chiaro: il calo demografico in Basilicata e nel Mezzogiorno, nei comuni montani e collinari, è di intensità tale da non essere compensata dai modesti incrementi registrati nei comuni medi e grandi. I piccoli e piccolissimi comuni presentano un tasso di natalità decisamente più contenuto di quello rilevato nei centri più grandi sia nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord. A bassi livelli di natalità corrispondono indici molto elevati di invecchiamento della popolazione residente: nei piccoli comuni del Mezzogiorno l’indice di vecchiaia è quasi doppio di quello medio dell’area (303,2% a fronte del 152,8%). A questo si aggiunge la consistente perdita dei giovani laureati che interessa tutte le regioni del Mezzogiorno e assume un rilevo maggiore in Basilicata (33,9%).
Ma cosa si può fare? Come si può provare ad arginare la desertificazione dei nostri territori (non solo dei paesi)? Come si può provare ad invertire la tendenza in atto? Come si può provare a dimostrare ai nostri ragazzi che possibile vivere anche in Basilicata, potendosi sentire anche qui e da qui “cittadini del mondo?”. Noi un percorso lo abbiamo indicato e caparbiamente continuiamo ad indicarlo: il Progetto Pilota 2018 Terre di Aristeo che sta avanzando a passi sempre più veloci e che proprio di recente ha registrato la condivisione del Presidente Bardi, dal quale ci aspettiamo ora i conseguenti atti dispositivi. Non è un “sogno” perché è costituito da concretezza, possibilità, realismo, consapevolezza, solidarietà, partecipazione, coinvolgimento nel rispetto della diversità dei ruoli e delle funzioni di ognuno, ma è indispensabili che si realizzi da l’altro ieri.
Certo questa è una rivoluzione, ma una rivoluzione “vera” nella nostra Regione : una rivoluzione vera deve significare che le speranze delle nuove generazioni lucane devono essere sostenute. E’ vera rivoluzione sostenere la propria cultura, identità, storia, tradizioni attraverso l’animazione e la formazione (per tutti) per consentire la promozione delle economie locali; è rivoluzione straordinaria garantire strade idonee e sicure per consentire collegamenti tra i borghi, quale condizione vitale per riformulare la dimensione di “vicinato” propria delle nostre tradizioni economicamente sostenibili in una logica di “Comunità Integrate”. Così come è vera rivoluzione pensare all’ambiente (a cominciare dalla semplice piantumazione degli alberi) come elemento identitario e identificativo dell’esistenza Regionale. Attenzione però, il tempo non è una variabile indipendente!! e questo vale anche per i tempi della “burocrazia” e per le decisioni Pubbliche! il mercato non aspetta e non ci dà tempo per maturare!