L’Italia ha ancora tanti misteri irrisolti. Molti riguardano da vicino il meridione, che più volte è stato usato come leva per progetti estremi e simulazioni di potere che per fortuna non hanno dato i frutti sperati.
Ulderico Pesce scrive una storia che affida alla recitazione di Lara Chiellino, riguardante fatti che fecero tremare tutta l’Italia: i moti di Reggio Calabria del 1970. La manifestazione è andata in scena lo scorso sette marzo a Cersosimo.
Lara impersona la fidanzata dell’unico catanzarese felice che, in quei giorni, si aggirasse per le vie di Reggio: “Jaconis Carmine”.
C’è una mano invisibile che ancora una volta vuole sfruttare l’istinto sanguigno del meridionale che vede l’identità come dentro un cono di visibilità simile ad una piramide capovolta: la punta è la famiglia nucleare, salendo c’è il condominio, il rione, la città, la provincia, la Regione, IL SUD e la Nazione. Dentro questo mondo capovolto l’istinto genera delle crepe che inaspriscono il confronto tra identità ed alterità. Dentro queste crepe si infila chi vuole sobillare il popolo per creare disordine, esacerbare gli animi, alzare il livello dello scontro tra i poteri fino a rompere la linea del ragionevole, facendo scivolare nel caos una popolazione intera.
Ulderico ricerca, scova, legge, ascolta elabora e poi sintetizza in circa sessanta minuti una storia che oggi la si può raccontare senza paura. Lara Chiellino entra in scena con un abito vellutato nero. Esordisce descrivendo la madonna della consolazione e che la corona è dipinta sul quadro della madonna: “accussì queddi di Catanzaro nunn a ponna arrubbà”. E la cadenza calabrese entra, come una stoccata di fioretto, in mezzo al pubblico tanto che si capisce subito che si sta per iniziare a parlare di una lotta fratricida mascherata come per interessi di campanile ma che mirava a creare disordine.
Lara, Pina, la protagonista della storia, conosce Carmine Jaconis al comizio del Sindaco Battaglia il 5 luglio 1970 a Piazza Duomo. L’inizio delle proteste contro la decisione del Governo di nominare Catanzaro Capoluogo di Regione e sede dell’Ente Regione Calabria. Carmine era di Catanzaro, era l’unico in piazza che non batteva le mani; era contento di vivere a Reggio ed ora ancora di più per aver conosciuto Pina che avrebbe dovuto sposare ad ottobre 1971.
Una città in rivolta contro un’altra città calabrese, mentre tutti i calabresi continuavano a riempire le valige di cose e di speranza per trovare lavoro altrove; e mentre figuri della destra estrema si insinuavano tra la gente per raggiungere obiettivi loschi, grazie alla connivenza di poteri deviati dello stato.
Cerano alcuni giovani, cinque per la verità, Scordo Franco, Casile Angelo, Aricò Gianni, Borth Annalise che era la mogliera di Aricò Gianni, era tedesca di Amburgo e Lo Celso Luigi di Cosenza ma che stava sempre a Reggio. Erano gli anarchici della “baracca”, frequentavano il Bar dove Jaconis lavorava. Erano bravi ragazzi, stavano dentro il bar a discutere ascoltando il Jukeboxe ad alto volume che riproduceva The Long And Whinding Road dei Beatles, mentre fuori c’erano le barricate; loro discutevano e annotavano. I cinque ragazzi, come il padre di Pina avevano capito tutto. Il padre di Pina aveva rotto quella sua rigidezza che aveva durante i brindisi conviviali di Carmine quando, invece di brindare, ripeteva che era meglio la peste che li brindisi di uno di Catanzaro, subendo la replica di Carmine che gli arrispunnia: “La Capitale po’ ess Reggio, Cosenza o Catanzaro, ma se a comannà su li ladroni, vinceranno semp’ li padroni!”. La Calabria era povera e la gente partìa a la stazione pe sempre, e li figli non trovavano la fatica e la maffia era la reggina e a Roma non ce ne fotteva nenti a nessuno. I cinque ragazzi avevano prove di infiltrazioni deviate tra frange della estrema destra e pezzi di poteri dello stato, ed avevano deciso di portare tutto a Roma. Partono con una mini minor carichi di entusiasmo misto a paura, dovevano essere ricevuti il 27 settembre dall’avvocato Di Giovanni, esperto di controinformazione, per consegnarli foto, documenti ed appunti. Ma la Mini minor gialla si schianta misteriosamente con un autocarro a rimorchio, finendo la sua corsa a circa cinquanta chilometri dalla capitale, dove con i loro documenti, mai rinvenuti sul luogo dell’incidente, avrebbero fatto saltare il coperchio al vaso di Pandora. Ed in questo mistero entra pure la morte di Carmine Jaconis, ammazzato, sul Ponte Calopinace, dalla Polizia mentre aspettava la fidanzata per andare a comprare un uccellino da mettere nella casa che avrebbero abitato da sposati di lì a qualche giorno, era stato troppo a contatto con i cinque anarchici e qualcuno ignorava che mentre questi parlavano il Jukebox riproduceva ad alto volume The Long And Whinding Road dei Beatles. Ma in Italia, soprattutto di quegli anni, c’era chi ha saputo tenere le fila ben strette tra le mani, muovendo e facendo mutare a piacimento il corso della storia che, rileggendola oggi, forse si spiegano alcuni ritardi storici nel Sud e di alcune storture che sovente non riusciamo a spiegarci con la logica del ragionamento. Ulderico Pesce scrive, dunque, una storia che ci interessa, e Lara Chiellino c’è la racconta con la voce di una Calabrese disperata, che in pochi mesi ha visto la sua vita distrutta per via di un disegno al quale tutta la Calabria, Reggini compresi, ne avrebbero fatto volentieri a meno. Ma, come dicevo sopra, abbiamo dovuto aspettare che i fatti passassero al rango di notizie d’archivio per essere aperti e letti nel verso giusto. Ulderico si conferma autore, regista e storico di spessore. Tutto questo, non per caso, lo si è voluto far partire da Cersosimo, dalla Sala intitolata ad Angela Ferrara, scrittrice e poetessa, assassinata da suo marito dal quale stava divorziando.
Gianfranco Massaro – Agos