Il commissario è sempre un qualcosa di straordinario, quando lo si applica alla conduzione di un organo di funzione e valenza pubblica. Il commissario può essere un membro di una commissione e può essere ad “acta”, quando è chiamato ad esprimersi su un procedimento arenatosi nei meandri della burocrazia. Sorvoliamo su altre declinazioni della figura del commissario e soffermiamoci su un qualcosa che ci interessa da vicino: Il commissariamento del Parco Nazionale dell’Appenino Lucano – Val d’Agri – Lagonegrese. Vicenda che ha visto impegnato il TAR di Basilicata per decidere sulla legittimità del decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Sergio Costa che ha disposto la nomina di un Commissario per la guida del Parco. Sollevando dal loro incarico il Presidente ed i membri del consiglio d’amministrazione. Non analizziamo le motivazioni su cui posa la sostanza della decisione del Ministro, ma sulla incapacità di un territorio di saper mantenere viva la sua attività di gestione della cosa pubblica nella maniera più efficace e trasparente possibile per l’azione di un organismo chiamato a guidare un territorio nell’ottica di salvaguardarlo dal punto di vista ambientale, ma soprattutto di valorizzarlo per metterlo a sistema incardinandolo nell’attività socio/economica dell’area che ricade all’interno dei suoi confini. Così non è stato, tanto da indurre il Ministro ad intervenire energicamente stravolgendo la struttura della cabina di comando affidandola ad un Commissario. Vicenda che per circa un anno è stata in bilico tra dimissioni nomine e rinomine di persone competenti per sfociare definitivamente nella nomina del Dr. Giuseppe Priore. Subito seguita dalla sentenza del TAR che ha definitivamente stabilito che il Ministro ha agito nel rispetto delle prerogative a questi attribuite dalla Legge.
Ciò non è una notizia, la notizia sarebbe stata l’annullamento del provvedimento Ministeriale; condizione che avrebbe rimescolato le carte e rimesso in ordine le vicende facendoci sospirare positivamente nell’apprendere che il Consiglio direttivo, con in capo il presidente, non avrebbero meritato di essere disarcionati dal loro posto di comando e di guida. Così non è stato e ce ne rammarichiamo. Ma la notizia, a mio parere, sta nella straordinarietà di un qualcosa che per natura dovrebbe vivere di ordinaria capacità governativa. E l’altra notizia positiva è la nomina di Peppino Priore; perché? Perché Peppino, mi consentirete di chiamarlo come la sua figura viene riconosciuta da quanti volontariamente prendono a cuore le sorti del territorio Lucano, scorrazzando in lungo e in largo ad ogni evento straordinario, ha nell’indole la capacità di guidare e decidere con la testardaggine ed il quid che caratterizza i veri condottieri. Ora non staremo qui ad osannare le doti di condottiero di Priore ma il riconoscimento di doti ad un personaggio così serve a mettere in pace l’anima di fronte alla sconfitta della macchina amministrativa che avrebbe dovuto innescare virtuosità positive per il territorio. Peppino avrà sicuramente tanti occhi addosso, ma ha anche la tempra di chi sa farsi scivolare sull’egida le frivolezze di un mondo inconcludente; saprà sintetizzare sul suo tavolo le decisioni pertinenti e perseguenti gli obiettivi che un organismo così ha davanti a sé.
Non si spiegherebbe diversamente la vita attiva di un gruppo di volontari, partito da un paese dell’interno della Basilicata e che oggi ha confini extraregionali. Il vero condottiero sa indirizzare i suoi collaboratori per raccogliere dati utili per inanellare procedimenti che, nella sintesi, diventano gli strumenti per decidere; e quando arriva il momento di decidere la capacità di chi ha coraggio è racchiusa nella consapevolezza che ogni decisione rappresenterà la storia.
É una sconfitta il commissariamento di un organismo collegiale che dovrebbe guidare un Ente nato per la tutela ambientale di un territorio e per uno sviluppo territoriale entro i confini di un ben definito sistema di sfruttamento del paesaggio. Per un territorio già tanto sfilacciato per via di ritardi infrastrutturali inenarrabili, vivere provvedimenti di vincoli, impedimenti, passaggi aumentati per il disbrigo di qualsiasi pratica che riverbera sull’uso del territorio diventa elemento frenante per lo sviluppo se non si alimenta la consapevolezza che quei vincoli e quei passaggi in più sono la forza per la rinascita dell’area; sembra un ossimoro o un paradosso ma è così. Un vincolo serve a frenare, ma se serve a salvaguardare diventa elemento di rilancio. Ovvio che se per costruire un fienile si allungano i termini per ottenere il permesso di costruirlo la vincolistica diventa defaticante per l’allevatore o il solerte giovane che decide di intraprendere la via dell’agricoltura piuttosto che emigrare.
La sfida di Peppino è qui! saper svincolare dai difetti la burocrazia dell’Ente, saper sostenere le attività dei dipendenti del parco ed innescare fenomeni di ramificazione a rete tra i Comuni ovvero tra le burocrazie locali facendo diventare le necessità del Parco le necessità dei Comuni che ne fanno parte. Per il resto, la decisione del T.A.R. di Basilicata continua a non essere una notizia capace di guadagnare il rango per stare tra le colonne di un giornale. Ma io ho voluto comunque utilizzarla per parlare di una speranza.
Gianfranco Massaro – Agos