Mercoledì 28 novembre è convocata la prossima udienza del Processo ENI, che si prolunga ormai da circa due anni.
Due i filoni principali d’inchiesta: le emissioni in atmosfera del COVA di Viggiano e di Tecnoparco di Pisticci; lo smaltimento di rifiuti pericolosi nel Pozzo di Reiniezione Costa Molina 2 e a Tecnoparco. Tra le persone coinvolte dirigenti ENI e di ARPAB e Regione Basilicata.
Dalle testimonianze più significative (ufficiali dei NOE e un funzionario regionale) si evince un quadro allarmante di manipolazioni dei monitoraggi, delle analisi e dei codici CER dei liquidi reiniettati in Costa Molina 2 e dei fanghi pericolosi smaltiti a Tecnoparco come rifiuti non pericolosi, con svariati milioni di risparmio sui costi di smaltimento e un probabile inquinamento delle falde acquifere, da idrocarburi e metalli pesanti, e dell’atmosfera (emissioni di Idrogeno Solforato).
Ma da quanto dichiarato dalle testimonianze, scaturisce anche una ripetuta e sapiente manipolazione di atti autorizzativi da parte di dirigenti regionali, che ha consentito all’ENI di continuare l’attività di reiniezione, nonostante il diniego apposto dall’Ufficio Ciclo dell’Acqua nel 2013, in aperto contrasto con un successivo atto autorizzativo di altro ufficio (Compatibilità Ambientale); diniego motivato dall’assenza di tecnologie, monitoraggi, analisi e verifiche, da parte di ENI e ARPAB, in grado di assicurare la salvaguardia dell’ambiente e della salute e la tutela delle falde acquifere artesiane, cioè delle sorgenti e delle pregiate acque della Val d’Agri. Anzi, dagli sviluppi del processo in corso è chiara una consueta subordinazione, se non compromissione, da parte di alcuni uffici, dirigenti e funzionari regionali, rispetto alle richieste di autorizzazione e alle attività di ENI.
Appare piuttosto grave e sconcertante, a tal proposito che si sia autorizzata, dal 2001 a oggi, la reiniezione delle acque di reiniezione, contenenti additivi quali ammine filmanti, biocidi e altre sostanze pericolose ancora non chiare, all’interno del pozzo Costa Molina 2, nonostante la Legge vigente (D. Lgs. 30/2009) vieti espressamente di re-iniettare altri liquidi o acque di strato che siano differenti da quelle di separazione degli idrocarburi.
Ciò non solo rende palesemente illegittima l’attività di reiniezione, ma tutte le autorizzazioni concesse, e contraddice la tesi del sistema di reiniezione chiuso, cioè un sistema – estrazione greggio dal pozzo, trattamento nel COVA, reiniezione nel pozzo – che non deve contenere altri elementi o sostanze e che non deve interferire con l’intorno (terra e acqua). Invece il sistema è aperto, e ha contaminato e inquinato irreversibilmente.
Mercoledì ascolteremo di nuovo le testimonianze del funzionario regionale, di ufficiali dei NOE e di alcuni consulenti: il processo continua, forse anche le pressioni politiche e non solo; ma noi saremo sempre presenti e… attenti.