Torna a salire la produzione di petrolio in Basilicata e traina quella nazionale. Nel 2017 in Italia sono stati estratti 4,1 milioni di tonnellate di greggio, 2,9 dei quali arrivano dalla Basilicata. È ormai alle spalle il 2016, l’anno nero per la produzione di idrocarburi italiana, mai così bassa nell’ultimo decennio. Ora, complice l’aumento del prezzo del greggio, si può guardare con ottimismo al futuro con volumi ed entrate economiche che al 2019 potrebbero addirittura raddoppiare rispetto allo scorso anno.
Secondo le previsioni di Nomisma Energia, sulla base dei dati del ministero dello Sviluppo economico, potremmo, infatti, trovarci davanti a un picco di 7,5 milioni di tonnellate di petrolio estratti, 6,4 dei quali nella sola Basilicata.
Determinante l’andamento della produzione di idrocarburi lucana dove le continue fermate e riprese dell’attività estrattiva nel giacimento dell’Eni in Val d’Agri, tra il 2016 e il 2017, sono costati molto cari alla Basilicata e al Paese in termini di barili prodotti ed entrate economiche. Dopo gli oltre 4 mesi di stop nel 2016, per effetto della chiusura del Centro Olio Val d’Agri imposto all’Eni dalla magistratura lucana, è la Regione Basilicata nel 2017 a disporre, prima una nuova chiusura di 90 giorni, del Cova in seguito alla perdita di oltre 400 tonnellate di greggio da uno dei serbatoi di stoccaggio, e poi una sospensione di 90 giorni dell’attività di reiniezione delle acque di strato nel pozzo Costa Molina 2, con una diminuzione, stimata da Eni «tra i 500mila e 1 milione di euro/giorno, corrispondente a una riduzione complessiva di 13.000 barili/giorno».
Con il riavvio a pieno regime di fine anno, la produzione lucana nel 2017 è tornata a salire, con un più 28% rispetto al 2016, ma che si avvia a una crescita del 53% nel 2018. «Si prospetta – spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia – un sostanziale recupero per il greggio italiano, grazie alla ripresa dei prezzi del barile, che si sta consolidando in questi giorni, e grazie alla normalizzazione della produzione in Basilicata in linea con i progetti di investimento da anni autorizzati».
In Val d’Agri, questioni ambientali permettendo, nel 2018, la produzione dell’Eni dovrebbe attestarsi sugli 80mila barili di petrolio al giorno, pari a circa 4 milioni di tonnellate, mentre a Tempa Rossa, la Total, ormai in procinto di avviare la produzione del secondo giacimento lucano, potrebbe aggiungere un altro milione di tonnellate di greggio. Secondo le stime di Nomisma Energia, in Basilicata si produrrebbero, quindi, 4,5 milioni di tonnellate, 5,7 in Italia.
«Un ritorno alla normalità della produzione in Val d’Agri e l’avvio tanto atteso di Tempa Rossa – continua Tabarelli – consentiranno un balzo dei volumi di produzione verso i 7,5 milioni di tonnellate nel 2019, il doppio rispetto al minimo di 3,7 del 2016. In particolare, ipotizzando un trend di recupero del prezzo moderato, in linea con quanto accaduto di recente, il barile dovrebbe tornare a 75 dollari nel 2018 e a 85 dollari nel 2019, facendo lievitare le entrate totali per il Paese e la Basilicata».
«Complessivamente le royalties potrebbero salire a circa 400 milioni di euro all’anno, 140 milioni dei quali destinati alla Regione. A fronte di stop e ritardi, intanto, l’Italia continua ad importare dall’estero 55 milioni di tonnellate di petrolio. La produzione della Basilicata potrebbe attestarsi tranquillamente al doppio dei valori attuali, con entrate stabili annuali sui 300 milioni di euro».
Invece il 2016 ha lasciato pesanti segni sulle royalties. Complessivamente nel 2017 le compagnie petrolifere hanno versato in Italia 127 milioni di euro (di cui 36 alla Regione Basilicata). Mai una cifra così bassa negli ultimi dieci anni. Risorse ormai andate perdute, mentre si profilano azioni risarcitorie da una parte e dall’altra: dalla Regione Basilicata (100 milioni di euro per il danno d’immagine subito dallo sversamento di greggio dal Cova e per le mancate royalties conseguenti agli stop) e dall’Eni (pende il ricorso davanti al Tar della Basilicata contro lo stop della Regione, in cui la società evidenzia danni anche sotto il profilo dell’immagine, della reputazione istituzionale e sotto il profilo economico).
FONTE: IL SOLE24ORE – LUIGIA IERACE