Dai bambini che «fanno oh» ai piccioni innamorati. Melodie accattivanti e testi che hanno fatto presa. Da qualche anno ai margini del grande show business musicale, il cantautore Povia cavalca l’onda della polemica per restare sotto i riflettori. Lo ha fatto nel 2008 con il suo brano «Luca era gay» (nella canzone raccontava di un uomo diventato gay a causa della sofferenza per la lontananza del padre), e quest’anno con «Immigrazia», schierandosi apertamente contro le politiche dell’accoglienza. Ora la polemica affonda le radici nientemeno che nel passato del Belpaese.
Ed è scoppiata a Sasso di Castalda, dove l’artista – che oggi si esibirà ad Albano di Lucania – ha tenuto un concerto durante il quale ha riesumato la bandiera dei Borboni, ergendosi a paladino del revisionismo storico. Ha parlato dell’unità d’Italia in termini negativi, etichettandola come truffa ai danni del Sud. E su Garibaldi ha sparato a zero, definendolo criminale e mercenario al pari di Cavour e dei vari Savoia. Nulla di nuovo all’orizzonte, intendiamoci. Su questo tema, infatti, si sprecano libri e riletture. E i leghisti di casa nostra inzuppano il biscotto del populismo.
Ma l’uscita di Povia è andata oltre il palco di Sasso, riecheggiando nella piazza virtuale di Facebook. Ci ha pensato una insegnante lucana, Maddalena Rotundo, a rendere virale la polemica, postando un inequivocabile commento sulla foto del cantante che srotola la bandiera borbonica: «con quella pulisciti il c…». Povia ha pubblicato questo commento sulla sua pagina catalizzando, com’era prevedibile, like e commenti a favore da parte dei suoi fan. Un tiro al «piccione» (per restare in tema musicale) nei confronti di Rotundo: «…156 anni di “sudditanza psicologica” pesano su alcune menti bacate»; «sei un grande!!! In giro ci sono troppi utonti e bimbiminkia!»; «grande Povia, sempre in alto il nostro amato vessillo».
A bilanciare i commenti ci hanno pensato due giornalisti lucani, Giuseppe Fiorellini («stima per Maddalena Rotundo. Ha usato toni accesi per avviare una discussione che invece di incanalarsi su parametri di civiltà è diventata una sorta di linciaggio da stadio, il tutto per un po’ di pubblicità a buon prezzo» e Angelomauro Calza («tu non canti in difesa del Sud, canti per soldi. Rotundo è preparata e non predica verità o presunte tali come fai tu»). L’insegnante non ha incassato critiche senza reagire: «Garibaldi qui non è venuto affatto, i nostri antenati lucani, a Corleto, Potenza e poi negli altri centri lo precedettero cacciando il debole presidio borbonico. Povia manca di rispetto al suo pubblico raccontando cose imprecise e ideologicamente deformate, da una posizione di privilegio senza che nessuno possa portare un contraddittorio». Forse sarebbe meglio lasciare agli storici, quelli forgiati da anni di studio, l’analisi di un periodo così determinante per il nostro Paese. Sono solo canzonette, cantava Bennato. Povia lo dovrebbe sapere: più melodie e meno polemiche per far parlare di sé.
FONTE: Massimo Brancati – La Gazzetta del Mezzogiorno