Sulle ammalianti note degli Allievi di Antonio Infantino, si svolge la cerimonia di premiazione del concorso di poesia dialettale Lucana, giunto alla sua seconda edizione. La manifestazione, svoltasi lo scorso 20 Marzo presso l’Università degli Studi della Basilicata, è frutto del lavoro dei ricercatori A.L.Ba. (Atlante Linguistico della Basilicata), in collaborazione con il C.A.O.S. (Centro di Ateneo Orientamento Studenti) Unibas.
Il progetto A.L.Ba. ha come obiettivo primario lo studio dei dialetti della Basilicata, regione che ha subito l’influenza linguistica di numerose popolazioni nel corso dei secoli ed è proprio tale peculiarità a rendere i dialetti Lucani un patrimonio linguistico inestimabile. Il tessuto linguistico, storico e culturale viene quindi tutelato e preservato dal progetto attraverso la pubblicazione di volumi che riportano lessemi appartenenti ai 131 comuni della Basilicata e l’organizzazione di Convegni Internazionali di Dialettologia, a cui hanno preso parte illustri studiosi a livello mondiale. Il progetto nasce su iniziativa della professoressa Patrizia Del Puente, docente di Glottologia e Linguistica dell’Università degli studi della Basilicata, che da circa dieci anni coordina il progetto, riuscendo ad infiammare gli animi di studenti che imparano a valorizzare la cultura linguistica autoctona, al fine di esportare tale lavoro oltre i confini regionali. Infatti A.L.Ba. consta di un gruppo di ricerca di dieci elementi e ha fondato il Centro Internazionale di Dialettologia, unico in Italia. Ultima iniziativa promossa dal gruppo di ricerca e dalla professoressa Del Puente è l’Alfabeto dei Dialetti Lucani, che permette di trascrivere il vernacolo in maniera scrupolosa.
Presentando l’iniziativa, la docente sottolinea quanto sia stato difficile valutare elaborati poetici, frutto di un momento così intimo, quale la poesia, effetto di un amore per la propria lingua e la propria terra.
La poesia dialettale ha infatti un valore aggiunto, ovvero l’estensione da vissuto individuale a vissuto universale e “fa riemergere un’interiorità profonda in una lingua prebabelica, che conserva il sapore del latte di Eva”, come descritta dal poeta trevigiano Andrea Zanzotto, citato dal docente e scrittore Mario Santoro, presente al tavolo dei relatori insieme alla professoressa Giovanna Rizzo, direttrice del C.A.O.S. Unibas.
Nel vivo della premiazione, sia il pubblico che la giuria apprendono il nome dei vincitori, in quanto i componimenti sono stati valutati in forma anonima e le buste con i nominativi vengono aperte al momento stesso della premiazione. Oltre alle liriche premiate, altri quattro autori vengono menzionati per padronanza linguistica o tematiche d’impatto: Franco Nardozza, per aver narrato in versi il dolore e il dramma dei senzatetto; Elisabetta Carlomagno, per aver descritto la dolorosa separazione dalla terra natìa celata dietro la leggerezza di un componimento che è quasi una filastrocca; Luisa Salvia, per aver analizzato la tematica della perdita di contatto umano a fronte della comunicazione virtuale e Mario Pisani, per la maestria nell’utilizzo di strutture lessicali e fonetiche.
Speciale è la menzione fatta alla classe 5° elementare di Genzano di Lucania che, con l’aiuto delle maestre, ha compiuto un sapiente lavoro di traduzione di 12 articoli della costituzione italiana in dialetto. Ne risulta la dimostrazione che il dialetto sia una lingua a tutti gli effetti e che si possa quindi operare una vera e propria traduzione in lingua dialettale. La lirica presentata dai bambini in occasione del concorso, è stata musicata inoltre dal musicista Pietro Cirillo, fondatore del gruppo etnico “Pietro Cirillo & Tarumba” e il risultato è candidato ad essere il prossimo Inno della Regione Basilicata.
Ricevono dunque un doppio riconoscimento, una targa per l’impegno collettivo profuso e una medaglia ad ogni piccolo partecipante, consegnata dai ricercatori A.L.Ba. I premiati sono invece cinque, per via di un ex aequo al primo e secondo posto, elencati e premiati dalla giornalista Nicoletta Altomonte:
3) “Prë(g)hiéra rë na mamma” di Elisabetta Anna Claps – il sapore antico, redatto in dialetto aviglianese, della preghiera di una madre che affida al mare il proprio figlio;
2) “Cutìstë e Pëlëcòrë” di Francesco Fittipaldi – versi limpidi che descrivono la figura dell’agricoltore, assegnatario di un terreno e detentore di humanitas; 2) “Ijë sò què, e ijë të guàrdë” di Teresa Potenza – una lirica intrisa di sentimento, che vede l’amore come soluzione suprema ad ogni ostacolo;
1) “Tu e ijë” di Giuseppe D’Andrea – versi struggenti, che mettono a nudo la tenerezza e l’intimo dolore di un rapporto madre-figlio; 1) “Aquilònë” di Prospero Valerio Cascini – una lirica che gioca con la delicata metafora di un aquilone, sospinto dalla brezza.
Viene inoltre premiata la lirica “Sièndë” di Franco Pantalena, che inaugura una sezione speciale del concorso dedicata al maestro Antonio Infantino, musicista e poeta italiano recentemente scomparso. La poesia è scelta dagli stessi allievi del Maestro, che consegnano la targa al vincitore prima di trascinare il pubblico in una dimensione parallela, sulle note di brani che risvegliano emozioni ataviche e ancestrali. Il legame con la Madre Terra è scandito dal ritmo di strumenti tipici del Sud Italia, che si srotola in un climax quasi violento, fatto di luci, danze, ombre e voci; la potenza della parola è inarrestabile, i versi vengono cantati ora in dialetto, ora in greco antico (lingua sorella del latino, da cui derivano le lingue romanze), ora in lingua Orientale.
A concludere l’evento è poi la rappresentazione teatrale di Gruppo8, che porta in scena “Lu Cafònë rë la Bbasilicatë” di Lillino Covella. La figura del “cafone” viene descritta per mezzo di proverbi, canti e poesie nel dialetto di Rionero, patria dello stesso Covella. L’immagine che ne emerge pertanto è quella di una Basilicata differente, saldamente legata alle sue radici, ma con la consapevolezza delle proprie potenzialità. È quella di “na tèrra chë trema”, come scriveva il poeta Lucano Pietro Varalla, una terra sofferente che cela in sé la dicotomia di una terra in fiore, seppur malata, che avviluppa i suoi figli in un abbraccio eterno, quasi carnale. “Iè tèrra rë sanghë / culurë turchinë / spunzatë rë lattë / e mbriaca rë vinë”.
Celeste Alberti
Foto di Giusi Cratere e Valeria Iannuzzi