Parlare di immigrati, oggi, ci riporta inesorabilmente a pensare ai barchini che attraversano il mare in cerca di vita migliore quando l’epilogo, nei casi fortunati, consiste in un approdo sugli scogli di lembi di terra più prossimi ai confini delle acque internazionali. Per alcuni, come me, l’immigrazione è stato argomento d’antologia della scuola superiore. Ma soprattutto struggente momento di distacco con familiari, amici e parenti che, valigia di cartone alla mano, approdavano alla stazione di porta nuova a Torino, alla stazione centrale di Milano o di Santa Maria Novella a Firenze.
Era l’approdo verso la speranza di una vita migliore, verso un mondo non proprio ma che rappresentava l’alternativa alla vita grama dei piccoli borghi meridionali. Storie che si assomigliano nelle modalità, nelle motivazioni e nella speranza. Mondi nuovi che con meraviglia, quelli che erano rimasti, ascoltavano dai loro amici che d’estate ritornavano in massa nei paesi che, con il cuore lacerato dalla tristezza, avevano lasciato.
Poi le generazioni sono cambiate e le discese al Sud sono incominciate a diradare, anche per la mancanza dei riferimenti affettivi a suo tempo lasciati.
Le alternative per rivedere la propria gente e le facce che compongono la propria storia sono confluite in raduni caserecci e paesani che, come al solito, finiscono attorno a lunghe tavolate di manicaretti e leccornie di origini meridionali. Uno di questi si è celebrato in Toscana il week end scorso, per la precisione a Scandicci, dove gli abitanti di Guardia Perticara hanno incontrato i loro compaesani affrontando un lungo viaggio notturno. Le modalità sono quelle delle più banali adunate d’amarcord. Abbracci, ballate paesane, racconti della propria vita ed ogni altra sorta di attività che genera commozione. Ma io non voglio raccontare la storia che evoca le emozioni di un campanile, voglio raccontare l’orgoglio di una popolazione meridionale nel vedere i suoi conterranei evoluti, cresciuti, ed emancipatisi in una maniera che nel proprio amato paese non avrebbe potuto.
Scopri, tra un pezzo di salsiccia ed uno di crostata con sanguinaccio, che Angelo, sul finire degli anni cinquanta, si è riproposto ciabattino nella città di Dante ed oggi è un maestro d’arte della casa di Prada e Gucci. E mentre ascolti il suo racconto, si avvicina Gino che ti abbraccia e nel divenire del racconto scopri che ha una famiglia di tre figli, che sono laureati e incominciano a muovere i primi passi nella loro professione. E Tonino, che lasciò Guardia insieme alla moglie maestra elementare ed a Firenze ha diretto un Ufficio Postale di circoscrizione. E che dire di Luigi che lascia la Basilicata per sistemarsi in Toscana e si è trasformato in un agente di finanza assicurativa di primissimo livello!? Peppino che, prossimo alla pensione, dopo una vita lavorativa a Torino, gode dei successi dei figli inorgogliendosi quando gli si fa notare che suo figlio, già laureato, e tutt’ora studente per diventare regista e sceneggiatore, assomiglia a lui ma soprattutto al nonno. Giovanni, che dall’età di quattordici anni inizia la sua vita lavorativa a Firenze e diventa un brillante agente di commercio di gioielli ed articoli di rinomata fattura per le gioiellerie di mezza Italia. E tante altre storie di riscatto. Come chi ha raggiunto la pensione con la qualifica di Chef stellato, impiegati brillanti o semplicemente lavoratori che, fuori da un contesto depresso come ancora talvolta il meridione si mostra, hanno tirato su famiglia senza infamia e senza lode. È di queste storie che si riempie il ricordo di un’Italia che cammina a doppia velocità. Di mancate opportunità, che miste ad arretratezza avrebbero frenato se non addirittura impedito le potenzialità di gente ingegnosa ed industriosa che si è fatta apprezzare per le proprie capacità e non già per la propria storia che, talvolta, per i retaggi di una cultura arretrata trasformava il proprio pedigree in un curriculum scarso ed inefficace. Ciononostante e pur nella consapevolezza che solo l’aver abbandonato la propria terra si è avuta la possibilità di vivere una vita degna di essere vissuta, il meridionale si commuove quando ripensa ai luoghi che lo hanno visto scalzo, lercio e bisunto quando scorrazzava con altri ragazzi per i vicoli dei Borghi Lucani. È la forza delle radici. Una forza da mettere a sistema prima che la cronaca diventi storia. Ed il Sindaco di Guardia Perticara, cogliendo a pieno l’importanza di tale incontro, ha messo a disposizione un Pullmann per consentire ai propri concittadini di raggiungere la Toscana per riabbracciare i compaesani nella sala Aurora di Scandicci, dove era stato allestito un vero e proprio ambiente da ricevimento.
Gianfranco Massaro – Agos