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Ricercatori in campo per la salvaguardia delle foreste lucane

Si è conclusa la scorsa settimana un’altra campagna di rilievi in situ, prevista nell’ambito del progetto PON OT4CLIMA (Sviluppo di tecnologie innovative di Osservazione della Terra per lo studio del Cambiamento climatico e dei suoi impatti su Ambiente e territorio), finanziato dal Ministero della Ricerca nell’ambito del Programma Nazionale della Ricerca, Ricerca&Innovazione 2014-2020 e coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.

Le attività in campo, iniziate nel luglio del 2020, hanno interessato bosco Capillo di San Paolo Albanese, ai confini del Parco Nazionale del Pollino. Si tratta di un bosco di farnetto, specie quercina endemica di grande interesse naturalistico, interessato a partire dagli anni 2000 da estesi fenomeni di declino delle piante.

Strumenti di misura in situ, droni e sistemi satellitari sono stati utilizzati contemporaneamente per raccogliere informazioni dettagliate sullo stato di salute del bosco.

 

I rilievi da drone”, ha spiegato il Dr. Pietro Tizzani, Ricercatore del CNR, Istituto per il rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente (IREA), “ci consentiranno di poter valutare come le condizioni morfologiche del suolo possano influenzare la risposta della vegetazione alla condizioni di stress climatico”.

Sul campo sono stati rilevati a livello fogliare una serie di parametri eco-fisiologici: contenuto di clorofille, fluorescenza della clorofilla e scambi gassosi, riflettanza spettrale delle foglie; è stato inoltre monitorato il potenziale idrico fogliare durante tutto l’arco della giornata, al fine di evidenziare il livello di stress raggiunto dalle piante.

“I parametri eco-fisiologici raccolti consentiranno di validare e calibrare gli indici vegetazionali innovativi, ricavabili da osservazioni satellitari, progettati e sviluppati nell’ambito del progetto”, ha dichiarato il Dr. Nicola Pergola, Dirigente di Ricerca del CNR, Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale (IMAA) e responsabile scientifico del progetto, “e di poter così migliorare il monitoraggio da remoto delle aree forestali caratterizzate da stress legati ai cambiamenti climatici”.

L’approccio innovativo e multidisciplinare al problema ha visto coinvolti ricercatori provenienti da tutta Italia: dall’Università degli Studi della Basilicata, attraverso la Scuola di Ingegneria e la Scuola di Scienze Agrarie, Forestali ed Ambientali, al Consiglio Nazionale delle Ricerche, che ha partecipato con diversi istituti, quali l’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale, l’Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri, l’Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo, l’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente, l’Istituto Nazionale di Ottica e Istituto per la BioEconomia.

Le condizioni climatiche ottimali ci hanno consentito di lavorare attivamente sul campo”, – ha affermato il Prof. Ripullone, docente della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali dell’Università della Basilicata e coordinatore, insieme al Prof. Guido Masiello (UNIBAS – Scuola di Ingegneria) della campagna di misura, “e di poter studiare e valutare le condizioni di stress idrico della vegetazione”.

 

Molteplici i quesiti con cui i ricercatori, che si sono recati in bosco, stanno approcciando al problema: tutti con un comune denominatore, quello di comprendere i fattori di stress che stanno mettendo in pericolo la sopravvivenza dei nostri boschi.

I risultati attesi mirano proprio a potenziare le attuali strategie di monitoraggio e salvaguardia delle aree forestali mediterranee, interessate negli ultimi anni da diffusi fenomeni di deperimento e mortalità.

Da questo emerge l’importanza della ricerca come elemento fondamentale di conoscenza dei sistemi forestali e delle dinamiche ad essi connesse. Soltanto un approccio integrato di questo tipo può dare le informazioni, accurate e di dettaglio, necessarie per poter intervenire in modo mirato e tempestivo e “salvare” questi importanti sistemi forestali.

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