Le problematiche che stanno travolgendo la sanità lucana e in particolare l’azienda ospedaliera San Carlo sono indicative di come si sta gestendo l’azienda sanitaria più importante della nostra regione. Di fronte al caos emergente, anche gli apprezzabili tentativi dell’assessore alla Sanità Rocco Leone di trovare rimedi alle criticità che ormai quotidianamente si susseguono non sono sufficienti.
La situazione nella quale versa l’azienda ospedaliera San Carlo richiede ben altro tipo di intervento, che attiene in primis alla adeguatezza del manager del San Carlo che sta mostrando tutti i suoi limiti nella azione di governo, a partire dalla gestione del rapporto con la dirigenza medica che legittimamente ha posto e sta ponendo problematicità varie nel rapporto tra direzione generale e collegio di direzione. Problematicità che, in ogni caso. non possono riverberarsi in comportamenti che mettono a rischio il diritto alla salute dei lucani.
Ormai dentro la più importante azienda regionale della nostra regione non c’è più governo. È per questo che chiediamo all’assessore alla Sanità di aprire un confronto per affrontare in modo organico tutte le questioni legate alla sanità lucana partendo dal necessario superamento della legge di riordino del sistema sanitario regionale.
La situazione nella quale versa l’ospedale San Carlo, oltre che figlia della inadeguatezza della sua direzione, è certamente il frutto di scelte sbagliate fatte dal precedente governo regionale che con la legge 2/2017, anziché affrontare in modo organico i problemi della rete ospedaliera regionale che sarebbero esplosi allineando gli indicatori ospedalieri agli standard nazionali previsti dal decreto ministeriale 70, ha preferito mettere la testa sotto la sabbia dissimulando i problemi dei singoli presidi sanitari attraverso il loro accorpamento nel San Carlo di Potenza.
Una “riforma non riforma”, come l’abbiamo definita sin dal suo nascere, che ha di fatto trasformato la funzione dell’azienda ospedaliera regionale da ospedale Dea di 2 livello a ospedale territoriale, caricandola di compiti impropri che sottraggono energie in termini di personale e fondi all’implementazione dei servizi di alta specialità e senza in alcun modo migliorare l’integrazione tra territorio e ospedale. Un vero e proprio corto circuito che sta portando la sanità lucana a toccare le sue punte di massima involuzione.
Questo è il primo tema da affrontare con chiarezza dentro un nuovo quadro di programmazione dell’ intera sanità lucana che parta dall’analisi puntuale dei bisogni di salute del territorio, abbandonando definitivamente la logica degli equilibrismi territoriali e dei carrierismi politicizzati.
È necessario ridefinire un nuovo equilibrio tra assistenza ospedaliera e territoriale, attraverso un modello di assistenza sempre più decentrato, più vicino al cittadino anche logisticamente, che includa una riorganizzazione della rete ospedaliera e il potenziamento dei servizi territoriali, della medicina distrettuale. È necessario un sistema regionale unitario che guardi alla crescente domanda di cure e di assistenza verso le cronicità, la riabilitazione e le cure intermedie.
Gli ospedali di base di Villa D’Agri, Melfi, Lagonegro vanno riportati dentro la governance dell’azienda sanitaria con una propria caratterizzazione, potenziandone la vocazione e l’identità in considerazione delle specificità del territorio, e delle peculiarità dei relativi bisogni. Questo significherebbe renderli attrattivi non solo per l’intera regione ma anche per i territori limitrofi così da arginare la migrazione passiva ed anzi innestare flussi di migrazione attiva.
Bisogna cogliere la sfida che deriva dalla necessità di dare applicazione alla normativa vigente (D.M. 70/2015, L. n. 161/2014 e L. n. 208/2015) e fare una approfondita manutenzione (straordinaria) del sistema sanitario regionale per portare a compimento le riforme incompiute, ovvero l’accorpamento delle Asl e la rimodulazione della rete ospedaliera regionale che ha riclassificato gli ospedali esistenti, distinguendoli tra ospedali per acuti e ospedali distrettuali.
Bisogna ripensare le strutture ospedaliere esistenti alla luce delle prescrizioni del dm 70/2015, per costruire una rete di presidi differenziati e organizzati secondo gerarchie e complessità crescenti, in grado di dare risposte ai bisogni di salute della popolazione. Per costruire un sistema di questo tipo dovranno essere superate le logiche di campanile e le scelte relative all’allocazione delle discipline specialistiche dovranno seguire criteri legati all’appropriatezza ed alla sicurezza delle cure.
In una regione come la nostra, con caratteristiche orografiche difficili, con un tasso di invecchiamento della popolazione preoccupante, con una dispersione della scarsa popolazione su 131 Comuni (prevalentemente piccoli e piccolissimi), la riorganizzazione della rete ospedaliera non può prescindere da una rimodulazione del sistema dell’emergenza-urgenza, che coinvolge il 118 e il sistema della continuità assistenziale.
La riforma della sanità sia oggetto di confronto aperto e partecipato, altrimenti gli effetti di una riforma sbagliata avrebbero conseguenti pesanti sulla vita dei cittadini. E certamente non possono essere i gestori (direttori degli ospedali degli ospedali e delle Asl) a programmare e a delineare la riforma.
Occorrono scelte chiare e soprattutto una visione programmatica che delinei con chiarezza le linee strategiche della sanità lucana che partono dai fabbisogni di salute e dalla qualificazione e differenziazione dell’offerta sanitaria, diversamente assisteremo a un impoverimento della qualità della sanità lucana e del diritto alla salute dei lucani.
È necessario fare scelte chiare e in tempi brevi sulla direzione che si vuole imprimere alla nostra sanità. Si apra subito il confronto: non bastano i buoni propositi, la salute dei lucani non può attendere ancora.