Lavoro

Sesto rapporto Ires Cgil sull’economia lucana. L’andamento nel 2021 e previsioni per il 2022

“L’andamento dell’economia lucana nel 2021 è sintetizzabile con l’espressione avanti adagio, con numerosi nodi strutturali, ma anche di mercato, rimasti irrisolti, che rischiano seriamente di compromettere le prospettive per il 2022”. è quanto affermano il segretario generale della Cgil Basilicata, Angelo Summa e Ettore Achilli, direttore scientifico Ires – Cgil presentando il sesto rapporto sull’economia lucana nel 2021 e le prime previsioni per il 2022.

Secondo il rapporto Ires-Cgil, la ripresa economica regionale nel 2021 si è attestata su una crescita del 3,8%, ben lontana non solo dal 6,6% registrato su scala nazionale, ma anche dal 5% previsto per il Mezzogiorno. Poiché la recessione economica in Basilicata è iniziata prima della pandemia e nel biennio 2019-2020 si è registrato un arretramento del Pil di 10 punti, la lenta ripresa iniziata nel 2021 non condurrà, presumibilmente, a recuperare i livelli di ricchezza pre-pandemici prima del 2025.

A pesare su una ripresa lenta vi è la persistente fase di difficoltà dell’intero comparto del commercio e del turismo. In quest’ultimo caso, il 2021 si conclude con la chiusura di sei esercizi ricettivi e la perdita di quasi il 7% dei posti-letto, nonostante un consistente rimbalzo positivi dei flussi, dopo le restrizioni del 2020 (+31% di arrivi, grazie soprattutto al segmento internazionale). Tale rimbalzo, però, mantiene i flussi sui livelli del 2012. “In altri termini – affermano Summa e Achilli – il turismo lucano ha perso circa 10 anni di crescita. La città di Matera, dopo i primi segnali di forte crescita occupazionale nel comparto turistico seguiti all’evento di Matera 2019 si assesta su un andamento stagnante”. Nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, poi, 383 imprese attive scompaiono nel corso dell’anno.

Il settore automotive risente ancora pesantemente della crisi di mercato globale del comparto, con un calo dell’export di veicoli del 20,2% e, nel corso del 2021, evidenzia un notevole incremento del ricorso alla cassa integrazione straordinaria (+356% sul 2020) per investimenti impiantistici legati a nuovi modelli, ma anche un aumento della cassa integrazione ordinaria (+48%) e del ricorso ai contratti di solidarietà per fermi impianto legati alla carenza globale di semiconduttori e alle strozzature logistiche post-pandemiche. “Il graduale passaggio all’elettrificazione dei modelli futuri dello stabilimento di Melfi – dichiarano Summa e Achilli – pone poi notevoli preoccupazioni circa la sorte dell’indotto di prima fascia dello stabilimento, costituito da circa 4.000 lavoratori, che rischia di scomparire perché non più necessario per le nuove produzioni di Stellantis, e dove già alcune aziende manifestano intenzioni di disinvestire per rilocalizzarsi a Pomigliano d’Arco”.

Viceversa, l’edilizia, grazie alla spinta fornita dal bonus del 110% – che ha generato 1.131 interventi edilizi in regione, per 307 milioni di euro di lavori, nel 2021 – manifesta chiari segnali di ripresa, nonostante un insufficiente apporto da parte del soggetto pubblico: le gare pubbliche di appalto in regione, infatti, diminuiscono del 23,3% in termini di numero e del 61,5% in termini di importi messi a gara (fonte Ance).

L’industria alimentare, settore tipicamente “anelastico” rispetto al ciclo, è in crescita di esportazioni. Interessante è anche l’incremento di export del polo del mobile imbottito (+22,7%).

Nell’insieme, però, il sistema produttivo lucano rimane molto fragile: i fallimenti di imprese crescono ulteriormente nel corso del 2021, con 73 nuovi casi, con un incremento di quasi il 24% sul 2020, superiore a quello nazionale (+18%). Nell’insieme, nel biennio 2020/2021 sono state dichiarate giudiziariamente fallite 132 imprese lucane, nonostante il parziale blocco dei fallimenti giudiziari imposto nel corso del 2020 dal governo nazionale. Sottodimensionamento – il 96% delle imprese extragricole ha meno di 10 addetti -, sottocapitalizzazione legata a un apporto del sistema bancario insufficiente, modello produttivo incentrato su settori tradizionali a basso valore aggiunto, scarsa apertura internazionale e sostanziale mancanza di politiche industriali regionali contribuiscono a tale situazione strutturale di fragilità, e mantengono la ripresa su ritmi particolarmente modesti.

Rispetto agli effetti sul mercato del lavoro regionale di questi andamenti economici,occorre tener conto che nel 2021 è stato ancora parzialmente coperto da alcuni provvedimenti di tutela (divieto generale di licenziamento fino a fine giugno, divieto di licenziamento fino ad ottobre per terziario, artigianato, tessile abbigliamento e pelletteria e fino a dicembre per le grandi imprese che non abbiano manifestato squilibri economici o finanziari, istituzione del Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale, finanziamento di diciassette settimane aggiuntive di cassa integrazione guadagni gratuita a beneficio delle imprese con proroga del blocco dei licenziamenti dopo giugno, e 13 settimane per tutte quelle che hanno esaurito il ricorso alla cassa integrazione pandemica).

Il miglioramento dei dati di mercato del lavoro è stato quindi favorito, oltre che dalla ripresa più lenta rispetto alle altre regioni, anche dalla persistenza di alcuni dei provvedimenti di politica passiva messi in campo nel 2020. Tali miglioramenti sono però lontani dal recuperare le pesanti perdite del 2020. Infatti, benché le forze di lavoro regionali crescano di 5.000 unità nel corso del 2021, esse rimangono comunque inferiori per circa 4.000 unità al dato pre-pandemico del 2019.

Tale recupero solo parziale delle forze di lavoro è il frutto di due effetti contrastanti: da un lato, fenomeni di emigrazione di forza lavoro in altre regioni (la popolazione totale dai 15 anni in su passa dalle 489mila unità del 2019 alle 481mila del 2021) ma, dall’altro, una certa riduzione dell’effetto “disoccupato scoraggiato”, in quanto gli inattivi che sarebbero comunque disposti a lavorare, se venisse loro offerta una occasione, passano dai 48mila del 2020 ai 44mila del 2021.

L’aumento della partecipazione al mercato del lavoro si traduce in una crescita degli occupati, che passano dai 184 mila del 2020 ai 189 mila del 2021, superando leggermente anche il dato del 2019 (188mila). Parallelamente, i disoccupati passano da 18 a 17mila dal 2020 al 2021.

L’aumento dei disoccupati precedentemente occupati accresce la quota di senza lavoro “anziani”, più difficilmente ricollocabili sul mercato del lavoro. Infatti, il tasso di disoccupazione di lungo periodo cresce di due decimali di punto rispetto al 2020, nonostante il miglioramento generale delle condizioni del mercato del lavoro regionale. Mentre l’occupazione agricola e quella del terziario extra commerciale ed extra turistico rimangono pressoché costanti sui valori pre-pandemici, quella manifatturiera recupera, nel corso del 2021, in misura significativa, superando anche i valori del 2019. Anche il settore delle costruzioni vede accrescersi il numero di addetti al di sopra del dato pre-pandemico.

Viceversa, il comparto del commercio, turismo e ristorazione continua a perdere occupazione.

Non vi è però un miglioramento della qualità del lavoro. Nel 2021, la crescita “netta” degli occupati a tempo indeterminato, non considerando il riassorbimento di addetti in cassa integrazione da più di 3 mesi (come da nuova definizione Istat), pari a 2.500 unità, è stata quasi esattamente pari a quella degli addetti con contratti precari, fra i quali primeggiano gli occupati a termine, che da soli crescono di 2.000 unità. Crescono anche gli addetti con contratto intermittente, per circa 470 unità e, per 120 unità, i contratti stagionali.

“La ripresa del 2021 non inverte la tendenza alla precarizzazione del lavoro – concludono Summa e Achilli – poiché le assunzioni a tempo indeterminato aggiuntive non superano quelle a termine o precarie. Tale profilo di assunzioni rende evidente come le imprese regionali non si fidino affatto della consistenza a medio termine della ripresa. L’aumento occupazionale del 2021 avviene integralmente a favore dei non giovani: l’occupazione giovanile lucana, infatti, a differenza dei lievi recuperi registrati nel resto del Mezzogiorno e dell’Italia, nel 2021 rimane schiacciata sui valori del 2020”. Le cose vanno invece meglio in termini di riduzione del gender gap (l’occupazione femminile cresce del doppio rispetto a quella maschile).

“Le previsioni per il 2022 – chiosano Summa e Achilli – scontano il rallentamento economico nazionale, ma anche il lag temporale di ritardo con cui tipicamente il ciclo economico lucano risponde a quello nazionale. L’andamento della cassa integrazione ordinaria nei primi tre mesi dell’anno, quello della popolazione regionale nei primi due mesi e quello dei percettori di reddito di cittadinanza nel primo trimestre, fanno pensare che, con una previsione di crescita nazionale per il 2022 che oramai è scesa al 2,4%, la crescita lucana per il 2022 non supererà il punto-punto e mezzo”.

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