Con l’art. 29 del D.L. n. 78/2010, conv. in Legge n. 122/2010, è stata introdotta nel nostro ordinamento giuridico una nuova tipologia di atto di accertamento – c.d. “impo-esattivo” – che racchiude in sé le tre funzioni di accertamento, titolo esecutivo e precetto.
Più nello specifico, alla luce della norma testé citata, per i tributi IRPEF, IRES, IRAP e IVA, l’avviso di accertamento emesso a partire dal 1 ottobre 2011, oltre a svolgere la tradizionale funzione di atto impositivo, svolge anche e soprattutto quella di titolo esecutivo.
La norma prima citata, nel disciplinare la fattispecie, distingue tuttavia gli atti impoesattivi c.d. “primari”, attraverso i quali il contribuente viene per la prima volta a conoscenza della pretesa avanzata dal fisco (stabilendo che essi debbano contenere l’intimazione ad adempiere al pagamento della pretesa entro il termine per proporre ricorso) dagli atti impoesattivi c.d. “secondari”, individuando in questi ultimi quelli con i quali l’amministrazione finanziaria si limita ad informare il contribuente dell’avvenuta rideterminazione di una pretesa a lui già nota.
Ordunque, in relazione alla notifica dei c.d. atti impoesattivi “primari”, da un po’ di tempo a questa parte, autorevole dottrina, unitamente ad una certa giurisprudenza di merito, sta affermando sempre più la tesi per cui – stando a quello che dispone l’art. 29, comma 1, lettere a) e b) – non potrebbe ritenersi legittimo l’invio diretto di tali atti per il tramite del servizio postale, essendo, al contrario, indispensabile per il corretto espletamento del procedimento notificatorio l’intervento del messo dell’ufficio abilitato.
La tesi appena esposta fonda le sue radici sul fatto che:
- avocando a sé anche la funzione esecutiva, gli avvisi di accertamento relativi ai tributi sopra richiamati, hanno senza ombra di dubbio natura di atti recettizi;
- il mancato rispetto del procedimento notificatorio non può che produrre l’inesistenza giuridica della notifica e dell’atto stesso, da cui discende l’impossibilità di procedere a sanatoria per il raggiungimento dello scopo;
- la norma di riferimento – art. 60 del DPR n. 600/73, richiede esplicitamente l’intervento del messo notificatore e la redazione della relata di notifica, escludendo in tal modo la notifica diretta a mezzo posta raccomandata: << La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche: a) la notificazione è eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali autorizzati dall’ufficio>>.
Sulla base di quanto appena esposto, diversi sono i Collegi tributari che stanno iniziando a condividere un simile ragionamento, facendo leva proprio sul dato letterale contenuto nella disposizione testé citata.
In primis, la Commissione Tributaria Regionale di Brescia che, con sentenza n. 4314/25/2018, ha affrontato il tema di cui trattasi e deciso in favore dell’illegittimità dell’atto impugnato (quale naturale sviluppo dell’inesistenza giuridica della notifica), ponendo maggiormente l’attenzione proprio sulla differente funzione che gli atti impoesattivi primari svolgono rispetto a quelli secondari.
Nella fattispecie posta al vaglio dei Decidenti d’appello bresciani, la società contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento esecutivo eccependone la giuridica inesistenza, proprio in virtù del fatto che l’Agenzia delle Entrate – in palese violazione dell’art. 60 del DPR n. 600/73 nonché dell’art. 29, c.1 l. a), DL n. 78/2010 – aveva provveduto alla notifica diretta dell’atto per il tramite del servizio postale, senza il necessario ed ineludibile intervento del messo notificatore (interno o comunale).
Dopo aver visto disattese le proprie ragioni dinanzi al Giudice di prime cure, la contribuente riproponeva le proprie doglianze al Collegio del riesame, il quale, nel riformare la sentenza appellata, annullava l’avviso di accertamento impugnato con le seguenti motivazioni:
“Per ben chiarire occorre dunque ripetere che detta norma nel testo vigente ratione temporis, al 1° comma, nella lettera a), prevede, infatti una disciplina particolare per questo tipo di atto, anche in ordine alla sua notificazione, propria in ragione della sua idoneità ad incidere direttamente in forma esecutiva sul patrimonio del soggetto che ne è il destinatario.
La norma espressamente prescrive dunque che l’atto stesso debba essere notificato e dalla notifica derivi, con il decorso di un ulteriore termine, l’effetto di titolo esecutivo.
Esclude la norma che il primo atto impositivo, come quello di cui trattasi, possa essere semplicemente inviato a mezzo posta raccomandata con avviso di ricevimento direttamente dall’Ufficio che lo ha formato.
Detto questo, occorre considerare che, nella specie, trattasi, indiscutibilmente, di atti impositivi primari e che, pacificamente, gli stessi non furono notificati tramite l’intermediazione di un agente della notificazione, essendo stati invece spediti direttamente dall’Ufficio tramite raccomandata con avviso di ricevimento, senza la redazione di alcuna relata di notifica.”.
Sulla stessa lunghezza d’onda dei Giudici d’appello bresciani, più di recente si è espressa la Commissione Tributaria Regionale del Piemonte con la sentenza n. 757/3/19.
In tale occasione – diversamente dal caso precedente – si è posto l’accento in maniera particolare sulla natura recettizia degli atti impoesattivi e, quindi, sull’efficacia costitutiva relegata alla notifica degli stessi che, come sottolineato dal Collegio adito, giammai potrà effettuarsi per il tramite di una semplice “raccomandata”.
Di rilievo la pronuncia in esame, anche e soprattutto per l’attenzione dedicata all’eventuale applicazione, in questi casi, dell’art. 156, c.p.c., il quale afferma, al terzo comma, che: “La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato.”.
Muovendo dalle considerazioni appena palesate, i Giudici regionali piemontesi hanno ritenuto meritevoli di pregio le doglianze sollevate dal contribuente, così statuendo:
“Ritiene il Collegio che dalla lettura dei dati normativi citati si evince che l’atto impo-esattivo cd. primario deve essere notificato in senso proprio, tramite un agente della notificazione che deve redigere e sottoscrivere la relativa relata, in considerazione della sua attitudine ad acquisire efficacia esecutiva; … Riguardo all’atto impo-esattivo cd. Primario, l’art. 29 del DL n. 78/2010, al co. 1, lett. a) periodo primo, parla di notificazione senza ulteriori specificazioni, rinviando a quanto disposto dall’art. 60 del DPR n. 600/1973 che disciplina la notificazione eseguita tramite messi…>>.
Continua il Collegio: “La circostanza che la decorrenza del termine inizia dal compimento della notificazione dell’atto impo-esattivo primario attribuisce alla notificazione dell’atto stesso carattere costitutivo e produttivo dell’effetto dell’atto, che rientra pertanto nella categoria degli atti recettizi in senso stretto; l’efficacia costitutiva della notificazione dell’atto per la produzione dei suoi effetti, inoltre, esclude la configurabilità di ipotesi di equipollenza o sanatoria, ivi compresa quella del raggiungimento dello scopo dell’atto, elaborata in riferimento agli atti processuali civili.
Discende da quanto sin qui detto che il difetto di notifica dell’atto impo-esattivo primario comporta il mancato perfezionamento dell’atto stesso e l’inesistenza giuridica dei relativi effetti.”.